mercoledì 18 novembre 2009

Italia dall'Estero - Berlusconi all’opera per evitare la giustizia

Pubblico un articolo de Le Figaro del 13 novembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi all’opera per evitare la giustizia

Giovedì mattina è stato depositato in Senato il progetto di legge che limiterà il tempo accordato ai tribunali per condurre a termine un processo. L’adozione di tale legge manderebbe in prescrizione due dei processi nei quali il Cavaliere è imputato.

Sei anni: è il limite massimo che verrebbe accordato ai tribunali per portare a termine i processi in Italia. Questo è su per giù il succo del progetto di legge presentato giovedì mattina al Senato dal partito di Silvio Berlusconi (PDL) e dalla Lega Nord. La sua adozione eviterebbe al presidente del Consiglio di dover comparire di fronte alla giustizia.

Il testo risulta da un laborioso compromesso al quale martedì sono intervenuti Silvio Berlusconi ed il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini. Durante il faccia a faccia, che si è detta quanto si dice turbolento, è stato convenuto d’imporre un limite di tempo di due anni ad ogni fase giudiziaria, prima istanza, appello e Cassazione. In Italia c’è bisogno da otto a nove anni – e alla volte di più – per ottenere una sentenza definitiva.

In caso di mancata emissione di una sentenza definitiva entro sei anni [dal rinvio a giudizio, N.d.T.], le azioni giudiziarie per gli imputati che hanno commesso un reato che prevede una pena inferiore ai dieci anni di carcere e non sono pregiudicati, dovranno essere abbandonate.

Tutta una serie di gravi delitti, ad eccezione della corruzione, sono esclusi dal campo di applicazione della legge: pedofilia e delitti sessuali di ogni natura, immigrazione clandestina, crimini di sangue, incendi dolosi, appartenenza alla mafia e terrorismo.

L’Associazione Nazionale dei Magistrati (ANM) si dichiara sorpresa: “Sono almeno 100 000 i processi che salteranno, con un grave danno per coloro che reclamano giustizia”, afferma. E’ così che gli responsabili del crac del gruppo Parmalat, una frode di 14 miliardi di euro che ha leso 100 000 piccoli azionisti, non sarà più giudicata.

L’adozione del testo, che avrà senza dubbio la priorità in Parlamento, gioverà anche e in primo luogo, al presidente del Consiglio.

Lunedì riprende a Milano contro di Berlusconi il processo aperto per corruzione giudiziaria nell’affare David Mills. Questo avvocato d’affari britannico è stato condannato in appello a quattro anni e mezzo di prigione, per aver mentito durante una testimonianza sotto giuramento nel 1997, che riguardava le filiali straniere del gruppo Fininvest appartenenti al capo del governo. Silvio Berlusconi non si presenterà alla sbarra/al banco degli imputati. Presiederà quel giorno, a Roma, un vertice mondiale sull’alimentazione, che riunirà una cinquantina di leader del pianeta. Se la legge fosse adottata, questo processo, aperto 3 anni fa, sarebbe già prescritto. E lo sarà in ogni caso ad aprile 2010.

Sarà lo stesso per un altro processo di sovrafatturazione per l’acquisizione nell’acquisto di diritti televisivi, che deve riprendere a Milano a fine novembre e i cui termini di prescrizione non interverrebbero prima del 2012.

L’opposizione promette di che porterà avanti in Parlamento una battaglia accanita. I magistrati sono sul piede di guerra. Ma l’ostacolo principale che Silvio Berlusconi dovrà sormontare è al Quirinale. Il Presidente Giorgio Napolitano non è pronto a promulgare una legge che valuterà contraria alla Costituzione.

(Articolo originale di Richard Heuzé)

martedì 17 novembre 2009

Italia dall'Estero - Ordine di arresto per un’alta carica per rapporti con la Camorra

Pubblico un articolo di El País dell'11 novembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Ordine di arresto per un’alta carica per rapporti con la Camorra

Un giudice di Napoli ha emesso un ordine di arresto per Nicola Cosentino, sottosegretario all’Economia del governo di Silvio Berlusconi, deputato e coordinatore regionale del Popolo della Libertà (PDL) in Campania, per sospetto “concorso esterno in associazione mafiosa” con il sanguinario clan dei Casalesi. La Camera dei Deputati ha ricevuto ieri l’ordine di arresto e ora la maggioranza conservatrice deve dare l’autorizzazione affinché venga eseguito.

