sabato 19 dicembre 2009

Italia dall'Estero - Silvio Berlusconi: politica alla puttanesca

Pubblico un articolo del Guardian del 16 dicembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio Berlusconi: politica alla puttanesca

Editoriale

Se ci fossero due regole d’oro per essere Silvio Berlusconi, queste sarebbero: stare sempre alla ribalta e incolpare gli altri per le proprie disgrazie. E questa settimana è riuscito a seguirle entrambe dopo essere stato colpito sul volto da un uomo che ha una storia di problemi mentali.

Mentre l’Italia si disperava per il secondo giorno cercando di capire se l’attacco era il risultato di ciò che il Presidente del Consiglio aveva denominato un clima d’odio contro di lui, Berlusconi è stato svelto ad approfittare della solidarietà dimostratagli da molti.

Fabrizio Cicchitto, capogruppo del PdL di Berlusconi alla Camera, ha affermato che l’attacco era stato preparato da una “spietata campagna d’odio”. Cicchitto è andato avanti facendo l’elenco di coloro i quali lui ritiene siano i responsabili della campagna: il quotidiano La Repubblica, il settimanale L’Espresso, Marco Travaglio, autore di un libro sui presunti legami di Berlusconi con la mafia, entrambi i partiti d’opposizione ed alcuni magistrati. E’ una bella lista, e accusare un giornalista di avere qualcosa a che fare, direttamente o indirettamente, con un attacco condotto da uno squilibrato, fa parte di quelle tecniche ben collaudate appartenenti a un periodo decisamente più buio della storia europea.

Non soddisfatto dalle calunnie, Berlusconi ha l’intenzione di legislare. Il suo Ministro degli interni ha dichiarato che durante la riunione del Consiglio dei Ministri, prevista per domani, verranno esaminati due nuovi ddl aventi lo scopo di limitare le manifestazioni e i “siti che inneggiano all’odio” su internet.

Invece di cercare dei capri espiatori politici, il 73enne magnate delle comunicazioni si dovrebbe domandare perché 250.000 italiani hanno partecipato al No-B day a Roma i primi di dicembre. Nel resto d’Europa e anche al di fuori di essa, ci sono manifestazioni contro determinate linee politiche o contro i governi.

In Italia, la gente manifesta contro un Presidente del Consiglio non per quello che rappresenta, bensì per quello che lui è. E i motivi sono validi. Abbiamo un uomo coinvolto in scandali a sfondo sessuale che espongono il suo presunto utilizzo di prostitute. Avendo perso l’immunità giudiziaria, deve affrontare due processi per frode, evasione fiscale e corruzione. E di fronte a queste accuse, cerca di dare la colpa ai giornalisti, agli organi di stampa e ai pubblici ministeri i quali insistono nel fare il loro lavoro e rifiutano le sue intimidazioni.

L’attacco che ha ricevuto contro la sua persona è stato feroce e orribile. Ma non ci sono prove che l’attacco sia stato organizzato da altre persone. I gruppi su Facebook nati con lo scopo di elogiare l’assalitore pentito sono di cattivo gusto, ma non giustificano un giro di vite sui siti internet che “incitano la violenza”. E’ una risposta che fa ricordare una repubblica dell’Asia centrale. Al posto di assecondare le buffonate per attirare l’attenzione fatte da Berlusconi durante i vertici come quello del G20 a Londra all’inizio dell’anno, i leader mondiali dovrebbero iniziare a prendere le distanze da un uomo del genere.

(Articolo originale)

martedì 15 dicembre 2009

Italia dall'Estero - Berlusconi colpito in faccia con un modellino del duomo di Milano

Pubblico un articolo del Times del 14 dicembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi colpito in faccia con un modellino del duomo di Milano

Ieri il Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi è stato colpito in faccia da un uomo che gli ha scagliato contro una piccola replica del duomo di Milano, rompendogli due denti e obbligandolo a trascorrere la notte in ospedale.

Testimoni hanno riferito che Berlusconi è stato attaccato durante un comizio politico nel centro di Milano mentre stava firmando autografi nella piazza di fronte al Duomo dopo aver terminato un discorso in sostegno della sua coalizione di governo, sempre più divisa ed al centro di continue speculazioni riguardo il proprio futuro.

Subito dopo essere stato colpito, Berlusconi si è accasciato al suolo per venir quindi immediatamente trasportato dagli uomini della sua sicurezza all’ospedale San Raffaele per ricevere le prime cure.

L’uomo accusato di avere attaccato Berlusconi, 73enne, è stato immediatamente arrestato tra gli insulti della folla. Il sospetto, un quarantaduenne di nome Massimo Tartaglia, sembra non avere alcuna affiliazione politica. Come riferito dalla polizia, non ha inoltre precedenti penali e non faceva parte del gruppo di contestatori presenti al raduno. E’ invece stato confermato che era in cura per problemi mentali presso il policlinico di Milano durante i dieci anni precedenti.

Anche l’agenzia giornalistica italiana ANSA ha confermato la notizia secondo la quale il presunto assalitore è stato in cura per dieci anni per problemi mentali, mentre la polizia ha affermato che brandiva una statua in miniatura del Duomo, simbolo della città.

Berlusconi, col volto grondante di sangue, è apparso stordito mentre veniva portato via in macchina alla volta dell’ospedale. Fonti interne all’ospedale hanno poi riferito che le condizioni di Berlusconi non erano serie, avendo riportato la frattura di due denti, ferite al naso, labbra e ad una guancia. Il Presidente del Consiglio sarebbe stato trattenuto in osservazione per la notte. Il Presidente della Repubblica Napolitano ha espresso la propria condanna incondizionata all’attacco, ribadendo i suoi recenti appelli per la fine di una retorica politica violenta.

Durante il discorso di Berlusconi al raduno di Milano, alcuni dimostranti hanno urlato contro di lui “buffone” e “ladro”. Questi ha a sua volta risposto urlando “Vergogna, vergogna” e dicendo: “non sono un mostro come afferma l’opposizione – e non semplicemente perché ho un bell’aspetto”. Ha anche affermato che i sondaggi gli conferivano una popolarità del 63 per cento, nonostante nell’ultimo sondaggio pubblicato la percentuale si ferma in realtà ad un 45 per cento. Berlusconi ha inoltre negato le accuse di legami con la mafia, dicendo che il suo governo ha fatto più di qualsiasi altro per combattere il crimine organizzato; si sta inoltre difendendo da scandali sessuali ed affrontando due processi per presunta corruzione.

La settimana scorsa a Bonn, ad un incontro con i deputati europei del partito conservatore, Berlusconi si è scagliato contro giudici, magistrati e stampa italiani definendoli schierati contro di lui e dicendo di essere “forte e duro” e di “avere le palle”. Ha anche affermato che magistrati, giudici e Corte Costituzionale stavano “sovvertendo la democrazia e la volontà popolare” ostacolando i suoi tentativi di modificare una costituzione ormai “obsoleta”, iniziativa considerata legittima per il fatto di esser stato eletto l’anno scorso con una larga maggioranza.

Gianfranco Fini, l’altro leader del partito al governo, che sta prendendo sempre più le distanze dal Presidente del Consiglio, ha criticato queste osservazioni. Ha affermato infatti che è proprio Berlusconi a sovvertire la democrazia attaccando le istituzioni sulle quali questa si basa, aggiungendo che i Presidenti del Consiglio “non devono attaccare le istituzioni del proprio paese mentre si trovano all’estero”.

L’attacco di domenica è stato descritto da Umberto Bossi, leader della Lega Nord, come “un atto di terrorismo”. Esso giunge in un clima di tensioni politiche crescenti che seguono attacchi ripetuti e sempre più violenti da parte del Presidente del Consiglio verso le istituzioni del paese, incluso il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale, rei di aver ostacolato i suoi tentativi di modificare le leggi per ottenere l’immunità processuale ed evitare le accuse di corruzione.

Pier Luigi Bersani, leader del Partito Democratico, il principale partito d’opposizione, ha affermato che l’attacco è “inspiegabile e dev’essere fermamente condannato”. Comunque, Antonio Di Pietro, ex magistrato anti-corruzione e leader del partito di centro sinistra Italia dei Valori, ha affermato di essere “contro qualsiasi violenza, ma che è stato Berlusconi stesso ad averla istigata per primo”.

