martedì 31 marzo 2009

Italia dall'Estero - La marcia di Mussolini nella politica italiana

Pubblico un articolo dell'Independent del 20 marzo 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

La marcia di Mussolini nella politica italiana

Dopo aver portato la torcia del dittatore per 60 anni, il partito di estremadestra Alleanza Nazionale si unisce al partito di Silvio Berlusconi. È così la fine del fascismo in Italia? Proprio il contrario secondo l’articolo di Peter Popham.

Le fiamme si stanno spegnendo ovunque in Italia. Domani, la fiamma che per più di 60 anni è stata il simbolo della continuità neo-fascista con Mussolini, sparirà dall’orizzonte politico. Alleanza Nazionale, l’ultimo importante simbolo di quell’eredità, sta per “fondersi” con il partito di Silvio Berlusconi, Popolo della Libertà, per fornire al gruppo di governo una identità unica e un singolo capo incontestato.

Il cambio si è fatto aspettare per molto tempo, più di 15 anni. Berlusconi ha rotto il grande tabù della politica italiana del dopoguerra quando, dopo aver vinto la sua prima elezione generale nel 1994, ha incluso quattro membri di Alleanza Nazionale nella sua coalizione.

C’erano dei buoni motivi per cui includere i fascisti e i neo-fascisti era un tabù. Prima di tutto, il loro ritorno dopo che avevano portato la nazione in rovina durante la guerra, era vietato dalla nuova Costituzione, il cui articolo 139 afferma “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”

Il divieto è stato infranto molto più che osservato dal 1946, quando Giorgio Almirante, il leader del Movimento Sociale Italiano, prese il testimone di Mussolini proprio dove egli l’aveva lasciato alla sua morte e portò il nuovo partito in Parlamento. Tuttavia i neo-fascisti rimasero nel limbo parlamentare, lontani dal potere. Berlusconi ha spazzato via quella inibizione.

Sotto la scaltra leadership di Gianfranco Fini, i “post-fascisti” da allora hanno sempre guadagnato terreno. Alto, con gli occhiali, riservato, l’opposto di Berlusconi in tutti i sensi, il leader di Alleanza Nazionale ha colpito favorevolmente gli Eurocrati con le sue credenziali democratiche quando fu coinvolto per dare una mano a scrivere la nuova Costituzione dell’Unione Europea.

Fini ha fatto di tutto e di più per rompere le connessioni del suo partito con l’anti Semitismo, facendo molteplici visite ufficiali a Israele dove è stato fotografato con la kippah vicino al Muro del Pianto. Durante una visita, nel 2003, addirittura condannò Mussolini e le leggi razziali del 1938 che impedivano agli ebrei di frequentare le scuole e provocarono la deportazioni nei campi di concentramento di migliaia di persone. “Ho davvero cambiato idea su Mussolini” ha detto allora. “E condannare (le leggi razziali) significa assumersene la responsabilità”. Da perfetto statista, queste parole gli si sono incollate addosso.

I membri del partito più tradizionalisti come Alessandra Mussolini, l’affascinate nipote del Duce [N.d.T., in italiano nel testo], erano furiosi e si sono allontanati da AN per formare micro-partiti fascisti per conto loro. Ma alla fine la strategia di Fini ha vinto. Sotto la protezione di Berlusconi, egli è diventato Ministro degli Esteri, vice-presidente del Consiglio e adesso presidente della Camera, un posto più prestigioso del suo equivalente britannico. Da indisputato numero due nel neo formato partito, è anche il suo erede immediato.

I puri e duri [N.d.T, in italiano nel testo], gli elementi fascisti irriducibili, sono rimasti a digrignare i denti e a urlare vendetta. Un gruppo voleva inscenare una cerimonia per sottolineare l’estiguersi della fiamma all’Altare della Patria, il simbolo a forma di torta nuziale che sovrasta Piazza Venezia a Roma. Il sindaco della città, che per ironia della sorte è egli stesso da sempre un post fascista, ha vietato la cerimonia. Ma i duri e puri non si arrenderanno. “Alleanza Nazionale muore, la Destra vive!” dichiarano i volantini diffusi da uno dei partiti di estrema destra, il cui simbolo è formato da una fiamma gigante.

“Oggi col tradimento delle nostre idee, della nostra storia e della nostra identità” grida uno dei loro leader, Teodoro Buontempo, il presidente nazionale del partito La Destra, “abbiamo il dovere di spiegare, ora più che mai, che il nostro partito nacque per assicurare la continuità dei nostri ideali… [Unitevi a noi] per urlare la vostra indignazione contro un potere costituito da irresoluti e persone senza importanza.”