Cosentino (Casal di Principe, 1959) è il potente politico locale che aiutò Berlusconi a risolvere in pochi giorni la crisi dell’immondizia che nei primi mesi del 2008 sommerse Napoli e la sua regione. Il giudice sospetta che “dagli anni Novanta Cosentino abbia aiutato a rinforzare la cupola e le attività del gruppo camorrista diretto dalle famiglie Bidognetti e Schiavone”, come riportato nel capo d’accusa reso noto ieri.

Le accuse svelano il funzionamento di una “società” formata dal clan dei Casalesi con Cosentino. Quest’ultimo riceveva “l’appoggio elettorale” della Camorra, che gli permise diventare consigliere provinciale di Caserta nel 1990, consigliere regionale della Campania nel 1995 e deputato di Forza Italia nel 1996, fino ad assumere l’incarico di coordinatore regionale del PDL.

In cambio Cosentino avrebbe “garantito una relazione continua tra le imprese mafiose e le amministrazioni pubbliche e municipali”. Nell’accusa, il giudice fa riferimento alle pressioni che Cosentino avrebbe esercitato a favore di una impresa che operava nel settore dell’immondizia, affinché ottenesse una certificazione antimafia. Questa società che egli stesso controllava nell’ombra, permetteva il reinvestimento di denaro proveniente da attività illegali con fini elettorali.

(Articolo originale di Miguel Mora)

giovedì 12 novembre 2009

Italia dall'Estero - Impedire l’esposizione dei crocifissi non è contrario alla religione

Pubblico un articolo di Conjur del 7 novembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Impedire l’esposizione dei crocifissi non è contrario alla religione

La decisione della Corte Europea dei Diritti Umani sul caso Lautsi contro l’Italia, la prima contraria all’esposizione dei crocifissi nelle scuole pubbliche italiane, non può essere considerata ostile alla religione. Il giudizio è stato fondato interamente sulla Convenzione Europea dei Diritti Umani (1950) che impone agli stati firmatari, inclusa l’Italia, l’obbligo di rispettare il diritto che i genitori hanno di educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose e filosofiche.

I due figli della signora Lautsi frequentavano una scuola pubblica in cui in tutte le aule era esposto un crocifisso appeso al muro. Irritata dall’influenza quotidiana che questo simbolo esercitava sull’educazione religiosa dei suoi figli, e argomentando che la situazione avrebbe violato il principio della laicità dello Stato italiano, tentò di risolvere il problema rivolgendosi alla direzione della scuola.

Poiché la scuola decise di mantenere i crocifissi, presentò senza successo il caso alla Giustizia italiana. In seguito la Lautsi si rivolse alla Corte Europea dei Diritti Umani, che ha condannato lo Stato italiano a pagare 5.000 euro a titolo di indennizzo.

La Corte ha deliberato che l’esposizione del crocifisso limita il diritto di alcuni genitori a educare i propri figli secondo le proprie convinzioni e anche il diritto dei bambini a credere o non credere. La presenza del simbolo religioso rappresenterebbe per i bambini una sottile imposizione del credo raffigurato, sottoponendoli a una costrizione.

La sentenza, emessa il 3 novembre da un collegio di sette giudici della Corte di Strasburgo, si appoggia alla legislazione internazionale sui diritti umani.
Secondo l’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, “chiunque ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”. Inoltre secondo l’art. 2 del protocollo n.1 della stessa convenzione “lo Stato deve rispettare il diritto dei genitori a garantire educazione ed insegnamento in conformità con le proprie convinzioni religiose e filosofiche”.

I giudici all’unanimità hanno deliberato che nel caso specifico c’è stata violazione di questi due articoli della convenzione. È importante osservare che la decisione non impedisce l’uso del crocifisso da parte del cittadino, che è soggetto attivo del diritto alla libertà religiosa. Questi potrà usare i suoi simboli religiosi nelle scuole pubbliche senza restrizione.

Viceversa, in un contesto non confessionale o laico, lo Stato non è soggetto attivo del diritto alla libertà religiosa. Così l’esposizione dei simboli religiosi da parte dello Stato viola la sua neutralità e l’uguaglianza dei cittadini rispetto alle differenze religiose che esistono nella società. Lo Stato, in pratica, non ha il diritto di esibire simboli religiosi. A questo spetta di proteggere i diritti e le libertà del cittadino.

Inoltre la sentenza della Corte non si estende alle scuole private a carattere confessionale. La decisione della Corte rappresenta una conquista storica a favore dell’uguaglianza della libertà religiosa per tutti i cittadini.
È certo che l’esposizione del simbolo di un’unica religione in tutte le classi delle scuole pubbliche in Italia non può considerarsi un diritto, bensì un privilegio che viola la laicità dello Stato e il principio universale di libertà religiosa.

