venerdì 1 maggio 2009

Italia dall'Estero - La berlusconizzazione dell’Italia

Pubblico un articolo dell'Economist del 30 aprile 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

La berlusconizzazione dell’Italia

L’Italia e il suo Premier.
Il Presidente del Consiglio italiano sembra più trincerato che mai.

Se c’è qualcuno che se la passa bene in questo periodo di crisi, è il Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. L’Italia soffre di sicuro: il FMI stima una diminuzione del PIL pari al 4,4% per quest’anno, un calo maggiore di quello che si prospetta per il Regno Unito, Spagna o Francia. Tuttavia, Berlusconi rimane significativamente più popolare della maggior parte degli altri leader europei. Il suo tasso di approvazione questo mese, misurato da IPR Marketing per il sito del quotidiano “La Repubblica”, è di fatto salito fino al 56%.

Parte della spiegazione risiede nel fatto che, dopo un decennio in cui l’Italia ha faticato a tenere il passo dell’Unione Europea, gli italiani sono ormai abituati ai problemi economici. E poiché le sue banche furono meno intraprendenti (o spregiudicate) di quelle americane o britanniche, nessuna di loro è ancora fallita, risparmiando a Berlusconi il tonfo politicamente letale che sarebbe derivato dall’utilizzo soldi pubblici per salvare le tane dei ricchi finanzieri. Eppure la percentuale del suo consenso era in discesa - fino al terremoto de L’Aquila dello scorso 6 aprile.

La risposta di Berlusconi al terremoto sembra spiegare quest’ultima risalita. E’ stato quasi una settimana nelle zone del disastro e ha perfino offerto ospitalità ad alcuni dei sopravvissuti nelle sue abitazioni. Il 23 aprile ha fatto un ulteriore passo audace, dichiarando che avrebbe spostato la sede del vertice del G8 che si terrà il prossimo mese di luglio a L’Aquila, per fare in modo che una parte dei fondi vadano alla ricostruzione della città. Quello stesso giorno annunciò la cifra apparentemente generosa di 8 miliardi di euro da destinare alle zone terremotate (è emerso in seguito che questi fondi sarebbero stati spalmati lungo un arco temporale non inferiore ai 22 anni).

La risposta di Berlusconi al sisma evidenzia un altro fattore che, secondo i propri sostenitori, spiega la sua risalita nei sondaggi. Come dichiarato da un ministro, “questo è il primo governo dalla Seconda Guerra Mondiale che ha dato agli italiani una classe dirigente decisa come quella che di regola si trova in Europa”. Questo dato è in contrasto con i suoi precedenti mandati, in cui egli dovette affrontare degli alleati riottosi. Molti di questi dissidi furono causati dall’UDC, partito di centro che si separò dalla coalizione di centrodestra prima delle elezioni dell’aprile del 2008 che riportarono la destra al governo.

L’attuale coalizione di governo di Berlusconi è di gran lunga più omogenea. A marzo, i primi due partiti -il suo, Forza Italia, e Alleanza Nazionale, nata dal movimento neofascista- si sono uniti in una singola entità, il Popolo delle Libertà. Degli altri due partiti della coalizione, soltanto la Lega Nord ha un peso parlamentare in grado di far saltare il governo.

Per i critici di Berlusconi, la spiegazione della sua popolarità è piuttosto diversa. Lui sta raccogliendo i frutti dell’influenza sulle opinioni dei suoi connazionali che viene da lontano, influenza che nessun politico contemporaneo è in grado di rivaleggiare. Tutti gli italiani al di sotto dei trent’anni sono arrivati alla maturità politica in un Paese dove Berlusconi e la sua famiglia controllavano la metà dell’offerta televisiva, uno dei quattro quotidiani nazionali, una delle due riviste d’informazione e la più grande casa editrice.

Il suo possesso dei media ha cambiato gli atteggiamenti e perfino il significato di alcune parole. Quando entrò in politica nel 1994, pochi avrebbero creduto alle sue affermazioni di essere vittima di un gruppo di magistrati comunisti conniventi; adesso queste affermazioni sono ampiamente ritenute vere. Quindici anni fa, un “azzurro” indicava qualcuno che rappresentava l’Italia negli eventi sportivi internazionali e un “moderato” indicava un elettore di centro. Oggi un “azzurro” è un parlamentare di Forza Italia; un “moderato” è un suo elettore.