“Le Bande Nere”, un libro d’inchiesta sull’estrema destra di Paolo Berizzi e pubblicato in Italia questa settimana, riporta che “almeno 150.000 giovani italiani sotto i 30 anni vivono seguendo il culto del fascismo e del neo-fascismo. E anche se non tutti, molti lo fanno nel mito di Hitler.” Cinque minuscoli partiti registrati prendono l’1.8% del voto nazionale, cioè hanno tra i 450.000 e i 480.000 elettori. Questi sono numeri significativi, eppure anche sommati non raggiungono lo sbarramento del 4% necessario ad entrare in Parlamento. Secondo questi dati, l’elemento fascista in Italia non è più significativo di quello del Partito Nazionale Britannico in Gran Bretagna: una cosa irritante e imbarazzante che può fare rumore e vincere delle battaglie futili, ma nient’altro.

Nonostante le affermazioni contrarie dei lunatici di destra, lo spegnimento della fiamma fascista non significa che le idee fasciste sono sparite dalla scena politica italiana. Piuttosto è vero il contrario. Quindici anni dopo che Berlusconi ha portato il partito neo fascista all’interno del parlamento, il suo impatto in politica non è mai stato più forte né più sgradevole. Secondo Christopher Duggan, l’autore britannico di “Force of Destiny” [N.d.T., La forza del destino], una elogiata storia dell’Italia moderna, la fusione dei due partiti non segna la scomparsa delle idee e delle pratiche fasciste, ma piuttosto il loro trionfante insediamento. “Questa è una situazione allarmante in molti, molti sensi” afferma.

“La fusione dei partiti significa l’assorbimento delle idee post-fasciste nel partito di Berlusconi … la tendenza a vedere nessuna distinzione morale o anche politica tra coloro che sostenevano il regime fascista e coloro che sostenevano la Resistenza. Così il fatto che il fascismo fosse bellicoso, razzista e illiberale viene dimenticato; c’è un coro silenzioso nella pubblica opinione che sta dicendo che il fascismo non era così male.”

Un esempio del modo in cui le cose stanno cambiando è il trattamento dei veterani della Repubblica di Salò, lo stato fascista fantoccio governato da Mussolini sulle rive del Garda durante l’ultima fase della guerra. Agli ordini di Hitler e con la responsabilità di mandare gli ebrei nei campi di concentramento, Salò era vista dagli italiani nel dopoguerra come il capitolo più nero della storia moderna del Paese.

Eppure costantemente e silenziosamente è stato riabilitato nella memoria italiana. L’ultimo passo, prima del Parlamento, è la creazione di un nuovo ordine militare, il “Cavaliere di Tricolore”, che viene riconosciuto alle persone che combatterono per almeno 6 mesi durante la guerra, sia dalla parte dei partigiani contro i “nazi-fascisti”, sia con le forze della Repubblica di Salò a favore dei nazisti e contro i partigiani, oppure contro le forze sotto il Generale Badoglio a sud. In questo modo, secondo Duggan, viene introdotta un’idea di morale intercambiabile nel dibattito nazionale, mettendo i soldati che lottarono per lo stato-fantoccio nazista “sullo stesso piano morale e politico dei partigiani”.

Duggan confronta il processo del dopoguerra italiano con quello che avvenne in Germania, dove il processo di Norimberga e l’epurazione della vita pubblica sorvegliata dagli Alleati produsse un nuovo panorama politico. Niente di tutto ciò avvenne in Italia. “Non ci fu mai un chiaro spartiacque tra l’esperienza del fascismo e ciò che avvenne dopo. Ciò è in parte colpa degli Alleati che, dopo la guerra, erano molto più preoccupati a prevenire che i Comunisti prendessero il potere. Il risultato di ciò fu che i più anziani nell’esercito, nella polizia e nel sistema giudiziario non furono epurati. Ad esempio, Gaetano Azzariti, uno dei primi presidenti della Corte Costituzionale italiana nel dopoguerra, sotto Mussolini era stato il presidente della corte che aveva il compito di far rispettare le leggi razziali. Inoltre il fatto che gli Alleati non fecero pressioni sull’Italia, riflette una percezione che sussiste ancora oggi: che il revival fascista non deve essere preso seriamente in quanto l’Italia è un “peso leggero”. Mentre se la stessa cosa accadesse in Germania o in Austria, ci si preoccuperebbe molto di più”.

La diffusa sfida alla Costituzione anti-fascista può essere vista nell’abbondanza di partiti ad ispirazione mussoliniana; nelle migliaia di persone che accorrono a Predappio, luogo di nascita di Mussolini, per celebrare la sua marcia su Roma, il 20 ottobre di ogni anno; nei negozi e le bancarelle dei mercatini che continuano a vendere i busti del Duce e altri ricordini fascisti di ogni tipo. Molto più allarmante, dice Duggan, e ciò che sta succedendo al carattere nazionale al di fuori dei riflettori , dove la costante erosione e il discredito delle istituzioni statali gioca a favore di una élite dittatoriale, proprio come fece negli anni ‘20.