Perciò non si può dire che la decisione è contraria alla religione. Nei fatti, la Corte Europea si è messa dalla parte dell’essere umano, i cui diritti devono essere difesi.
Infine non c’è dubbio che quest’importante sentenza di Strasburgo è conforme al diritto internazionale e in linea con la lotta costante per proteggere i diritti e le libertà fondamentali della persona umana e la sua dignità.

Aldir Guedes Soriano è avvocato e membro della Commissione per il Diritto e la Libertà Religiosa dell’OAB-SP (Ordem dos Advogados do Brasil – Seção de São Paulo), nonché coordinatore dell’opera collettiva Diritto alla libertà religiosa: sfide e prospettive per il secolo XXI.

(Articolo originale di Aldir Guedes Soriano)

martedì 3 novembre 2009

Italia dall'Estero - I giudici del processo a Dell’Utri convocano il pentito chiave

Pubblico un articolo di El País del 30 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

I giudici del processo a Dell’Utri convocano il pentito chiave

Il braccio destro di Silvio Berlusconi era stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa

Il sicario siciliano Gaspare Spatuzza, che ha confessato di essere stato l’autore dell’attentato al magistrato Paolo Borsellino ucciso nel luglio del 1992 da un’autobomba assieme ai sei uomini della sua scorta, sarà ascoltato dal Tribunale d’Appello di Palermo nelle prossime settimane.

I giudici che sono chiamati a decidere sull’appello proposto dal senatore Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, hanno deciso oggi di convocare il collaboratore di giustizia, accogliendo così la richiesta del Pubblico Ministero Nino Gatto.

Gli avvocati di Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia con Silvio Berlusconi e oggi senatore del Popolo della Libertà, hanno rifiutato la convocazione del testimone, però i magistrati hanno considerato “assolutamente rilevante” procedere al suo interrogatorio prima di emettere il verdetto.

Le precedenti dichiarazioni di questo pentito hanno già reso necessaria la riapertura del caso Borsellino, il magistrato assassinato in via D’Amelio a Palermo, chiuso diversi anni fa con varie condanne passate in giudicato e tre sentenze della Corte di Cassazione.

Spatuzza, detenuto in un carcere di massima sicurezza, negli ultimi quattro mesi è stato interrogato dai Pm antimafia di Palermo, Caltanissetta e Firenze, e la sua versione dei fatti tira in ballo non solo Dell’Utri ma anche Silvio Berlusconi, l’attuale primo ministro.

Secondo Spatuzza, la mafia siciliana utilizzò la campagna stragista del 1992 contro i magistrati Falcone e Borsellino, e i successivi attacchi bomba a Milano e Firenze, per forzare una negoziazione politica con lo Stato. E furono proprio Berlusconi, Dell’Utri e Forza Italia ad incarnare, da quel momento fino al 2004, “il referente politico di Cosa Nostra”, sostituendo in questo compito la Democrazia Cristiana, ormai estinta.

Fu il boss Giuseppe Graviano a confermare i fatti a Spatuzza, in due incontri con altri due boss mafiosi: Cosimo Lo Nigro e Filippo Graviano, fratello di Giuseppe. Dopo aver interrogato Spatuzza, i magistrati di Palermo decideranno se convocare anche i Graviano e Lo Nigro.

Tempi e contenuti delle dichiarazioni di Spatuzza coincidono con le rivelazioni di Massimo Ciancimino, figlio del sindaco di Palermo (democristiano e mafioso) Vito Ciancimino. Massimo Ciancimino giovedì scorso ha consegnato ai Pm di Palermo il papello originale che Cosa Nostra fece arrivare a suo padre con 12 rivendicazioni della Mafia allo Stato.

Il senatore Dell’Utri (Palermo, 1941) è un collaboratore stretto di Berlusconi fin dagli anni settanta. Dopo aver cominciato a lavorare presso la Edilnord, l’impresa edilizia di Berlusconi, come segretario personale, nel 1974 Dell’Utri ingaggiò il mafioso Vittorio Mangano come presunto stalliere per la residenza di Arcore. In realtà, secondo il tribunale di Palermo, che condannò Dell’Utri nel 2004, Mangano fu ingaggiato per proteggere la famiglia Berlusconi da possibili sequestri, e sia il Cavaliere che lo stesso Dell’Utri conoscevano il suo “spessore criminale”.