La subdola berlusconizzazione dell’Italia potrebbe essere utile per spiegare una tendenza che ha imperversato nel Paese negli ultimi 12 mesi. Non solo per spiegare le divisioni all’interno dell’opposizione e la spaccatura dei sindacati. Serve a spiegare la convinzione che ha attecchito su una buona parte della società convinta che il Premier rimarrà al potere indefinitamente. “Devo dire che non vedo alcuna alternativa a Silvio Berlusconi” ha dichiarato il regista Gabriele Muccino, uno dei molti intellettuali e artisti che hanno espresso recentemente opinioni simili. E’ ironico, in un Paese nel quale la classe politica ha lavorato per 15 anni alla costruzione del bipartitismo. E’ un cattivo presagio per le riforme economiche, verso le quali Berlusconi ha dimostrato pochissimo interesse. Ed è anche preoccupante in qualsiasi democrazia, soprattutto quando vediamo la situazione nel contesto delle parole e delle azioni del Presidente del Consiglio.

Il suo nuovo partito è antidemocratico come lo era prima Forza Italia. Non è stato eletto, bensì acclamato leader durante il congresso di fondazione tenutosi il mese scorso, che gli ha dato l’incarico di nominare l’esecutivo. Come di routine, ha denigrato la magistratura e, da quando è di nuovo al potere, ha mostrato sempre minore considerazione per il Parlamento. Gli espediente procedurali usati dal governo per evitare il dibattito parlamentare sono stati criticati anche dal suo alleato Gianfranco Fini, già leader di AN e ora Presidente della Camera. Berlusconi ha cercato di giustificarsi dicendo che la miriade di pesi e misure presenti nel sistema rendevano l’Italia ingovernabile. Tuttavia, il Presidente Giorgio Napolitano, in una recente replica, ha dichiarato che pareri del genere indicavano “soluzioni autoritarie”. Dopo tutto, il sistema fu creato proprio per evitare il ritorno di un dittatore come Benito Mussolini.

In pochi credono che ci sia il rischio di tornare a quei tempi bui. Ma una serie di libri pubblicati recentemente hanno evidenziato la portata dell’ascendente di Berlusconi e si domandano come intenda sfruttarlo. Massimo Giannini, uno degli autori, argomenta che il suo obiettivo non è “una dittatura in senso classico, ma (…) una variante moderna di un ‘totalitarismo’ post ideologico”.

Il motivo più forte per cui essere preoccupati viene proprio dalle parole di Berlusconi. Durante il congresso inaugurale del suo nuovo partito, egli rammentò ai circa 6.000 delegati che “la sovranità appartiene al popolo”. Tuttavia ha affermato che il suo era “l’unico partito in grado di definire l’identità della nostra gente”. In effetti, ha dichiarato: “Dobbiamo essere un popolo più che un partito”. Questa frase puzza di populismo puro.

I sostenitori di Berlusconi escludono tutti questi sospetti, insistendo sul fatto che il suo unico vero obiettivo a lungo termine è la presidenza (sebbene, forse, soltanto dopo una riforma costituzionale atta a dargli più poteri). Il 25 aprile, il giorno in cui gli italiani ricordano la liberazione alleata del 1945, il Premier ha dato sostegno all’opinione che lui vorrebbe guidare la nazione, non solo la destra. Ha preso parte alle celebrazioni per la prima volta. Successivamente ha ritirato un disegno di legge piuttosto controverso che avrebbe concesso gli onori militari e la pensione di guerra ai militanti della tenace milizia di Mussolini.

Ma Berlusconi ha anche approfittato dell’occasione per suggerire che il nome della ricorrenza dovrebbe essere cambiato. Dovrebbe essere il giorno della libertà, non della liberazione. Come, ad esempio, nel Popolo della Libertà?

(Articolo originale)

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