“Ciò che è davvero odioso non è solo la riabilitazione sistematica del fascismo ma lo sgretolamento di ogni aspetto dello stato, per esempio la Giustizia, con il risultato che le persone sentono il bisogno di buttarsi fra le braccia di un uomo che credono possa sistemare le cose. Si creano delle relazioni molto personali con il leader, infatti nel caso di Mussolini egli riceveva 2000 lettere al giorno da persone che gli chiedevano di essere aiutate. Se lo stato non funziona, si dà completa fiducia ad un uomo che possa alzare il telefono e risolvere i problemi. È così che il liberalismo è scomparso negli anni Venti, con la costante diffamazione del parlamento cosicché alla fine non ci fu neanche la necessità per Mussolini di abolirlo, lui semplicemente lo ignorò. Qualcosa di molto simile sta succedendo oggi in Italia.”

(Articolo originale di Peter Popham)

lunedì 30 marzo 2009

Italia dall'Estero - Berlusconi riesce sempre a cavarsela

Pubblico un articolo del Volkskrant del 28 marzo 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi riesce sempre a cavarsela

Sorprendente come i cittadini e i media accettino in massa le sue bugie

Da corrispondente in Italia mi sento spesso come Keanu Reeves nel film The Matrix, o Jim Carrey nel Truman Show. È una sensazione spaventosa: vivere e lavorare in una democrazia dell’Europa Occidentale che fu tra i fondatori dell’Unione Europea e fa parte di prominenti forum internazionali come il G8, e ciò nonostante sentirsi come i personaggi che lottano in angosciosi film su illusione e realtà.

Ma l’Italia di Silvio Berlusconi ne dà tutto il motivo. Quindici anni dopo l’ingresso di Berlusconi nella politica italiana, il paese si allontana sempre piú dai valori democratici essenziali.

Neo (Reeves) e Truman Burbank (Carrey) in The Matrix e The Truman Show si rendono conto che il loro intero ambiente vive secondo la sceneggiatura di un regista onnipotente. Però non vedono la loro sorpresa e preoccupazione al riguardo riflessa in alcun modo nella reazione delle persone che li circondano; tutti si comportano esattamente come se non succedesse niente di strano, o semplicemente non se ne rendono conto. Chi cerca di seguire e di capire la politica e la società in Italia inevitabilmente avrà la stessa esperienza.

Corrotto

Il raffronto si è imposto all’attenzione molto chiaramente il mese scorso. Nel pomeriggio di martedì 17 febbraio è apparsa sui siti dei principali giornali italiani una notizia dal titolo: ‘David Mills è stato corrotto’: condannato a 4 anni e sei mesi.

Riguardava una notizia esplosiva: il tribunale di Milano aveva riconosciuto l’avvocato britannico David Mills colpevole di corruzione per aver accettato 600 mila dollari da Silvio Berlusconi negli anni novanta, in cambio di rendere falsa testimonianza in due processi per corruzione istituiti contro l’imprenditore-politico. La sentenza contro Mills era altamente incriminante anche per il premier italiano dell’Italia, perchè se c’è un corrotto ci deve essere anche un corruttore.

Cose strane

Ma in Italia sono successe un paio di cose strane con questa notizia. Per iniziare diversi giornali hanno scritto la sentenza tra virgolette, come se si trattasse non di un fatto giuridico ma semplicemente di un’opinione personale da poter contestare con facilità. Ciò infatti è immediatamente successo.

Nel sito web del Corriere della Sera, un giornale di riguardo in Italia, vari lettori hanno messo in dubbio la sentenza del tribunale milanese. “Perchè questa sentenza arriva giusto 24 ore dopo le elezioni in Sardegna?” si chiede uno di loro. Il partito di Berlusconi, Popolo delle della Libertà (PdL), aveva vinto quelle elezioni regionali con una schiacciante maggioranza; l’isola italiana è tornata dopo lungo tempo in mano della destra, cosa che ha provocato una grande euforia negli ambienti del PdL.

I giudici hanno deliberatamente cercato di rovinare la festa con la loro sentenza, riteneva il lettore sopracitato.

Un altro ha fatto un ulteriore passo in avanti. Quella “ennesima sentenza fatta per rovinare la festa”, avverte i giudici, “servirà solo a rafforzare il nostro premier e la sua coalizione, quindi soprattutto continuate così e sparirete automaticamente, ciao ciao”.

Di per se queste reazioni si potevano archiviare come rigurgiti emotivi di accaniti sostenitori di Berlusconi. Ma stranamente i media italiani gli hanno dato del tutto ragione. Mentre la notizia veniva esaminata a fondo su emittenti straniere come la CNN e la BBC, l’interessante notizia é stata data di striscio dai telegiornali italiani.