La settimana scorsa Dell’Utri ha criticato il modus operandi dei giudici antimafia, sostenendo che vi sia “un’organizzazione per dare rilevanza mediatica a delle banalità: evidentemente ci sono obiettivi superiori”. Dopo di che si è chiesto: “Perché i magistrati, invece di perdere tempo con me, non indagano sugli autori degli attentati?”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

lunedì 2 novembre 2009

Italia dall'Estero - Le tattiche televisive di Berlusconi mettono a disagio l’Italia

Pubblico un articolo del Guardian del 23 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Le tattiche televisive di Berlusconi mettono a disagio l’Italia

Quando la Corte Costituzionale ha tolto al Presidente del Consiglio l’immunità giudiziaria, questi ha promesso di difendersi nell’unica arena che conta veramente. “I due processi contro di me sono farsa, risibili, assurdi e illustrerò questo agli italiani anche andando in televisione”, ha dichiarato.

Berlusconi dovrà affrontare in aula due processi che riprenderanno verso la fine di quest’anno. E’ accusato di frode fiscale e falso in bilancio nell’acquisto di diritti televisivi da parte di Mediaset e di aver corrotto l’avvocato inglese David Mills in cambio di falsa testimonianza per proteggere il suo impero d’affari. Berlusconi rifiuta ogni accusa.

Ma in una nazione in cui quasi l’80% della popolazione si informa principalmente attraverso la televisione, il potere che questa ha nella formazione dell’opinione pubblica non sarà mai evidenziato abbastanza. E il Presidente del Consiglo ne è ben consapevole: essendo il proprietario di Mediaset e controllando anche l’emittente pubblica RAI, riesce a dominare i canali guardati tutti i giorni da quasi il 90% degli italiani. Berlusconi una volta ha affermato a un suo socio: “Non capisci che se una cosa non è in televisione non esiste?”.

Ma adesso che il Premier è sulla difensiva dopo mesi di scandali sessuali e contraccolpi legali, in molti temono che usi la sua presa sui mezzi di comunicazione italiani per soffocare le critiche. Quando un giudice ha ordinato alla Fininvest di pagare 750 milioni di euro per danni da corruzione nella battaglia per il controllo di un’azienda, Berlusconi ha promesso: “Su questo ne sentirete delle belle”. Qualche giorno dopo una troupe di Canale 5 della Mediaset ha rintracciato il giudice per le strade di Milano, criticandolo perché fumava troppo e perché indossava dei calzini di un turchese “eccentrico”, sollevando in seguito proteste da parte dei magistrati e un’ondata di calzini simili comparsi tra i ranghi dell’opposizione.

“Berlusconi ha sempre usato i suoi mezzi di comunicazione per distruggere, punire, ridicolizzare e umiliare chi percepisce come suo nemico” ha dichiarato Alex Stille, un autore che scrive sull’Italia. “Ma l’intensità dell’ultima campagna, in cui chiunque critichi Berlusconi viene segnalato come iniziatore di un campagna diffamatoria, è singolare e molto preoccupante”.

PREDATORE DELLA LIBERTA’ DI STAMPA?

Quando l’editore del quotidiano della CEI aveva criticato la relazione del Presidente del Consiglio con una modella adolescente, il quotidiano Il Giornale di proprietà del fratello di Berlusconi l’ha accusato di omosessualità, costringendolo a dimettersi. Berlusconi ha dato avvio ad azioni legali nei confronti dei quotidiani italiani ed esteri che hanno scelto di pubblicare le affermazioni di una accompagnatrice a pagamento sui presunti incontri sessuali col Presidente del Consiglio avvenuti dopo una festa a novembre.

Agli italiani è stato anche propinato il bizzarro spettacolo allestito dal quotidiano appartenente alla famiglia del Presidente del Consiglio che incitava i cittadini a non pagare il canone per la televisione pubblica in seguito alla furia di Berlusconi nei confronti delle critiche velate da parte dell’emittente.

Una manifestazione per la libertà di stampa tenutasi a Roma questo mese ha attirato circa 100 000 persone. L’organizzazione Reporters Sans Frontièrs ha dichiarato che l’Italia è scesa nella sua classifica per il secondo anno di fila, piazzandosi alla 49ima posizione, e a Berlusconi manca poco per essere aggiunto alla sua lista dei Predatori della Libertà di Stampa, la prima volta per un leader europeo.

“La situazione è piuttosto preoccupante e Berlusconi esercita un’influenza pericolosa per la qualità della democrazia italiana” ha dichiarato Daniele Albertazzi, professore universitario di media europei presso l’Università di Birmingham. Questo mercoledì Berlusconi è riuscito a evitare per poco una mozione di sfiducia da parte del Parlamento Europeo grazie ai suoi alleati nel partito conservatore, che hanno respinto col margine di soli tre voti una risoluzione contro di lui. Ma il gesto è stato soprattutto simbolico: Bruxelles non ha il potere per intervenire e Berlusconi non ha infranto la legge italiana sulla proprietà dei mezzi di comunicazione.