(Articolo originale di Josephine McKenna e Richard Owen)

mercoledì 9 dicembre 2009

Italia dall'Estero - Spatuzza tira in ballo Berlusconi e Dell’Utri negli attentati mafiosi del 1993

Pubblico un articolo di El País del 4 dicembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Spatuzza tira in ballo Berlusconi e Dell’Utri negli attentati mafiosi del 1993

Il primo ministro e il suo braccio destro, Marcello Dell’Utri, considerano le accuse assurde.

Pochi minuti prima di mezzogiorno, in un un silenzio tombale, è entrato nell’aula bunker del Tribunale di Torino, Gaspare Spatuzza, il boss pentito della mafia siciliana chiamato come testimone nel processo d’appello contro il senatore Marcello Dell’Utri, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi dagli anni settanta e condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Spatuzza era protetto da dieci carabinieri e si copriva il viso con una sciarpa azzurra. Si è seduto dietro un tendaggio bianco che lo proteggeva dagli sguardi indiscreti dei più di duecento giornalisti accreditati e del numeroso pubblico ed ha iniziato la sua deposizione dicendo: “Dirò tutta la verità e non nasconderò nulla”.

L’interrogatorio è iniziato in ritardo perché la difesa di Dell’Utri ha cercato di fermare la testimonianza, considerandola ingiustificata. Il tribunale ha rifiutato la richiesta e Spatuzza, 45 anni, collaboratore di giustizia dal marzo 2008 con la benedizione dei suoi capi e l’appoggio spirituale del vescovo dell’Aquila, ha cominciato a raccontare la sua storia.

Con voce sicura, ha riconosciuto che dal 1980 al 2000 aveva fatto parte di una “organizzazione terroristica mafiosa chiamata Cosa Nostra.”; ha ricordato che era parte integrante del clan Graviano ed ha ammesso di essere stato condannato a vari ergastoli per “circa quaranta omicidi, sequestri di persona e attentati”.

Ha spiegato di aver detto “terroristica” perché, all’inizio degli anni novanta, Cosa Nostra aveva realizzato vari attentati con bombe, “cosa che prima non facevamo”. Si è autoaccusato dell’attentato che uccise il giudice Paolo Borsellino, e ha ammesso che la mafia festeggiò quella morte e quella del giudice Falcone nel 1992 “perché erano i nostri principali nemici”.

Il confidente della famiglia di Brancaccio si occupò anche di realizzare gli attentati successivi, nel 1993 e nel 1994, a Roma, Milano e Firenze, che provocarono la morte di dieci persone. Erano, ha detto, attentati anomali: “Quei morti non ci appartenevano: un giorno lo dissi a Giuseppe, che era come mio padre: ‘Abbiamo ammazzato dei bambini come la piccola Nadia’. Mi rispose: abbiamo fatto bene ad ammazzarli, così chi si deve muovere si dà una mossa”.

La chiave della testimonianza arriva in questo momento. Spatuzza ricorda un appuntamento nel 1994 con il suo diretto superiore a Roma: “Incontrai Giuseppe nel bar Doney di Via Veneto, era contento come se avesse vinto alla Lotteria. Ci sedemmo e lui mi disse che dovevamo uccidere alcuni carabinieri per dare il colpo di grazia. Che avevamo ottenuto tutto quello che cercavamo grazie alla serietà delle persone che avevano portato avanti questa storia, e non come quei quattro crasti dei socialisti che avevano preso i voti nel 1988 e nel 1989 e poi ci avevano fatto la guerra” ha riferito.

“Mi fece due nomi, tra questi quello di Berlusconi” ha affermato il pentito. “Gli chiesi se era quello di Canale 5 e lui mi disse di sì, e che c’era anche un nostro compaesano, Dell’Utri. Graviano disse che grazie alla serietà di queste persone tenevamo il paese nelle nostre mani”.

Più avanti Spatuzza ricorda un incontro con Filippo Graviano, altro capo dello stesso clan, nel carcere di Tomezzo, dove il boss sta scontando un ergastolo. “Nel 2004 era molto giù, io gli parlai dei nostri figli, di non fargli fare la nostra stessa vita… Mi disse che avrebbe fatto sapere a suo fratello Giuseppe che se non fosse arrivata una cosa che doveva arrivare, avrei dovuto parlare con i giudici”.

Davanti alla richiesta del giudice Gatto di spiegare “da dove doveva arrivare”, Spatuzza cita nuovamente Berlusconi e Dell’Utri. “Perché ha tardato tanto tempo per parlare di loro?” incalza il giudice. “La mia paura a parlare del primo ministro era ed è tanta. Quando ho iniziato a parlare con i giudici dell’antimafia, Berlusconi era primo ministro, e il ministro della Giustizia era uno (Angelino Alfano) che io ritenevo essere il vice di Dell’Utri”.

Spatuzza iniziò ad allontanarsi da Cosa Nostra nel 1999. “Avevo iniziato un percorso di ravvedimento personale, è stato un cammino bellissimo e doloroso allo stesso tempo”, ha detto. Fu aiutato dal cappellano della prigione e dal vescovo dell’Aquila, monsignor Molinari, che lo confessò “due o tre volte”, secondo quanto ha raccontato.

Probabilmente, una volta convertito alla religione, il pentito voleva veder revocata la scomunica che ricadeva su di lui, dopo l’assassinio del prete siciliano Don Pino Puglisi. “Devo onorare tutti quei morti, tutta quella tragedia. Ho passato molti anni nel male; ora devo fare del bene. È un mio dovere”, ha sostenuto.

Le accuse di Spatuzza sono state definite “assurde”da Silvio Berlusconi. “Sono accuse che si commentano da sole. In Italia non c’è nessuno disposto a credere a queste assurdità”, ha commentato all’uscita dal Consiglio dei Ministri.

Marcello Dell’Utri, che ha parlato con i media presenti nel Tribunale di Torino, ha detto che l’interesse della mafia è “far cadere il Governo che sta lottando contro Cosa Nostra come mai nessuno prima”. “Spatuzza è un pentito della mafia, non dell’antimafia” ha sottolineato.

I giudici vogliono ora verificare l’attendibilità del testimone. Il processo d’appello di Dell’Utri proseguirà a Palermo l’11 dicembre con le dichiarazioni in videoconferenza dei capi Filippo e Giuseppe Graviano.

(Articolo originale di Miguel Mora)

mercoledì 18 novembre 2009

Italia dall'Estero - Berlusconi all’opera per evitare la giustizia

Pubblico un articolo de Le Figaro del 13 novembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi all’opera per evitare la giustizia

Giovedì mattina è stato depositato in Senato il progetto di legge che limiterà il tempo accordato ai tribunali per condurre a termine un processo. L’adozione di tale legge manderebbe in prescrizione due dei processi nei quali il Cavaliere è imputato.

Sei anni: è il limite massimo che verrebbe accordato ai tribunali per portare a termine i processi in Italia. Questo è su per giù il succo del progetto di legge presentato giovedì mattina al Senato dal partito di Silvio Berlusconi (PDL) e dalla Lega Nord. La sua adozione eviterebbe al presidente del Consiglio di dover comparire di fronte alla giustizia.

Il testo risulta da un laborioso compromesso al quale martedì sono intervenuti Silvio Berlusconi ed il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini. Durante il faccia a faccia, che si è detta quanto si dice turbolento, è stato convenuto d’imporre un limite di tempo di due anni ad ogni fase giudiziaria, prima istanza, appello e Cassazione. In Italia c’è bisogno da otto a nove anni – e alla volte di più – per ottenere una sentenza definitiva.

In caso di mancata emissione di una sentenza definitiva entro sei anni [dal rinvio a giudizio, N.d.T.], le azioni giudiziarie per gli imputati che hanno commesso un reato che prevede una pena inferiore ai dieci anni di carcere e non sono pregiudicati, dovranno essere abbandonate.