Su RaiUno e RaiDue l’argomento è stato incastrato a stento in un minuto verso la fine dell’edizione serale. Su due delle tre reti commerciali di Berlusconi la sentenza è stata completamente ignorata.

Sentenza

E sul canale che ha sì riferito la sentenza, il cronista ha ancora definito l’accertato episodio di corruzione un “supposto pagamento” fatto dalla ditta Fininvest di Berlusconi, e ha chiuso il suo mini servizio con una lunga citazione di un parlamentare del partito di Berlusconi, il quale diceva che il presidente del tribunale di Milano “è chiaramente antagonista della persona di Silvio Berlusconi dal punto di vista politico”.

Come può succedere tutto ciò? Come si può negare e deformare così facilmente e massivamente la realtà? Da anni la stampa internazionale addita il gigantesco conflitto di interessi del premier.

Tutti conoscono Silvio Berlusconi come il grande uomo dietro più di settanta aziende, raggruppate in mega holdings come la Mondadori (la principale casa editrice di giornali, libri e riviste in Italia), Mediaset (la più grande holding televisiva del paese), Mediolanum (servizi finanziari) e la squadra di calcio AC Milan.

Groviglio di interessi

Berlusconi controlla buona parte dei media italiani e viene perciò chiamato da molti giornali stranieri ‘imprenditore-politico’ o ‘premier-magnate dei media’. Ciononostante questi termini dicono troppo poco sul modo in cui questo groviglio d’interessi influisce sulla società italiana.

In generale Berlusconi viene considerato l’uomo dalla parlantina facile e dal sorriso scolpito, il marpione rifatto con il brevetto sulle battute imbarazzanti (come quella su Barack Obama, che definì “giovane, bello e anche abbronzato”‘ un paio d’ore dopo l’elezione di quest’ultimo a presidente degli Stati Uniti). Come premier dell’Italia è perciò agli occhi di molti un buffone da non prendere troppo seriamente. Ma queste qualità da birbantello nascondono alla vista il suo illimitato potere e influenza che intaccano persino il DNA dell’Italia - e purtroppo non in senso positivo.

Le sue emittenti commerciali, il suo settimanale d’opinione “Panorama”, il quotidiano “Il Giornale” (del fratello Paolo) e una lunga lista di giornali di famiglia, si schierano quotidianamente con il loro padrone senza vergogna. Questo servilismo raggiunge forme così elevate che il giornalista televisivo nonchè capo-redattore dell’emittente Rete4 può emozionarsi in diretta leggendo la notizia della vittoria elettorale di Berlusconi.

Per la maggioranza degli italiani la televisione è la principale fonte di informazione, ed è quasi completamente sotto il controllo di fedelissimi di Berlusconi.

Modi sgarbati

Allo stesso tempo i membri dell’opposizione vengono buttati a terra in modo insolitamente sgarbato. Il più combattivo oppositore di Berlusconi, Antonio Di Pietro, da tempo viene chiamato ‘il boia’, o ‘il trebbiatore’ nel corso delle varie rubriche di attualità, che continuano a far vedere le sue foto meno lusinghiere, che immortalano il corpulento Di Pietro sul trattore, in pantaloncini corti.

Questo bizzarro approccio ‘giornalistico’ non scaturisce da una specie di naturale lealta’ dei dipendenti, ma da precisi ordini di servizio. Il giornalista italo-americano Alexander Stille cita nella sua biografia di Berlusconi “Il sacco di Roma” (tradotta in olandese come “Silvio Berlusconi/De inname van Rome), un ex vice-caporedattore de “Il Giornale”, che spaziava su come Berlusconi dava ordini alla redazione negli anni novanta: “Dobbiamo cantare in armonia sui temi importanti per noi (…) Voi, caporedattori, dovete capire che dobbiamo iniziare un’offensiva mirata con tutti i nostri mezzi contro chiunque ci spari addosso. Se quelli che ci attaccano ingiustamente vengono puniti usando tutti i diversi media del nostro gruppo, l’aggressione finisce”.

RAI

Nel ruolo di premier, Silvio Berlusconi esige più o meno la stessa apatia dagli impiegati statali, soprattutto all’interno dell’emittente statale RAI. Durante il conflitto in Irak, che aveva l’appoggio del precedente governo Berlusconi, i giornalisti della RAI non potevano definire gli oppositori della guerra “dimostranti per la pace” o “pacifisti”, ma dovevano chiamarli “insubordinati”.

‘Sei un dipendente dello stato!’ gridò Berlusconi contro il critico giornalista televisivo Michele Santoro un paio d’anni fa durante una trasmissione televisiva, riportandolo all’ordine. Santoro voleva togliere la parola a Berlusconi, che era in linea telefonicamente, perchè questi rifiutava di rispondere alle domande del giornalista, e voleva solo criticare il modo di lavorare di Santoro.