CONTA SOLO LA TV

La legge sui mezzi di comunicazione del 2004, abbozzata dal precedente governo, stabilisce che un singolo deve essere proprietario di più del 20% dei media per incorrere in una sanzione, e per media in questo caso s’intende tutto, da internet passando per gli 800 giornali locali fino ai 150 quotidiani nazionali. Berlusconi, oltre alla sua morsa sulla televisione, controlla la casa editrice e l’agenzia pubblicitaria più importanti ed anche un settimanale, ma tutto ciò è soltanto una piccola parte del suo impero mediatico.

“Il problema in Italia è che l’unico sistema importante abbastanza per influenzare il modo in cui la gente vota e pensa è la televisione” ha dichiarato Albertazzi. I tassi di penetrazione di Internet in Italia sono ben al di sotto della media europea e la tiratura dei quotidiani è bassa e limitata alle classi abbienti. Il quotidiano di maggior diffusione, il Corriere della Sera, vende mezzo milione di copie: solo una frazione rispetto ai tre milioni venduti dal tabloid The Sun nel Regno Unito.

In contrasto, il 46% degli italiani trascorre dalle 2 alle 4 ore al giorno di fronte alla televisione, con una percentuale del 17% che vi trascorre più di 4 ore. E anche se l’agenzia di controllo Agcom ha multato Mediaset per la sua mancanza di imparzialità, queste sanzioni hanno avuto un impatto limitato.

I parlamentari dell’opposizione hanno criticato la scelta della RAI, definendola come motivata politicamente, di abbandonare la piattaforma Sky Italia appartenente a Rupert Murdoch e di lanciare un servizio congiunto assieme a Mediaset, il suo diretto concorrente nel mercato della televisione non criptata.

Molti dei sostenitori del Partito Democratico – tra cui il leader Dario Franceschini- si sono rammaricati per il fatto che la sinistra non sia riuscita a varare una legge sul conflitto d’interessi, malgrado sia stata al governo due volte dopo la discesa in campo di Berlusconi nel 1994. Ed ora è proprio Berlusconi a proporre una sua legge. Ha promesso di intraprendere un processo di riforma della Costituzione con l’obiettivo di aumentare i poteri del Presidente del Consiglio e di mettere i Pubblici Ministeri sotto il controllo diretto del governo.

“Sarebbe una modifica molto importante della Costituzione verso una forma di governo populista senza i pesi e i contrappesi necessari in democrazia” ha dichiarato James Walston dell’Università Americana di Roma. “E’ quasi certo che le riforme economiche urgenti saranno accantonate”.

(Articolo originale di Daniel Flynn)

Italia dall'Estero - Silvio, è ora che te ne vada

Pubblico un articolo di Newsweek del 12 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio, è ora che te ne vada

L’Italia non può più permettersi le buffonate del suo playboy numero uno.

Le intimidazioni ed i raggiri nei confronti dei propri nemici, la modifica delle leggi per adattarle alle proprie esigenze e, in generale, il condurre sia la vita pubblica sia quella privata in flagrante, tutto ciò colloca Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio italiano, in un pantheon tipicamente italiano.

Pensiamo a Nerone o ai Borgia, al panem et circenses, alla dissolutezza e alla corruzione. Non importa se siamo nel 2009: basta considerare solo alcuni degli scandali che hanno fatto tremare il trono di Berlusconi negli ultimi mesi. L’ex moglie lo ha accusato di frequentare ragazze minorenni. Squallide registrazioni a sfondo sessuale di una accompagnatrice a pagamento che afferma di intrattenuto il Cavaliere, ricevendo, in cambio, una candidatura al Parlamento europeo. E uno spacciatore di cocaina ha rivelato di aver fornito prostitute ai festini romani del Premier. Tutto questo si somma alle foto scattate nella villa sarda del Presidente del Consiglio, che mostrano un illustre ospite che si diverte come un virile satiro.

Inoltre, la settimana scorsa, il magnate dei media ora politico è stato colpito da due sentenze devastanti. La prima lo ha dichiarato in parte responsabile di aver corrotto un giudice in una guerra tra imprese nei primi anni ‘90, e lo condanna a pagare un risarcimento di 750 milioni di €. La seconda sentenza, pronunciata dalla Corte Costituzionale, ha stralciato una legge che concedeva al Presidente del Consiglio l’immunità giudiziaria, esponendolo, quindi, a nuovi processi per tangenti e a inchieste per presunti legami con la criminalità organizzata.