Tutta una serie di gravi delitti, ad eccezione della corruzione, sono esclusi dal campo di applicazione della legge: pedofilia e delitti sessuali di ogni natura, immigrazione clandestina, crimini di sangue, incendi dolosi, appartenenza alla mafia e terrorismo.

L’Associazione Nazionale dei Magistrati (ANM) si dichiara sorpresa: “Sono almeno 100 000 i processi che salteranno, con un grave danno per coloro che reclamano giustizia”, afferma. E’ così che gli responsabili del crac del gruppo Parmalat, una frode di 14 miliardi di euro che ha leso 100 000 piccoli azionisti, non sarà più giudicata.

L’adozione del testo, che avrà senza dubbio la priorità in Parlamento, gioverà anche e in primo luogo, al presidente del Consiglio.

Lunedì riprende a Milano contro di Berlusconi il processo aperto per corruzione giudiziaria nell’affare David Mills. Questo avvocato d’affari britannico è stato condannato in appello a quattro anni e mezzo di prigione, per aver mentito durante una testimonianza sotto giuramento nel 1997, che riguardava le filiali straniere del gruppo Fininvest appartenenti al capo del governo. Silvio Berlusconi non si presenterà alla sbarra/al banco degli imputati. Presiederà quel giorno, a Roma, un vertice mondiale sull’alimentazione, che riunirà una cinquantina di leader del pianeta. Se la legge fosse adottata, questo processo, aperto 3 anni fa, sarebbe già prescritto. E lo sarà in ogni caso ad aprile 2010.

Sarà lo stesso per un altro processo di sovrafatturazione per l’acquisizione nell’acquisto di diritti televisivi, che deve riprendere a Milano a fine novembre e i cui termini di prescrizione non interverrebbero prima del 2012.

L’opposizione promette di che porterà avanti in Parlamento una battaglia accanita. I magistrati sono sul piede di guerra. Ma l’ostacolo principale che Silvio Berlusconi dovrà sormontare è al Quirinale. Il Presidente Giorgio Napolitano non è pronto a promulgare una legge che valuterà contraria alla Costituzione.

(Articolo originale di Richard Heuzé)

martedì 17 novembre 2009

Italia dall'Estero - Ordine di arresto per un’alta carica per rapporti con la Camorra

Pubblico un articolo di El País dell'11 novembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Ordine di arresto per un’alta carica per rapporti con la Camorra

Un giudice di Napoli ha emesso un ordine di arresto per Nicola Cosentino, sottosegretario all’Economia del governo di Silvio Berlusconi, deputato e coordinatore regionale del Popolo della Libertà (PDL) in Campania, per sospetto “concorso esterno in associazione mafiosa” con il sanguinario clan dei Casalesi. La Camera dei Deputati ha ricevuto ieri l’ordine di arresto e ora la maggioranza conservatrice deve dare l’autorizzazione affinché venga eseguito.

Cosentino (Casal di Principe, 1959) è il potente politico locale che aiutò Berlusconi a risolvere in pochi giorni la crisi dell’immondizia che nei primi mesi del 2008 sommerse Napoli e la sua regione. Il giudice sospetta che “dagli anni Novanta Cosentino abbia aiutato a rinforzare la cupola e le attività del gruppo camorrista diretto dalle famiglie Bidognetti e Schiavone”, come riportato nel capo d’accusa reso noto ieri.

Le accuse svelano il funzionamento di una “società” formata dal clan dei Casalesi con Cosentino. Quest’ultimo riceveva “l’appoggio elettorale” della Camorra, che gli permise diventare consigliere provinciale di Caserta nel 1990, consigliere regionale della Campania nel 1995 e deputato di Forza Italia nel 1996, fino ad assumere l’incarico di coordinatore regionale del PDL.

In cambio Cosentino avrebbe “garantito una relazione continua tra le imprese mafiose e le amministrazioni pubbliche e municipali”. Nell’accusa, il giudice fa riferimento alle pressioni che Cosentino avrebbe esercitato a favore di una impresa che operava nel settore dell’immondizia, affinché ottenesse una certificazione antimafia. Questa società che egli stesso controllava nell’ombra, permetteva il reinvestimento di denaro proveniente da attività illegali con fini elettorali.

(Articolo originale di Miguel Mora)

giovedì 12 novembre 2009

Italia dall'Estero - Impedire l’esposizione dei crocifissi non è contrario alla religione

Pubblico un articolo di Conjur del 7 novembre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Impedire l’esposizione dei crocifissi non è contrario alla religione

La decisione della Corte Europea dei Diritti Umani sul caso Lautsi contro l’Italia, la prima contraria all’esposizione dei crocifissi nelle scuole pubbliche italiane, non può essere considerata ostile alla religione. Il giudizio è stato fondato interamente sulla Convenzione Europea dei Diritti Umani (1950) che impone agli stati firmatari, inclusa l’Italia, l’obbligo di rispettare il diritto che i genitori hanno di educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose e filosofiche.

I due figli della signora Lautsi frequentavano una scuola pubblica in cui in tutte le aule era esposto un crocifisso appeso al muro. Irritata dall’influenza quotidiana che questo simbolo esercitava sull’educazione religiosa dei suoi figli, e argomentando che la situazione avrebbe violato il principio della laicità dello Stato italiano, tentò di risolvere il problema rivolgendosi alla direzione della scuola.

Poiché la scuola decise di mantenere i crocifissi, presentò senza successo il caso alla Giustizia italiana. In seguito la Lautsi si rivolse alla Corte Europea dei Diritti Umani, che ha condannato lo Stato italiano a pagare 5.000 euro a titolo di indennizzo.

La Corte ha deliberato che l’esposizione del crocifisso limita il diritto di alcuni genitori a educare i propri figli secondo le proprie convinzioni e anche il diritto dei bambini a credere o non credere. La presenza del simbolo religioso rappresenterebbe per i bambini una sottile imposizione del credo raffigurato, sottoponendoli a una costrizione.

La sentenza, emessa il 3 novembre da un collegio di sette giudici della Corte di Strasburgo, si appoggia alla legislazione internazionale sui diritti umani.
Secondo l’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, “chiunque ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”. Inoltre secondo l’art. 2 del protocollo n.1 della stessa convenzione “lo Stato deve rispettare il diritto dei genitori a garantire educazione ed insegnamento in conformità con le proprie convinzioni religiose e filosofiche”.

I giudici all’unanimità hanno deliberato che nel caso specifico c’è stata violazione di questi due articoli della convenzione. È importante osservare che la decisione non impedisce l’uso del crocifisso da parte del cittadino, che è soggetto attivo del diritto alla libertà religiosa. Questi potrà usare i suoi simboli religiosi nelle scuole pubbliche senza restrizione.

Viceversa, in un contesto non confessionale o laico, lo Stato non è soggetto attivo del diritto alla libertà religiosa. Così l’esposizione dei simboli religiosi da parte dello Stato viola la sua neutralità e l’uguaglianza dei cittadini rispetto alle differenze religiose che esistono nella società. Lo Stato, in pratica, non ha il diritto di esibire simboli religiosi. A questo spetta di proteggere i diritti e le libertà del cittadino.

Inoltre la sentenza della Corte non si estende alle scuole private a carattere confessionale. La decisione della Corte rappresenta una conquista storica a favore dell’uguaglianza della libertà religiosa per tutti i cittadini.
È certo che l’esposizione del simbolo di un’unica religione in tutte le classi delle scuole pubbliche in Italia non può considerarsi un diritto, bensì un privilegio che viola la laicità dello Stato e il principio universale di libertà religiosa.

Perciò non si può dire che la decisione è contraria alla religione. Nei fatti, la Corte Europea si è messa dalla parte dell’essere umano, i cui diritti devono essere difesi.
Infine non c’è dubbio che quest’importante sentenza di Strasburgo è conforme al diritto internazionale e in linea con la lotta costante per proteggere i diritti e le libertà fondamentali della persona umana e la sua dignità.

Aldir Guedes Soriano è avvocato e membro della Commissione per il Diritto e la Libertà Religiosa dell’OAB-SP (Ordem dos Advogados do Brasil – Seção de São Paulo), nonché coordinatore dell’opera collettiva Diritto alla libertà religiosa: sfide e prospettive per il secolo XXI.