Criminoso

Durante una conferenza stampa in Bulgaria Berlusconi accusò Santoro e due altri giornalisti di aver fatto un ‘uso criminoso della televisione pubblica’. I tre avevano osato fare una trasmissione critica sul premier. In quello che da allora è diventato famoso come ‘l’editto bulgaro’, il premier esigeva che la direzione dell’emittente ‘non permettesse più che accadessero certe cose’. Qualche mese dopo i tre erano spariti dallo schermo.

L’Italia come paese democratico sta molto peggio di quanto molti credano. Ciò dimostrano le misure per la limitazione della libertà che questo governo sta prendendo o preparando (come la prigione per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni telefoniche degli indiziati; pressione politica su medici e insegnanti per denunciare gli immigranti illegali alla polizia; limitazione dell’indipendenaza del potere giudiziario).

Ma lo stato preoccupante delle cose si rivela soprattutto nel modo apatico in cui stampa e pubblico ultimamente reagiscono a questo genere di piani. L’Italia si abbandona sempre di più alla realtà altamente colorata con cui viene abbindolata dall’apparato di potere di Berlusconi.

Duramente

Certo, giornali e riviste di opinione come La Repubblica, l’Unità e l’Espresso continuano ad andare duramente contro il premier quando è necessario. Ma sono predicatori nel deserto: i due principali giornali italiani hanno insieme una tiratura di solo 1,3 milioni, su una popolazione di quasi 60 milioni.

La televisione è per la stragrande maggioranza degli italiani la fonte di informazione principale, e ora è quasi tutta sotto monitoraggio di gente fidata di Berlusconi.

Inoltre, anche i giornali al di fuori dell’impero di Berlusconi sentono il suo braccio forte. Come il giornale torinese La Stampa, proprietà della Fiat. ‘Vista la situazione in cui versa la Fiat, La Stampa non si trova nella posizione di esprimere critiche nei confronti di Berlusconi, e ciò è altrettanto valido per numerosi altri giornali’, cosí il caporedattore Giulio Anselmi a Stille nel Sacco di Roma. ‘Oltre ai giornali che possiede, c’é tutto un cerchio concentrico di giornali che dipendono direttamente o indirettamente da lui’.

Il guastafeste

Il leader dell’opposizione Antonio Di Pietro racconta nel suo libro Il guastafeste [in italiano con traduzione nel testo, ndt], come sia stato apostrofato “assassino’ da due ragazzi, mentre passeggiava in Piazza Duomo a Milano.

Un tempo Di Pietro era l’eroe del paese per milioni di italiani, nella sua funzione di pubblico ministero dell’ampia operazione anti-corruzione Mani Pulite, che spazzò via un’intera generazione di politici e imprenditori imbroglioni all’inizio degli anni novanta. ‘Questo incidente’, dice Di Pietro a proposito dell’accaduto a Piazza Duomo a Milano, ‘dimostra che quei ragazzi a casa sono bombardati con falsa informazione dalla televisione’.

Dopo un decennio e mezzo, questo moderno indottrinamento sta dando così tanti frutti che Berlusconi osa negare persino le più incontestabili verità.

Proteste

Per esempio, l’anno scorso durante la massale protesta studentesca contro i tagli pianificati nell’istruzione. Gli studenti avevano occupato facoltà di diverse università, con grande irritazione di Berlusconi. ‘Oggi darò al Ministro degli Interni istruzioni dettagliate su come intervenire usando le unità mobili’, disse il premier nel corso di una conferenza stampa.

Quando l’opposizione gridò allo scandalo, Berlusconi il giorno dopo disse bellamente di non aver mai minacciato con le unità mobili. Ancora una volta era stato erroneamente citato dai giornalisti. Però tutti avevano potuto vedere e sentire che il premier l’aveva veramente detto; i suoi commenti erano stati trasmessi da radio e tv.

Nonostante quella prova schiacciante Berlusconi si ostinò sulla sua posizione. E con successo. Giacchè cosa dissero la sera i telegiornali? ‘Il premier dice di essere stato citato erroneamente’.

Democrazia

In una democrazia sana i giornalisti in servizio avrebbero come minimo fatto velocemente rivedere le immagini della conferenza stampa in questione, così da permettere ai telespettatori di concludere da sè se il premier fosse rimbecillito o no. Ma no. ‘Eventualmente, potrete rivedere la nostra trasmissione di ieri su internet’, ha sussurrato il redattore politico di RaiUno alla fine del servizio.

Considerando la situazione alla Matrix in cui versa l’Italia, il suo commento suonava quasi come un eroico atto di resistenza.