Il Presidente del Consiglio sostiene miseramente la propria innocenza relativamente alle accuse. Ricorrerà in appello per la sentenza di danno patrimoniale e ha criticato la Corte costituzionale. Sostiene di essere vittima di una caccia alle streghe orchestrata dalla sinistra, dai comunisti e dagli interessi di aziende straniere. Si potrebbe pensare che tutti questi problemi sarebbero sufficienti per convincere ad abbandonare la politica questo 73enne miliardario self-made man ed ex-cantante sulle navi da crociera. Ma non è così. Berlusconi pensa di andare avanti – e potrebbe anche farcela. Recenti sondaggi stimano i consensi al 63%, i suoi avversari politici del centro-sinistra sono allo sbando e gli aspiranti successori di destra stanno ancora manovrando per il posto. Se Berlusconi sfrutta la nuova sentenza del tribunale per forzare le elezioni, potrebbe persino riuscire a rafforzare la sua maggioranza parlamentare.

Ma il fatto che possa rimanere al potere non significa che dovrebbe farlo. È arrivato il momento per l’Italia di guardare avanti. Dire: “Silvio, è ora che te ne vada” non significa essere complottisti o accondiscendenti. E’ solo una questione di buon senso.

Negli Stati Uniti c’è un detto: “Gli amici non consentono agli amici di guidare ubriachi.” Berlusconi non è mai stato un bevitore, ma è evidente che più passa il tempo, più si ubriaca di potere e di se stesso – e se dovesse rimanere al timone dell’Italia, potrebbe distruggere il Paese, arrecando danni anche all’Europa e forse anche alla NATO. Sono tempi difficili per Roma, che deve percorrere strade pericolose, da Wall Street all’ Afghanistan. L’Italia affronta problemi urgenti. Eppure, invece di concentrarsi su ciò che ha davanti, Berlusconi travolto dagli scandali fissa lo specchietto retrovisore, dando la caccia a magistrati, giornalisti, cospiratori comunisti, aspiranti successori – per non parlare delle donne adirate – che lo perseguitano.

C’è stato un momento in cui Berlusconi si considerava il salvatore dell’Italia, e in un certo senso potrebbbe essere stato così. Nei primi anni ‘90, la sua scelta di entrare in politica potrebbe essere stata egoistica soltanto in parte. Spesso si è sostenuto che Berlusconi temeva che il suo vasto impero mediatico potesse finire preda di indagini per corruzione se non avesse messo al potere sé stesso o qualcuno molto vicino a lui. Molte delle sue scelte aziendali sono state agevolate da politici indagati. Ma Berlusconi ha anche avuto un ruolo importante nella politica italiana.

La classe politica italiana era stata decimata dall’inchiesta “Mani pulite”, lasciando un vuoto nel centro-destra, che Berlusconi ha saputo perfettamente colmare. “Gli elettori moderati non avevano più referenti politici” aveva dichiarato a Newsweek nel 2006. “So che i cimiteri sono colmi di persone ‘indispensabili’. Ma in quel momento penso che non vi fosse altra possibilità per il mio Paese” per uscire dalla crisi politica. Voleva dare agli elettori di centro “la dignità del passato e la speranza per il futuro”.

L’imprenditore Berlusconi è diventato l’antipolitico per eccellenza. La sua diffidenza nei confronti del governo e l’avversione per le tasse hanno saputo far breccia nei piccoli imprenditori, la forza trainante dell’economia italiana. Ha anche saputo dar voce alla quella grossa parte della classe operaia che si sentiva minacciata dagli immigrati che si spostavano nei loro quartieri, entrando in competizione per i posti di lavoro. La sinistra italiana, nel frattempo, si era fossilizzata, diffamando le autorità e aggrappandosi agli ideali della giustizia sociale che la società italiana aveva abbandonato. Se c’era qualcuno in grado di traghettare il paese nel XXI secolo, costui sembrava essere Il Cavaliere.

In questo senso, il più grande crimine di Berlusconi non è perseguibile legalmente. È piuttosto il fatto di non aver mai mantenuto le sue promesse. Come un imperatore romano decadente, invece, ha assecondato le debolezze della società, ha tollerato gli eccessi e ha incoraggiato l’irresponsabilità su quasi tutti i livelli. Se fosse stato il padre del suo Paese, avrebbe dato da mangiare ai propri figli soltanto zucchero puro.