(Articolo originale di Aldir Guedes Soriano)

martedì 3 novembre 2009

Italia dall'Estero - I giudici del processo a Dell’Utri convocano il pentito chiave

Pubblico un articolo di El País del 30 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

I giudici del processo a Dell’Utri convocano il pentito chiave

Il braccio destro di Silvio Berlusconi era stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa

Il sicario siciliano Gaspare Spatuzza, che ha confessato di essere stato l’autore dell’attentato al magistrato Paolo Borsellino ucciso nel luglio del 1992 da un’autobomba assieme ai sei uomini della sua scorta, sarà ascoltato dal Tribunale d’Appello di Palermo nelle prossime settimane.

I giudici che sono chiamati a decidere sull’appello proposto dal senatore Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, hanno deciso oggi di convocare il collaboratore di giustizia, accogliendo così la richiesta del Pubblico Ministero Nino Gatto.

Gli avvocati di Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia con Silvio Berlusconi e oggi senatore del Popolo della Libertà, hanno rifiutato la convocazione del testimone, però i magistrati hanno considerato “assolutamente rilevante” procedere al suo interrogatorio prima di emettere il verdetto.

Le precedenti dichiarazioni di questo pentito hanno già reso necessaria la riapertura del caso Borsellino, il magistrato assassinato in via D’Amelio a Palermo, chiuso diversi anni fa con varie condanne passate in giudicato e tre sentenze della Corte di Cassazione.

Spatuzza, detenuto in un carcere di massima sicurezza, negli ultimi quattro mesi è stato interrogato dai Pm antimafia di Palermo, Caltanissetta e Firenze, e la sua versione dei fatti tira in ballo non solo Dell’Utri ma anche Silvio Berlusconi, l’attuale primo ministro.

Secondo Spatuzza, la mafia siciliana utilizzò la campagna stragista del 1992 contro i magistrati Falcone e Borsellino, e i successivi attacchi bomba a Milano e Firenze, per forzare una negoziazione politica con lo Stato. E furono proprio Berlusconi, Dell’Utri e Forza Italia ad incarnare, da quel momento fino al 2004, “il referente politico di Cosa Nostra”, sostituendo in questo compito la Democrazia Cristiana, ormai estinta.

Fu il boss Giuseppe Graviano a confermare i fatti a Spatuzza, in due incontri con altri due boss mafiosi: Cosimo Lo Nigro e Filippo Graviano, fratello di Giuseppe. Dopo aver interrogato Spatuzza, i magistrati di Palermo decideranno se convocare anche i Graviano e Lo Nigro.

Tempi e contenuti delle dichiarazioni di Spatuzza coincidono con le rivelazioni di Massimo Ciancimino, figlio del sindaco di Palermo (democristiano e mafioso) Vito Ciancimino. Massimo Ciancimino giovedì scorso ha consegnato ai Pm di Palermo il papello originale che Cosa Nostra fece arrivare a suo padre con 12 rivendicazioni della Mafia allo Stato.

Il senatore Dell’Utri (Palermo, 1941) è un collaboratore stretto di Berlusconi fin dagli anni settanta. Dopo aver cominciato a lavorare presso la Edilnord, l’impresa edilizia di Berlusconi, come segretario personale, nel 1974 Dell’Utri ingaggiò il mafioso Vittorio Mangano come presunto stalliere per la residenza di Arcore. In realtà, secondo il tribunale di Palermo, che condannò Dell’Utri nel 2004, Mangano fu ingaggiato per proteggere la famiglia Berlusconi da possibili sequestri, e sia il Cavaliere che lo stesso Dell’Utri conoscevano il suo “spessore criminale”.

La settimana scorsa Dell’Utri ha criticato il modus operandi dei giudici antimafia, sostenendo che vi sia “un’organizzazione per dare rilevanza mediatica a delle banalità: evidentemente ci sono obiettivi superiori”. Dopo di che si è chiesto: “Perché i magistrati, invece di perdere tempo con me, non indagano sugli autori degli attentati?”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

lunedì 2 novembre 2009

Italia dall'Estero - Le tattiche televisive di Berlusconi mettono a disagio l’Italia

Pubblico un articolo del Guardian del 23 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Le tattiche televisive di Berlusconi mettono a disagio l’Italia

Quando la Corte Costituzionale ha tolto al Presidente del Consiglio l’immunità giudiziaria, questi ha promesso di difendersi nell’unica arena che conta veramente. “I due processi contro di me sono farsa, risibili, assurdi e illustrerò questo agli italiani anche andando in televisione”, ha dichiarato.

Berlusconi dovrà affrontare in aula due processi che riprenderanno verso la fine di quest’anno. E’ accusato di frode fiscale e falso in bilancio nell’acquisto di diritti televisivi da parte di Mediaset e di aver corrotto l’avvocato inglese David Mills in cambio di falsa testimonianza per proteggere il suo impero d’affari. Berlusconi rifiuta ogni accusa.

Ma in una nazione in cui quasi l’80% della popolazione si informa principalmente attraverso la televisione, il potere che questa ha nella formazione dell’opinione pubblica non sarà mai evidenziato abbastanza. E il Presidente del Consiglo ne è ben consapevole: essendo il proprietario di Mediaset e controllando anche l’emittente pubblica RAI, riesce a dominare i canali guardati tutti i giorni da quasi il 90% degli italiani. Berlusconi una volta ha affermato a un suo socio: “Non capisci che se una cosa non è in televisione non esiste?”.

Ma adesso che il Premier è sulla difensiva dopo mesi di scandali sessuali e contraccolpi legali, in molti temono che usi la sua presa sui mezzi di comunicazione italiani per soffocare le critiche. Quando un giudice ha ordinato alla Fininvest di pagare 750 milioni di euro per danni da corruzione nella battaglia per il controllo di un’azienda, Berlusconi ha promesso: “Su questo ne sentirete delle belle”. Qualche giorno dopo una troupe di Canale 5 della Mediaset ha rintracciato il giudice per le strade di Milano, criticandolo perché fumava troppo e perché indossava dei calzini di un turchese “eccentrico”, sollevando in seguito proteste da parte dei magistrati e un’ondata di calzini simili comparsi tra i ranghi dell’opposizione.

“Berlusconi ha sempre usato i suoi mezzi di comunicazione per distruggere, punire, ridicolizzare e umiliare chi percepisce come suo nemico” ha dichiarato Alex Stille, un autore che scrive sull’Italia. “Ma l’intensità dell’ultima campagna, in cui chiunque critichi Berlusconi viene segnalato come iniziatore di un campagna diffamatoria, è singolare e molto preoccupante”.

PREDATORE DELLA LIBERTA’ DI STAMPA?

Quando l’editore del quotidiano della CEI aveva criticato la relazione del Presidente del Consiglio con una modella adolescente, il quotidiano Il Giornale di proprietà del fratello di Berlusconi l’ha accusato di omosessualità, costringendolo a dimettersi. Berlusconi ha dato avvio ad azioni legali nei confronti dei quotidiani italiani ed esteri che hanno scelto di pubblicare le affermazioni di una accompagnatrice a pagamento sui presunti incontri sessuali col Presidente del Consiglio avvenuti dopo una festa a novembre.

Agli italiani è stato anche propinato il bizzarro spettacolo allestito dal quotidiano appartenente alla famiglia del Presidente del Consiglio che incitava i cittadini a non pagare il canone per la televisione pubblica in seguito alla furia di Berlusconi nei confronti delle critiche velate da parte dell’emittente.

Una manifestazione per la libertà di stampa tenutasi a Roma questo mese ha attirato circa 100 000 persone. L’organizzazione Reporters Sans Frontièrs ha dichiarato che l’Italia è scesa nella sua classifica per il secondo anno di fila, piazzandosi alla 49ima posizione, e a Berlusconi manca poco per essere aggiunto alla sua lista dei Predatori della Libertà di Stampa, la prima volta per un leader europeo.