Eric Arends è il corrispondente del Volkskrant a Roma

(Articolo originale di Eric Arends)

sabato 28 marzo 2009

Italia dall'Estero - Berlusconi ha dichiarato al fisco dieci volte in meno nel 2007 rispetto al 2006

Pubblico un articolo di El Pais del 23 marzo 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi ha dichiarato al fisco dieci volte in meno nel 2007 rispetto al 2006

Il magnate ha guadagnato 14 milioni rispetto ai 139 milioni dell’anno precedente

Nel 2007 Silvio Berlusconi, primo ministro italiano, ha dichiarato 14,5 milioni di euro al fisco italiano, quasi dieci volte in meno rispetto al 2006, anno in cui registrò un patrimonio di 139.245.570 euro. L’enorme differenza rappresenta la maggiore sorpresa delle dichiarazioni di reddito dei quasi mille parlamentari italiani, pubblicate ieri. Nel 2005, il reddito del Cavaliere era di 28 milioni. Interrogato su questa differenza Marco Ventura, portavoce del primo ministro per la stampa estera, non ha saputo spiegarne il motivo.

Nonostante ciò Berlusconi, che ha pagato un’imposta lorda di 6,2 milioni di euro, continua ad essere di gran lunga il leader politico più ricco. A seguire c’è Walter Veltroni, capo dell’opposizione e leader del Partito Democratico fino al mese scorso. Veltroni, scrittore di successo, ha dichiarato 477.788 euro, mentre il suo successore, Dario Franceschini, non arriva alla metà, 220.419.

Il leader “più povero” della Camera, con 105.633 euro, è Gianfranco Fini, della estinta Alleanza Nazionale. Tra gli altri capigruppo, il democristiano Pier Ferdinando Casini (142.130 euro), supera di poco quello della Lega Nord Umberto Bossi (134.450 euro). L’ex giudice Antonio di Pietro (Italia dei Valori), dichiara 218.000 euro.

Al Senato il più ricco è l’oncologo Umberto Veronesi, con un reddito di 1,6 milioni, 19 terreni e una Jaguar. Tra gli attuali ministri, il più benestante è quello dell’Economia Giulio Tremonti: più di 4,5 milioni di euro.

Case, automobili e barche

La dichiarazione di Berlusconi è stata accolta dalle pagine web con ironiche collette titolate “Povero Silvio” (in italiano nel testo, N.d.T.). La gran parte del suo patrimonio immobiliare si trova a Milano, cinque appartamenti e due garages. Inoltre, confessa di essere proprietario di un terreno ad Antigua (Caraibi), di una Mercedes 600, di un’Audi A6 e di tre barche.

Per quanto riguarda le partecipazioni, il Cavaliere possiede 5.174.000 azioni di Dolcedrago (che amministra i suoi grandi possedimenti, dalla villa di Arcore e Macherio a quelle in Sardegna e a Roma), 4,2 milioni di titoli della Fininvest (il gruppo mediatico-editoriale-calcistico), e quasi nove milioni di azioni delle società proprietarie di Fininvest, chiamate Holding Italiana Prima, Holding Italiana Seconda, Holding Italiana Terza e Holding Italiana Ottava.

(Articolo originale di Miguel Mora)

mercoledì 25 marzo 2009

Italia dall'Estero - “Berlusconi ha imposto la sua scala di antivalori”

Pubblico un articolo di El Pais del 23 marzo 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

“Berlusconi ha imposto la sua scala di antivalori”

INTERVISTA: COLAZIONE CON… MARCO TRAVAGLIO

Marco Travaglio vive a Torino, però tutti i giovedì scende a Roma per partecipare ad Anno Zero un programma di dibattito politico in onda su RAI 3 [RAI 2, ndt]. Abbiamo preso appuntamento per la mattina seguente nell’hotel dove di solito alloggia, nel quartiere Prati. Il giornalista più critico d’Italia appare in reception con faccia assonnata ed un quarto d’ora di ritardo così come imposto dall’etichetta nazionale.

Dopo aver pagato il conto, afferra un paio di quotidiani, ordina la colazione e usciamo in terrazza. Con un solo caffè ed un paio di cornetti si sveglia del tutto e comincia con quello che sa meglio fare: mettere il dito nella piaga della sempre più confusa realtà politica italiana. Una realtà teatrale, irreale, ipermediatica, racconta, “il regno della superficialità e della menzogna”.