A nessuno piace pagare le tasse. Ma è raro sentir dire a un politico: “Dobbiamo lottare contro l’evasione fiscale, ma anche difendere i diritti degli evasori fiscali o le società che commettono errori”, come fece nel 2006. Malgrado Berlusconi sostenga che la sua popolarità deriva dal modo in cui riflette ciò che gli italiani vogliono, ha fatto di tutto per trasformare gli italiani nel riflesso di sé stesso.

L’atteggiamento umiliante del Presidente del Consiglio nei confronti delle donne, per esempio, è un dispositivo politico e un vizio personale. “Penso che gli italiani si riconoscano in me”, ha sentenziato di recente a un raduno giovanile. “Sono uno di loro. Ero povero. Sono interessato alle stesse cose. Amo il calcio. Sorrido. Amo gli altri e, soprattutto, le belle donne”. Videocracy, un documentario presentato al Festival di Venezia il mese scorso, tratteggia in modo doloroso e spietato come Berlusconi abbia puntato sulla curiosità morbosa della gente per costruire il suo impero mediatico privato negli anni ‘80. Un simbolo di quegli anni è stato un gioco in cui casalinghe sexy si toglievano un indumento ogni volta che un concorrente rispondeva correttamente a una domanda. Con grembiuli, guanti di gomma o foulard per capelli, che cadevano a terra, Berlusconi ha rafforzato l’immagine che avrebbe contribuito ad emarginare le donne italiane nei decenni a venire. Oggi nelle sue reti, e, in certa misura, anche nei canali pubblici che controlla, le casalinghe sono state sostituite da donne sempre più giovani che indossano lustrini, giarrettiere e tanga, che si agitano attorno a uomini più anziani che ricordano i dipinti del re Nettuno circondato da sirene o, piuttosto, il Presidente del Consiglio Berlusconi in uno dei suoi festini.

I fedeli sostenitori del Cavaliere sono stati così conquistati dalla sua immagine che in un recente congresso a Milano del suo partito, il “Popolo della Libertà”, anche le delegate si sono affrettate a difenderlo, liquidando le storie piccanti raccontate sul suo conto come inutile gossip, orchestrazioni dei nemici o conferme della sua mascolinità. “Se ha tante donne” ha detto la casalinga Carmela Mamone “significa che è un vero uomo”.

Quello che manca, in questo scenario, è la volontà politica di fare qualcosa che non sia la semplice sopravvivenza. E l’Italia non può permettersi un egocentrismo così cieco. È il paese con la popolazione più anziana in Europa e la seconda più anziana al mondo, dopo il Giappone. Gli immigrati che alimentano la forza lavoro sono sfruttati e discriminati. Il costo delle pensioni sta erodendo il bilancio nazionale. L’infrastruttura commerciale del paese è barcollante e paralizza la possibilità di rafforzare la crescita economica.

Fino all’inizio degli anni ‘90, l’Italia era uno dei paesi più virtuosi dell’Europa. Adesso è uno dei peggiori e il FMI si attende un calo del PIL del 5,1% quest’anno, molto superiore a quello della zona euro. La situazione dell’istruzione è imbarazzante (un recente rapporto l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha sottolineato che gli unici paesi OCSE in cui i bambini hanno una situazione scolastica peggiore di quella italiana sono il Messico e la Turchia). Lo sviluppo dipende dallo stato di diritto, ma le mafie in Italia ancora si collocano tra le attività di maggior successo, con un fatturato di 130 miliardi di € all’anno.

I fallimenti della politica di Berlusconi sono tangibili ovunque. I tentativi di migliorare l’istruzione si sono limitati a poco più di un mero taglio ai costi. Niente è stato fatto per affrontare la riforma del welfare. E nonostante la promessa retorica di diminuire le tasse durante la campagna elettorale, il governo probabilmente le aumenterà quest’anno. Nell’iniziale iperattività da Presidente del Consiglio, la polizia di Berlusconi ha fatto cadere uno degli ultimi potenti padrini siciliani, Bernardo Provenzano. Ma i magistrati in Sicilia hanno tentato così spesso di collegare Berlusconi alla mafia, benché le accuse non siano mai state provate, da compromette quanto ha fatto.

A livello internazionale, il comportamento di Berlusconi e la reputazione travolta dallo scandalo non fanno semplicemente storcere il naso: ledono direttamente gli interessi dell’Italia. Nonostante il putiferio scatenato subito dopo l’elezione del Presidente Barack Obama con la battuta sull’“abbronzatura” del primo presidente afro-americano, Berlusconi ha pensato di provarci nuovamente al rientro dal vertice dei G20 a Pittsburgh, il mese scorso. Ha portato i saluti dagli Stati Uniti, come ha dichiarato ai suoi sostenitori conservatori. “Vi devo portare tanti saluti da un signore che è abbronzato e si chiama, si chiama… Barack Obama”, ha ironizzato il Presidente del Consiglio aggiungendo: “In spiaggia vanno in due perché è abbronzata anche la moglie Michelle”.