“La situazione è piuttosto preoccupante e Berlusconi esercita un’influenza pericolosa per la qualità della democrazia italiana” ha dichiarato Daniele Albertazzi, professore universitario di media europei presso l’Università di Birmingham. Questo mercoledì Berlusconi è riuscito a evitare per poco una mozione di sfiducia da parte del Parlamento Europeo grazie ai suoi alleati nel partito conservatore, che hanno respinto col margine di soli tre voti una risoluzione contro di lui. Ma il gesto è stato soprattutto simbolico: Bruxelles non ha il potere per intervenire e Berlusconi non ha infranto la legge italiana sulla proprietà dei mezzi di comunicazione.

CONTA SOLO LA TV

La legge sui mezzi di comunicazione del 2004, abbozzata dal precedente governo, stabilisce che un singolo deve essere proprietario di più del 20% dei media per incorrere in una sanzione, e per media in questo caso s’intende tutto, da internet passando per gli 800 giornali locali fino ai 150 quotidiani nazionali. Berlusconi, oltre alla sua morsa sulla televisione, controlla la casa editrice e l’agenzia pubblicitaria più importanti ed anche un settimanale, ma tutto ciò è soltanto una piccola parte del suo impero mediatico.

“Il problema in Italia è che l’unico sistema importante abbastanza per influenzare il modo in cui la gente vota e pensa è la televisione” ha dichiarato Albertazzi. I tassi di penetrazione di Internet in Italia sono ben al di sotto della media europea e la tiratura dei quotidiani è bassa e limitata alle classi abbienti. Il quotidiano di maggior diffusione, il Corriere della Sera, vende mezzo milione di copie: solo una frazione rispetto ai tre milioni venduti dal tabloid The Sun nel Regno Unito.

In contrasto, il 46% degli italiani trascorre dalle 2 alle 4 ore al giorno di fronte alla televisione, con una percentuale del 17% che vi trascorre più di 4 ore. E anche se l’agenzia di controllo Agcom ha multato Mediaset per la sua mancanza di imparzialità, queste sanzioni hanno avuto un impatto limitato.

I parlamentari dell’opposizione hanno criticato la scelta della RAI, definendola come motivata politicamente, di abbandonare la piattaforma Sky Italia appartenente a Rupert Murdoch e di lanciare un servizio congiunto assieme a Mediaset, il suo diretto concorrente nel mercato della televisione non criptata.

Molti dei sostenitori del Partito Democratico – tra cui il leader Dario Franceschini- si sono rammaricati per il fatto che la sinistra non sia riuscita a varare una legge sul conflitto d’interessi, malgrado sia stata al governo due volte dopo la discesa in campo di Berlusconi nel 1994. Ed ora è proprio Berlusconi a proporre una sua legge. Ha promesso di intraprendere un processo di riforma della Costituzione con l’obiettivo di aumentare i poteri del Presidente del Consiglio e di mettere i Pubblici Ministeri sotto il controllo diretto del governo.

“Sarebbe una modifica molto importante della Costituzione verso una forma di governo populista senza i pesi e i contrappesi necessari in democrazia” ha dichiarato James Walston dell’Università Americana di Roma. “E’ quasi certo che le riforme economiche urgenti saranno accantonate”.

(Articolo originale di Daniel Flynn)

Italia dall'Estero - Silvio, è ora che te ne vada

Pubblico un articolo di Newsweek del 12 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio, è ora che te ne vada

L’Italia non può più permettersi le buffonate del suo playboy numero uno.

Le intimidazioni ed i raggiri nei confronti dei propri nemici, la modifica delle leggi per adattarle alle proprie esigenze e, in generale, il condurre sia la vita pubblica sia quella privata in flagrante, tutto ciò colloca Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio italiano, in un pantheon tipicamente italiano.

Pensiamo a Nerone o ai Borgia, al panem et circenses, alla dissolutezza e alla corruzione. Non importa se siamo nel 2009: basta considerare solo alcuni degli scandali che hanno fatto tremare il trono di Berlusconi negli ultimi mesi. L’ex moglie lo ha accusato di frequentare ragazze minorenni. Squallide registrazioni a sfondo sessuale di una accompagnatrice a pagamento che afferma di intrattenuto il Cavaliere, ricevendo, in cambio, una candidatura al Parlamento europeo. E uno spacciatore di cocaina ha rivelato di aver fornito prostitute ai festini romani del Premier. Tutto questo si somma alle foto scattate nella villa sarda del Presidente del Consiglio, che mostrano un illustre ospite che si diverte come un virile satiro.

Inoltre, la settimana scorsa, il magnate dei media ora politico è stato colpito da due sentenze devastanti. La prima lo ha dichiarato in parte responsabile di aver corrotto un giudice in una guerra tra imprese nei primi anni ‘90, e lo condanna a pagare un risarcimento di 750 milioni di €. La seconda sentenza, pronunciata dalla Corte Costituzionale, ha stralciato una legge che concedeva al Presidente del Consiglio l’immunità giudiziaria, esponendolo, quindi, a nuovi processi per tangenti e a inchieste per presunti legami con la criminalità organizzata.

Il Presidente del Consiglio sostiene miseramente la propria innocenza relativamente alle accuse. Ricorrerà in appello per la sentenza di danno patrimoniale e ha criticato la Corte costituzionale. Sostiene di essere vittima di una caccia alle streghe orchestrata dalla sinistra, dai comunisti e dagli interessi di aziende straniere. Si potrebbe pensare che tutti questi problemi sarebbero sufficienti per convincere ad abbandonare la politica questo 73enne miliardario self-made man ed ex-cantante sulle navi da crociera. Ma non è così. Berlusconi pensa di andare avanti – e potrebbe anche farcela. Recenti sondaggi stimano i consensi al 63%, i suoi avversari politici del centro-sinistra sono allo sbando e gli aspiranti successori di destra stanno ancora manovrando per il posto. Se Berlusconi sfrutta la nuova sentenza del tribunale per forzare le elezioni, potrebbe persino riuscire a rafforzare la sua maggioranza parlamentare.

Ma il fatto che possa rimanere al potere non significa che dovrebbe farlo. È arrivato il momento per l’Italia di guardare avanti. Dire: “Silvio, è ora che te ne vada” non significa essere complottisti o accondiscendenti. E’ solo una questione di buon senso.

Negli Stati Uniti c’è un detto: “Gli amici non consentono agli amici di guidare ubriachi.” Berlusconi non è mai stato un bevitore, ma è evidente che più passa il tempo, più si ubriaca di potere e di se stesso – e se dovesse rimanere al timone dell’Italia, potrebbe distruggere il Paese, arrecando danni anche all’Europa e forse anche alla NATO. Sono tempi difficili per Roma, che deve percorrere strade pericolose, da Wall Street all’ Afghanistan. L’Italia affronta problemi urgenti. Eppure, invece di concentrarsi su ciò che ha davanti, Berlusconi travolto dagli scandali fissa lo specchietto retrovisore, dando la caccia a magistrati, giornalisti, cospiratori comunisti, aspiranti successori – per non parlare delle donne adirate – che lo perseguitano.

C’è stato un momento in cui Berlusconi si considerava il salvatore dell’Italia, e in un certo senso potrebbbe essere stato così. Nei primi anni ‘90, la sua scelta di entrare in politica potrebbe essere stata egoistica soltanto in parte. Spesso si è sostenuto che Berlusconi temeva che il suo vasto impero mediatico potesse finire preda di indagini per corruzione se non avesse messo al potere sé stesso o qualcuno molto vicino a lui. Molte delle sue scelte aziendali sono state agevolate da politici indagati. Ma Berlusconi ha anche avuto un ruolo importante nella politica italiana.

La classe politica italiana era stata decimata dall’inchiesta “Mani pulite”, lasciando un vuoto nel centro-destra, che Berlusconi ha saputo perfettamente colmare. “Gli elettori moderati non avevano più referenti politici” aveva dichiarato a Newsweek nel 2006. “So che i cimiteri sono colmi di persone ‘indispensabili’. Ma in quel momento penso che non vi fosse altra possibilità per il mio Paese” per uscire dalla crisi politica. Voleva dare agli elettori di centro “la dignità del passato e la speranza per il futuro”.