La colpa a suo giudizio è soprattutto “dei giornali, che imitano la televisione e tentano di competere sulle banalità, mettendo in gioco un sistema molto sofisticato, studiato perchè venga dimenticato tutto, come un tritatutto. Le polemiche durano appena 24 ore, dopo svaniscono. Se un politico fa una battuta, si riporta la battuta piuttosto che la notizia. Se non c’è la battuta, non si parla neanche del contenuto. Dicono che il problema dei giornali è la carta, ma il problema è quello che si scrive sulla carta. Laureato in Storia Contemporanea, Travaglio, 44 anni, è stato allievo di Indro Montanelli ne “Il Giornale” per sette anni. Oggi firma un editoriale sull’Unità, pubblica ogni lunedì un video (Passaparola), nel blog antipolitico di Beppe Grillo. Per raccontare le verità scomode al paese utilizza uno stile più che torinese, gelido, che gli somiglia. Non batte ciglio nè alza la voce.

Con l’Italia impantanata tra le barzellette del Cavaliere e la vaga retorica di una sinistra ossidata, il suo giornalismo di precisione è diventato una rarità, una forma di ribellione. Forse per questo ha realizzato 80 atti di uno spettacolo teatrale, “Promemoria”, nel quale snocciola la tragicomica storia recente del paese in un monologo di tre ore e un quarto.

Sulla sola base di un archivio e di un’ironia feroce, Travaglio fa pensare e divertire un pubblico che esce dal teatro in trance, proprio di chi ha visto la luce. “Non è merito mio”, dice. “In Italia il passato non esiste. Per questo quando racconto quello che è successo appena due anni fa sembra rivoluzionario e la gente ti guarda come se guardasse a un pazzo”. Denunciato “30 o 40 volte” per diffamazione nei tribunali civili da Berlusconi e dai suoi compagni, anche se non è stato tuttavia condannato penalmente, ha da poco vinto il Premio per la Libertà di Stampa dell’Associazione dei Giornalisti Tedeschi, per il suo “coraggio e senso critico”. Ha appena rieditato il suo libro “La scomparsa dei fatti”, con il sottotitolo “Si prega di abolire le notizie per non disturbare le opinioni”, in cui critica i mezzi di comunicazione.

L’aereo per Torino parte tra un’ora, l’incontro volge al termine, lo aspettano i suoi due figli. Prima di andarsene, Travaglio spiega come Berlusconi ha sostituito Andreotti nel ruolo di grande intoccabile. “Controlla quasi tutti i giornali, la televisione, la pubblicità o il cinema. Per questo l’Italia si capisce meglio dall’estero che da dentro. Ci ha imposto la sua arretratezza culturale, la sua scala di antivalori e la sua forma di vita”.

Nello stesso momento passa un giovane, si ferma ad ascoltare e dice: “Pienamente d’accordo. Continua così”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

sabato 21 marzo 2009

Italia dall'Estero - Silvio, l’attrice e la legge

Pubblico un articolo dell'Economist del 12 marzo 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio, l’attrice e la legge

Sospetti al riguardo del tentativo dell’Italia di riformare la magistratura

La storia delle pressioni di Silvio Berlusconi per assicurare delle parti in TV ad alcune attricette è uno dei racconti più strani e degni di nota della colorita vicenda del Presidente del Consiglio italiano. Nel 2007 un quotidiano italiano pubblicò delle indiscrezioni relative ad alcune trascrizioni telefoniche tra Berlusconi, allora capo dell’opposizione, e un importante dirigente della televisione pubblica italiana. In una di queste Berlusconi, cercando di rovesciare la risicata maggioranza al Senato del governo di centro-sinistra, viene citato mentre spiega: “Sto cercando di ottenere la maggioranza in Senato”. “Una persona con la quale sto negoziando mi ha chiesto di raccomandare” un’attrice formosa.

L’inevitabile sospetto fu che Berlusconi stava tentando di convincere alcuni deputati a cambiare orientamento utilizzando il più vecchio dei trucchi nel suo repertorio. Il 25 febbraio, però, il caso è stato archiviato. I magistrati hanno affermato che non vi erano sufficienti prove di reato per procedere sia contro Berlusconi sia contro il dirigente. Quello stesso giorno, stranamente, il Partito della Libertà di Berlusconi (PdL) propose una delle misure più draconiane mai pensate in un disegno di legge scritto per limitare le intercettazioni e la pubblicazione dei loro contenuti.

L’episodio illustra l’origine di molti dei dubbi che circondano Berlusconi in merito ai suoi ultimi tentativi di riscrivere il sistema legale: sta davvero cercando di migliorare i bassi standard della giustizia italiana, oppure sta cercando di proteggere i suoi interessi?

Tutti concordano nel dire che il sistema esistente è un incubo: invadente ma lento, costoso e imprevedibile. I suoi difetti non sono solo una questione di ingiustizia sociale. Ci aiutano a capire perché l’Italia attragga relativamente pochi investimenti stranieri. Secondo un’indagine del 2009 della Banca Mondiale sulla facilità di fare affari, il sistema giuridico italiano offre agli investitori meno protezione del Mozambico; i contratti sono più difficili da far rispettare che in Colombia.