Franco Frattini, Ministro degli esteri e alleato di Berlusconi da molto tempo, è pronto a difendere subito il suo capo. “L’Italia dovrebbe essere giudicata per i propri meriti e successi, non per gli scandali”, dichiara. Ma di certo gli scandali non gli facilitano il lavoro. “Devo perdere tempo a spiegare la verità”, afferma. “Se leggete i giornali, lo scandalo è in prima pagina, ma se si guarda a pagina quattro o cinque, si vede come il mondo chieda all’Italia di aiutare il Libano, come l’America apprezzi il lavoro svolto dal nostro paese in Afghanistan (…). Ma sappiamo tutti che una buona notizia non fa notizia”.

Se solo fosse così semplice. L’Italia è ancora la settima economia più importante al mondo ed è un membro della NATO, del G20, della zona euro e di quasi tutti gli altri club delle nazioni potenti. Ma ha un’importanza minore di quanto vuole far credere. Le volgari battute di Berlusconi e la sua reputazione mettono a disagio gli altri capi. Non sorprende, quindi, che l’Italia sia spesso lasciata in disparte. Per citare un importante esempio recente, Roma è stata esclusa dal gruppo di contatto per trattare con l’Iran sull’arsenale nucleare. Berlusconi non facilita le cose affermando di aver avuto un ruolo determinante in iniziative in cui, in realtà, il suo ruolo è stato marginale: per esempio, durante l’estate del 2008 quando affermava di essere stato lui ad inviare il presidente francese Nicolas Sarkozy in Georgia per contrastare l’invasione russa. I militari italiani sono andati in Iraq e in Afghanistan e hanno subito perdite drammatiche. Ma ha lasciato l’Iraq tanto tempo fa e vuole uscire dall’Afghanistan il prima possibile.

Sempre incline a dare maggiore risalto all’apparenza che alla sostanza, Berlusconi lavora duramente per assicurarsi che, attraverso azioni legali, indagini e pressione politica, gli italiani ricevano solo le buone notizie. Quando circa 100 000 manifestanti si sono riversati nelle strade di Roma per sostenere la libertà di stampa, l’evento ha avuto poca o nessuna copertura nei principali TG nazionali. E non c’è da meravigliarsi: Berlusconi controlla tutte e tre le reti televisive di Stato, le tre maggiori emittenti private, la casa editrice più grande del paese, un settimanale e un quotidiano di proprietà del fratello. Ogni volta che una rete statale ventila un giudizio critico, il Premier dichiara che i mezzi di comunicazione statali dovrebbero sostenere il governo e ha licenziato i giornalisti che lo hanno criticato. I segmenti che non controlla sono spesso bersaglio di azioni legali.

La tragedia è che l’Italia, una nazione di brillanti intellettuali e artisti, funzionari pubblici di talento e dirigenti creativi, potrebbe fare molto meglio. Si fanno nomi di possibili successori di Berlusconi: il presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo, Gianfranco Fini, l’erede progressista dell’ex ala fascista, il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il Ministro degli esteri Frattini e Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia. Ma dopo anni di rinvii a giudizio, inchieste, lotte di sinistra e di destra e l’abitudine di Berlusconi di prosciugare tutta l’aria di centro, sono pochi coloro che potrebbero salvare l’Italia.

La colpa finale potrebbe ricadere sugli italiani. Lo scrittore Umberto Eco ha scritto il mese scorso che gli italiani hanno accettato Berlusconi ed accetteranno il bavaglio della stampa. “E allora perché scrivere su quest’aspetto, quando la maggioranza degli italiani sanno ben poco, perché i mezzi di comunicazione, strettamente controllati da Berlusconi, raccontano poco o niente ai cittadini?” si chiede Eco. “La risposta è semplice. Nel 1931, il regime fascista di Mussolini fece giurare fedeltà a 1 200 professori universitari. Solo 12 si rifiutarono, perdendo il posto (…). Quei 12 salvarono l’onore della nostra università e del nostro Paese. Ecco perché si deve dire no, anche quando non si può fare nient’altro”.

Ed è per questo che l’Italia deve dire di no ancora una volta. E dire a Silvio “è ora di andartene”.

(Articolo originale di Christopher Dickey)