L’imprenditore Berlusconi è diventato l’antipolitico per eccellenza. La sua diffidenza nei confronti del governo e l’avversione per le tasse hanno saputo far breccia nei piccoli imprenditori, la forza trainante dell’economia italiana. Ha anche saputo dar voce alla quella grossa parte della classe operaia che si sentiva minacciata dagli immigrati che si spostavano nei loro quartieri, entrando in competizione per i posti di lavoro. La sinistra italiana, nel frattempo, si era fossilizzata, diffamando le autorità e aggrappandosi agli ideali della giustizia sociale che la società italiana aveva abbandonato. Se c’era qualcuno in grado di traghettare il paese nel XXI secolo, costui sembrava essere Il Cavaliere.

In questo senso, il più grande crimine di Berlusconi non è perseguibile legalmente. È piuttosto il fatto di non aver mai mantenuto le sue promesse. Come un imperatore romano decadente, invece, ha assecondato le debolezze della società, ha tollerato gli eccessi e ha incoraggiato l’irresponsabilità su quasi tutti i livelli. Se fosse stato il padre del suo Paese, avrebbe dato da mangiare ai propri figli soltanto zucchero puro.

A nessuno piace pagare le tasse. Ma è raro sentir dire a un politico: “Dobbiamo lottare contro l’evasione fiscale, ma anche difendere i diritti degli evasori fiscali o le società che commettono errori”, come fece nel 2006. Malgrado Berlusconi sostenga che la sua popolarità deriva dal modo in cui riflette ciò che gli italiani vogliono, ha fatto di tutto per trasformare gli italiani nel riflesso di sé stesso.

L’atteggiamento umiliante del Presidente del Consiglio nei confronti delle donne, per esempio, è un dispositivo politico e un vizio personale. “Penso che gli italiani si riconoscano in me”, ha sentenziato di recente a un raduno giovanile. “Sono uno di loro. Ero povero. Sono interessato alle stesse cose. Amo il calcio. Sorrido. Amo gli altri e, soprattutto, le belle donne”. Videocracy, un documentario presentato al Festival di Venezia il mese scorso, tratteggia in modo doloroso e spietato come Berlusconi abbia puntato sulla curiosità morbosa della gente per costruire il suo impero mediatico privato negli anni ‘80. Un simbolo di quegli anni è stato un gioco in cui casalinghe sexy si toglievano un indumento ogni volta che un concorrente rispondeva correttamente a una domanda. Con grembiuli, guanti di gomma o foulard per capelli, che cadevano a terra, Berlusconi ha rafforzato l’immagine che avrebbe contribuito ad emarginare le donne italiane nei decenni a venire. Oggi nelle sue reti, e, in certa misura, anche nei canali pubblici che controlla, le casalinghe sono state sostituite da donne sempre più giovani che indossano lustrini, giarrettiere e tanga, che si agitano attorno a uomini più anziani che ricordano i dipinti del re Nettuno circondato da sirene o, piuttosto, il Presidente del Consiglio Berlusconi in uno dei suoi festini.

I fedeli sostenitori del Cavaliere sono stati così conquistati dalla sua immagine che in un recente congresso a Milano del suo partito, il “Popolo della Libertà”, anche le delegate si sono affrettate a difenderlo, liquidando le storie piccanti raccontate sul suo conto come inutile gossip, orchestrazioni dei nemici o conferme della sua mascolinità. “Se ha tante donne” ha detto la casalinga Carmela Mamone “significa che è un vero uomo”.

Quello che manca, in questo scenario, è la volontà politica di fare qualcosa che non sia la semplice sopravvivenza. E l’Italia non può permettersi un egocentrismo così cieco. È il paese con la popolazione più anziana in Europa e la seconda più anziana al mondo, dopo il Giappone. Gli immigrati che alimentano la forza lavoro sono sfruttati e discriminati. Il costo delle pensioni sta erodendo il bilancio nazionale. L’infrastruttura commerciale del paese è barcollante e paralizza la possibilità di rafforzare la crescita economica.

Fino all’inizio degli anni ‘90, l’Italia era uno dei paesi più virtuosi dell’Europa. Adesso è uno dei peggiori e il FMI si attende un calo del PIL del 5,1% quest’anno, molto superiore a quello della zona euro. La situazione dell’istruzione è imbarazzante (un recente rapporto l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha sottolineato che gli unici paesi OCSE in cui i bambini hanno una situazione scolastica peggiore di quella italiana sono il Messico e la Turchia). Lo sviluppo dipende dallo stato di diritto, ma le mafie in Italia ancora si collocano tra le attività di maggior successo, con un fatturato di 130 miliardi di € all’anno.

I fallimenti della politica di Berlusconi sono tangibili ovunque. I tentativi di migliorare l’istruzione si sono limitati a poco più di un mero taglio ai costi. Niente è stato fatto per affrontare la riforma del welfare. E nonostante la promessa retorica di diminuire le tasse durante la campagna elettorale, il governo probabilmente le aumenterà quest’anno. Nell’iniziale iperattività da Presidente del Consiglio, la polizia di Berlusconi ha fatto cadere uno degli ultimi potenti padrini siciliani, Bernardo Provenzano. Ma i magistrati in Sicilia hanno tentato così spesso di collegare Berlusconi alla mafia, benché le accuse non siano mai state provate, da compromette quanto ha fatto.

A livello internazionale, il comportamento di Berlusconi e la reputazione travolta dallo scandalo non fanno semplicemente storcere il naso: ledono direttamente gli interessi dell’Italia. Nonostante il putiferio scatenato subito dopo l’elezione del Presidente Barack Obama con la battuta sull’“abbronzatura” del primo presidente afro-americano, Berlusconi ha pensato di provarci nuovamente al rientro dal vertice dei G20 a Pittsburgh, il mese scorso. Ha portato i saluti dagli Stati Uniti, come ha dichiarato ai suoi sostenitori conservatori. “Vi devo portare tanti saluti da un signore che è abbronzato e si chiama, si chiama… Barack Obama”, ha ironizzato il Presidente del Consiglio aggiungendo: “In spiaggia vanno in due perché è abbronzata anche la moglie Michelle”.

Franco Frattini, Ministro degli esteri e alleato di Berlusconi da molto tempo, è pronto a difendere subito il suo capo. “L’Italia dovrebbe essere giudicata per i propri meriti e successi, non per gli scandali”, dichiara. Ma di certo gli scandali non gli facilitano il lavoro. “Devo perdere tempo a spiegare la verità”, afferma. “Se leggete i giornali, lo scandalo è in prima pagina, ma se si guarda a pagina quattro o cinque, si vede come il mondo chieda all’Italia di aiutare il Libano, come l’America apprezzi il lavoro svolto dal nostro paese in Afghanistan (…). Ma sappiamo tutti che una buona notizia non fa notizia”.

Se solo fosse così semplice. L’Italia è ancora la settima economia più importante al mondo ed è un membro della NATO, del G20, della zona euro e di quasi tutti gli altri club delle nazioni potenti. Ma ha un’importanza minore di quanto vuole far credere. Le volgari battute di Berlusconi e la sua reputazione mettono a disagio gli altri capi. Non sorprende, quindi, che l’Italia sia spesso lasciata in disparte. Per citare un importante esempio recente, Roma è stata esclusa dal gruppo di contatto per trattare con l’Iran sull’arsenale nucleare. Berlusconi non facilita le cose affermando di aver avuto un ruolo determinante in iniziative in cui, in realtà, il suo ruolo è stato marginale: per esempio, durante l’estate del 2008 quando affermava di essere stato lui ad inviare il presidente francese Nicolas Sarkozy in Georgia per contrastare l’invasione russa. I militari italiani sono andati in Iraq e in Afghanistan e hanno subito perdite drammatiche. Ma ha lasciato l’Iraq tanto tempo fa e vuole uscire dall’Afghanistan il prima possibile.