Angelino Alfano, Ministro della giustizia, afferma che ci vogliono più di 31 mesi, mediamente, per portare un caso davanti ad un tribunale; ci sono più di 5 milioni di processi civili e 3 milioni di processi penali in sospeso. Il denaro è parte del problema. I tribunali sono mal-finanziati, e il poco denaro disponibile viene speso per finanziare un’infinità di tribunali troppo piccoli. Nei processi penali inoltre sia la difesa che l’accusa hanno diritto ad almeno due appelli.

Il risparmio è una giustificazione per la prima riforma proposta, che ha a che vedere soprattutto con la restrizione delle intercettazioni. Anche Saverio Borrelli, il magistrato che ha condotto la manovra anti-corruzione chiamata “Mani Pulite” che quindici anni fa ha spazzato via il vecchio ordine politico, riconosce che gli inquirenti italiani fanno troppo liberamente – e pigramente – affidamento sulle intercettazioni telefoniche e quelle ambientali.

La proposta di legge prevede che un’intercettazione telefonica debba essere autorizzata da tre giudici; che ci siano “evidenti” indicazioni di colpevolezza; e – con l’eccezione di reati di mafia e terrorismo – che non duri più sessanta giorni. L’organismo di autoregolamentazione giudiziaria ha criticato le prime versioni della proposta definendole “un serio ostacolo all’attività investigativa”; ha affermato che andrebbe a beneficio dei truffatori, dei ricattatori e dei pedofili. Sotto pressione, il governo ha ritirato alcune delle disposizioni più controverse.

Tuttavia, alcuni aspetti preoccupano giornalisti e avvocati, come le pene rigide previste per la pubblicazione delle intercettazioni, parte di un giro di vite proposto sulle notizie che va dall’arresto al rinvio a giudizio. Oggi le prove dell’azione giudiziaria possono essere pubblicate non appena vengono consegnata alla difesa. Terze parti innocenti possono trovare i loro pensieri più intimi diffusi in pubblico. Ma visti i ritmi lenti dei tribunali, restrizioni del genere, simili a quelle britanniche, potrebbero significare che accuse pesanti possano venire allo scoperto soltanto molto tempo dopo che i fatti si sono verificati.

Una seconda proposta di legge revisionerebbe i lavori della magistratura. Alcuni passaggi, come quello sulla riduzione del numero di appelli, potrebbero aiutare. Ma la riforma principale, separando le carriere del pubblico ministero e del giudice, potrebbe rendere la giustizia più equa ma non più rapida. Un cambiamento, bloccare le prove di un processo qualora venisse portato in appello, rallenterebbe i procedimenti. E inoltre proteggerebbe Berlusconi dopo l’arresto il mese scorso del suo ex avvocato, David Mills, con l’accusa di corruzione.

(Articolo originale)

mercoledì 18 marzo 2009

Carta canta - Programmi di evasione

Riporto l'intervento di Marco Travaglio sulla sua rubrica "Carta canta" del 18 marzo 2009:

Programmi di evasione

"L'evasione fiscale è un male di cui abbiamo il record in Europa e faremo tutto quello che possiamo perché diminuisca", commenta Berlusconi, che ringrazia per "il forte e responsabile sostegno al governo" di Cisl e Uil. Commentando la proposta di aumentare l'aliquota Irpef per la fascia di reddito più alta, il premier ha invece detto che un intervento del genere "non farebbe altro che aumentare l'evasione fiscale, mentre è sicuro che bisogna diminuire la pressione sui redditi più bassi".
(Silvio Berlusconi, Ansa, 15 marzo 2009)

"L'evasione di chi paga il 50% dei tributi non l'ho inventata io. È una verità che esiste. Un diritto naturale che è nel cuore degli uomini".
(Silvio Berlusconi a Radio anch'io, 18 febbraio 2004)

"C'è una norma di diritto naturale che dice che, se lo Stato ti chiede un terzo di quello che con tanta fatica hai guadagnato, questa ti sembra una richiesta giusta, e glielo dai in cambio di servizi che lo Stato ti dà. Se lo Stato ti chiede di più, o molto di più, c'è una sopraffazione nei tuoi confronti e allora ti ingegni per trovare dei sistemi elusivi o addirittura evasivi, che senti in sintonia con il tuo intimo sentimento di moralità, e che non ti fanno sentire intimamente colpevole".
(Silvio Berlusconi in visita ufficiale al Comando della Guardia di Finanza, 11 novembre 2004)

"Se si chiedono imposte giuste, non si pensa a evadere. Ma se si chiede il 50% e passa, la richiesta è scorretta e allora mi sento moralmente autorizzato, per quanto posso, a evadere".
(Silvio Berlusconi, 17 febbraio 2005).