Sempre incline a dare maggiore risalto all’apparenza che alla sostanza, Berlusconi lavora duramente per assicurarsi che, attraverso azioni legali, indagini e pressione politica, gli italiani ricevano solo le buone notizie. Quando circa 100 000 manifestanti si sono riversati nelle strade di Roma per sostenere la libertà di stampa, l’evento ha avuto poca o nessuna copertura nei principali TG nazionali. E non c’è da meravigliarsi: Berlusconi controlla tutte e tre le reti televisive di Stato, le tre maggiori emittenti private, la casa editrice più grande del paese, un settimanale e un quotidiano di proprietà del fratello. Ogni volta che una rete statale ventila un giudizio critico, il Premier dichiara che i mezzi di comunicazione statali dovrebbero sostenere il governo e ha licenziato i giornalisti che lo hanno criticato. I segmenti che non controlla sono spesso bersaglio di azioni legali.

La tragedia è che l’Italia, una nazione di brillanti intellettuali e artisti, funzionari pubblici di talento e dirigenti creativi, potrebbe fare molto meglio. Si fanno nomi di possibili successori di Berlusconi: il presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo, Gianfranco Fini, l’erede progressista dell’ex ala fascista, il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il Ministro degli esteri Frattini e Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia. Ma dopo anni di rinvii a giudizio, inchieste, lotte di sinistra e di destra e l’abitudine di Berlusconi di prosciugare tutta l’aria di centro, sono pochi coloro che potrebbero salvare l’Italia.

La colpa finale potrebbe ricadere sugli italiani. Lo scrittore Umberto Eco ha scritto il mese scorso che gli italiani hanno accettato Berlusconi ed accetteranno il bavaglio della stampa. “E allora perché scrivere su quest’aspetto, quando la maggioranza degli italiani sanno ben poco, perché i mezzi di comunicazione, strettamente controllati da Berlusconi, raccontano poco o niente ai cittadini?” si chiede Eco. “La risposta è semplice. Nel 1931, il regime fascista di Mussolini fece giurare fedeltà a 1 200 professori universitari. Solo 12 si rifiutarono, perdendo il posto (…). Quei 12 salvarono l’onore della nostra università e del nostro Paese. Ecco perché si deve dire no, anche quando non si può fare nient’altro”.

Ed è per questo che l’Italia deve dire di no ancora una volta. E dire a Silvio “è ora di andartene”.

(Articolo originale di Christopher Dickey)

martedì 27 ottobre 2009

C'è il corrotto ma non (ancora) il corruttore

Riporto il flash che è comparso poco fa sul sito di Repubblica:

Mills condannato in Appello, confermata la corruzione

MILANO - La seconda sezione della Corte d'Appello di Milano, dopo 4 ore di camera di consiglio, ha confermato la condanna a quattro anni e sei mesi nei confronti dell'avvocato inglese David Mills per corruzione in atti giudiziari.

Il legale è stato condannato perchè, secondo la sentenza di primo grado, avrebbe ricevuto 600mila dollari da Silvio Berlusconi per essere un testimone reticente in due processi nei quali era imputato il presidente del Consiglio, quello su "All Iberian" e quello sulle tangenti ad uomini della Guardia di finanza.


Anche la Corte d'Appello ha confermato il reato, con un po' di dignità (se ne ha) Mr B. se ne dovrebbe andare ora più che mai. Hammamet non è poi così lontana.

giovedì 22 ottobre 2009

Italia dall'Estero - La fabbrica di buone notizie di Berlusconi

Pubblico un articolo del Guardian del 13 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

La fabbrica di buone notizie di Berlusconi

Nel 1937 il dittatore Benito Mussolini creò il MinCulPop – il Ministero per la Cultura Popolare – un ufficio governativo di propaganda, col chiaro scopo di controllare i media e di diffondere la versione ufficiale dei fatti.

Il MinCulPop aveva il compito di selezionare le notizie che potevano essere diffuse a livello nazionale e di inviare gli articoli e i comunicati alle sale stampa e alle stazioni radiofoniche. Era il modo che aveva il Duce per imporre una visione positiva del Paese, nascondendo i fatti veri. Mussolini era convinto che tutte le notizie cattive dovevano essere evitate e che l’Italia doveva essere dipinta come una nazione florida e felice. La parola propaganda era accuratamente evitata, così come le notizie che potessero mettere in cattiva luce l’Italia. Nulla di strano per una dittatura fascista.

Settantadue anni dopo la fondazione del MinCulPop, l’Italia ne ha lanciato la versione moderna. Presentato come un corpo speciale dedito al miglioramento dell’immagine del Paese, questo nuovo ufficio governativo avrà la responsabilità di diffondere buone notizie sull’Italia. Il governo afferma che è necessario per ragioni commerciali. L’Italia deve contrastare gli incessanti attacchi negativi partiti dai media di tutto il mondo nei confronti di Silvio Berlusconi e i suoi politici poiché essi danneggiano gli affari dell’Italia. Il turismo è in affanno in seguito ai numerosi attacchi della stampa e bisogna reagire velocemente per fare in modo che gli stranieri non scelgano destinazioni alternative all’Italia per le loro vacanze.

Essendo un questione di turismo, è toccato al Ministro per il turismo Michela Vittoria Brambilla fare la presentazione della nuova taskforce, alla quale parteciperà un gruppo di giovani giornalisti e esperti in comunicazione i quali avranno due compiti: monitorare la stampa estera ovunque nel mondo, “dal Giappone al Perù”, e “tempestare le sale stampa di notizie veritiere e positive”. È questa la veste della nuova unità anti-denigrazione – la quale potrebbe essere definita un po’ maliziosamente un dipartimento di propaganda – che inizierà a operare dal mese prossimo.

E anche se effettivamente sembra propaganda, il Ministro per il turismo ci rassicura che non è così. “Noi racconteremo i fatti. Potremmo evidenziare alcune iniziative del governo, nel caso fosse appropriato. Ma, soprattutto, racconteremo al mondo l’Italia generosa, vera e audace – l’Italia degli imprenditori, dell’arte, degli eventi culturali e dei nostri prodotti”. Ha aggiunto che ci sarà una sezione apposita all’interno della taskforce dedita alla fornitura di articoli per la stampa, di materiale per internet e di contenuti video.

Questa iniziativa non stupisce dopo le recenti critiche rivolte dal Presidente del Consiglio alla stampa estera, la quale, secondo lui, agisce contro l’Italia danneggiando non solo lui, ma anche tutto il Paese. E non sorprende che Berlusconi voglia contrattaccare le critiche che oramai vengono da quasi ogni angolo del pianeta.

Il Presidente del Consiglio ha ribadito il suo punto di vista durante l’assemblea degli industriali di Monza e Brianza: “Chi getta discreto sull’Italia lo getta anche sui prodotti e sulle imprese italiane.. Gli imprenditori dovrebbero ribellarsi a questo modo di agire anti-italiano”. La Brambilla si è limitata a dare forma alle idee di Berlusconi. Le sale stampa all’estero devono essere sommerse da storie italiane di successo, escludendo ogni riferimento a eventuali cattive notizie o critiche. Ma non preoccupatevi – questo non ha nulla a che fare con la propaganda. Non sembra per nulla la riedizione del MinCulPop. Si tratta soltanto di un modo per promuovere il turismo.

(Articolo originale di Manuela Mesco)

giovedì 15 ottobre 2009

Italia dall'Estero - Italia, membro UE

Pubblico un articolo del Volkskrant del 9 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Italia, membro UE

Editoriale

L’Unione Europea è più di un mercato comune. È anche un’alleanza di stati democratici, una comunità di valori. Nuovi stati membri vengono ammessi solo se rispondono ai requisiti europei nel campo della democrazia e dello stato di diritto.

È legittimo chiedersi quante possibilità di essere ammessa avrebbe oggi l’Italia se presentasse domanda di ammissione all’Unione Europea. A prima vista è una domanda inopportuna da rivolgere ad un Paese che, insieme al Benelux, alla Germania e alla Francia, fa parte del gruppo fondatore dell’Europa. Chi però ha una visione d’insieme degli sviluppi in Italia, non può far altro che concludere che il Paese, sotto la guida del premier Silvio Berlusconi, inizia a mostrare sempre maggiori tratti da ‘democrazia pilotata’.

In assenza di una opposizione efficace, in effetti solo il potere giudiziario riesce ancora a opporre qualche resistenza alla fame di potere del premier/imprenditore. Questa è stata la ragione che l’anno scorso ha spinto Berlusconi a far approvare dal parlamento una legge che gli garantisse l’immunità penale, come anche al presidente e ai due presidenti del parlamento. Mercoledì la Corte Costituzionale ha stabilito che questa legge è anticostituzionale. La Costituzione sancisce che tutti sono uguali davanti alla legge, quindi non possono essere fatte eccezioni per le alte cariche.

La reazione di Berlusconi, ai cui occhi l’ “assurda” sentenza prova che la Corte Costituzionale è un organo nelle mani della sinistra, non avrà sorpreso nessuno, ma non per questo è meno allarmante. Il capo di governo italiano ha già in passato dato prova di nutrire una concezione discutibile della divisione dei poteri.

L’atteggiamento sprezzante di Berlusconi non può nascondere il fatto che la sentenza sia stata un brutto colpo per lui.

L’Europa non può più mantenere il silenzio su Berlusconi.

La bocciatura della legge sull’immunità apre la strada alla messa sotto processo del premier per vari vecchi casi di corruzione che riguardano i suoi interessi imprenditoriali. Inoltre, la sentenza arriva in un momento in cui il premier è gia alle strette a causa delle sue scappatelle amorose. E, meno di una settimana fa, centinaia di migliaia di italiani hanno manifestato contro i tentativi di Berlusconi di imbavagliare la stampa.

In un altro paese membro dell’UE tutto ciò sarebbe stato sufficiente a costringere il premier a dimettersi, ma Berlusconi può ancora contare su un grande numero di sostenitori nel proprio paese. È l’espressione degli equilibri polarizzati dell’ Italia, dove senza dubbio aumenteranno le tensioni conseguenti alla sentenza e offriranno al premier una scusa per interessarsi ancora meno degli affari di Stato e salvaguardare ancora più la propria posizione.

In fondo, il problema non è Berlusconi, ma il sistema politico allo sbando del quale egli è il prodotto. L’opposizione italiana non può chiamarsi fuori causa, avendo spianato la strada al ritorno di Berlusconi con le sue croniche divisioni interne. Nel frattempo, le azioni di quest’ultimo non possono lasciare insensibili gli altri stati dell’UE. L’ Europa non può predicare la democrazia verso l’esterno, e allo stesso tempo continuare a tollerare che a casa propria ci si faccia gioco dei principi fondamentali dello stato di diritto.

(Articolo originale)

mercoledì 14 ottobre 2009

Italia dall'Estero - La Dolce Berlusconi

Pubblico un articolo del Washington Post del 13 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

La Dolce Berlusconi

Silvio Berlusconi è stato accusato di corruzione, evasione fiscale e sovversione della stampa . Sua moglie lo ha lasciato per via delle sue frequentazioni con prostitute e delle orge che organizza nella sua villa in Sardegna. Fa battute imbarazzanti (e le ripete, come nel caso dell’”abbronzatura” del Presidente Obama) e periodicamente sparisce per sottoporsi all’ennesimo intervento di chirurgia plastica. E’ in guerra con il sistema giudiziario italiano, con quasi tutti i giornalisti che non lavorano per lui e con la Chiesa Cattolica. La scorsa settimana la Corte Costituzionale ha revocato la sua immunità, per cui gli italiani si possono aspettare una nuova serie di avvisi di garanzia e scandali.

Ma la cosa più interessante del Presidente del Consiglio italiano è la seguente: gli italiani continuano a votarlo. La logora coalizione di cui è a capo – Il Popolo della Libertà – ha ottenuto una vittoria decisiva alle elezioni del 2008 e ha schiacciato l’opposizione durante le elezioni europee del giugno 2009. Che siate o meno d’accordo con le dichiarazioni di sua figlia, che dice che “verrà ricordato dai libri di storia come il leader più duraturo ed amato della storia della Repubblica” – non potete negare che sia stato lui la forza dominante nella politica italiana fin da quando divenne presidente del consiglio nel 1994. Ma perché?

Le risposte sembrano essere molteplici, alcune sono legate alla strana situazione di impasse che, in primo luogo, l’ha portato al potere. All’inizio degli anni ‘90 , il sistema politico italiano fu sconvolto da una serie di inchieste giudiziarie sulla profonda corruzione che permeava l’intera classe politica italiana. Come risultato, tutti i maggiori partiti politici e tutti i principali esponenti sparirono da un giorno all’altro, a volte letteralmente: Bettino Craxi, guida del Partito Socialista per quasi 20 anni, scappò in Tunisia per sfuggire all’arresto, per poi morire lì, in esilio.

Berlusconi si è infilato nel vuoto che si era creato, promettendo di affrontare questioni che nessun altro aveva osato avvicinare – specialmente l’immigrazione di massa dal Nord Africa – e di trattare problemi che nessun altro era stato in grado di risolvere, come il complicato sistema fiscale e la famosa burocrazia. Ma se si guarda indietro è ovvio che Berlusconi (che di fatto ha realizzato ben poche delle riforme promesse) ha anche creato la controrivoluzione: aveva fatto carriera nel vecchio sistema – come molti altri – e, una volta al potere, ha concluso l’epurazione iniziata dai giudici.

Gli italiani, mi ha raccontato Beppe Severgnini, “avevano paura del loro stesso coraggio”. Erano inoltre spaventati dal caos e in un paese che ha avuto, in media, un governo diverso ogni anno negli ultimi 60 anni, Berlusconi, una figura familiare da anni, è divenuto simbolo di una certa stabilità. La sinistra italiana è disorganizzata, il centro-destra è paralizzato e molte persone hanno preferito un male che conoscono già.

Naturalmente Berlusconi ha una marcia in più che nessun altro ha: la televisione popolare. Possiede e controlla tre canali principali e svariati canali digitali. Controlla di fatto la televisione di stato, in quanto Presidente del Consiglio. Ci sono giornali, riviste e talk-show trasmessi in tarda serata che lo criticano, ma non raggiungono lo stesso numero di persone. Proprio come il suo amico Vladimir Putin, Primo Ministro russo, non cerca di influenzare tutti i mezzi di comunicazione, ma solo quelli che raggiungono il maggior numero di elettori.

Tutto ciò può non essere determinante per una vittoria elettorale, ma di sicuro aiuta. Questa situazione ha fatto in modo che l’Italia diventasse il centro del più grande movimento per la libertà di stampa dopo l’ex Unione Sovietica.
Ma alla fine questa dominazione non può essere l’unica spiegazione a tutti i suoi voti. Ci deve essere qualcosa di attraente nello stesso Berlusconi. Severgnini lo ha definito uno “specchio” dell’Italia moderna, e puoi vederlo: un arricchito (come quasi tutti in Italia), sfacciato nel sbandierarlo (ricordate la villa in Sardegna); un amante delle donne e del calcio (possiede l’ A.C. Milan); leale con gli amici (al punto di proteggerli dalla legge); che chiaramente se la spassa a tutte quelle feste e sul suo yacht. Berlusconi rappresenta una caricatura dell’ideale di vita italiano.

E proprio perché lui è una caricatura, riesce a cavarsela in situazioni dove altri non riuscirebbero. Puoi vedere gli italiani che si intrattengono con le storielle di Berlusconi e poi si fanno grasse risate.
Tra l’altro, con Berlusconi come Presidente del Consiglio, non c’è bisogno di essere seri. Non ti devi preoccupare di geopolitica o dello stato del pianeta, di povertà o di stati falliti. Puoi startene a casa, rimanere sul leggero e discutere dell’ultimo scandalo legale. E forse, anche questo fa parte dell’attrattiva esarcitata da Berlusconi.

(Articolo originale di Anne Applebaum)

Italia dall'Estero - Berlusconi non deve portare l’Italia a fondo con sé

Pubblico un articolo della Reuters del 9 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi non deve portare l’Italia a fondo con sé

Parigi – Silvio Berlusconi sembra determinato a portare le istituzioni italiane a fondo con sé mentre annega in una palude di processi e scandali. Ma i suoi alleati politici non dovrebbero legare irrevocabilmente il proprio destino al suo.

Quando la Corte costituzionale italiana ha sentenziato questa settimana che il Presidente del Consiglio non è al di sopra della legge, invalidando uno statuto fatto a misura che gli garantiva l’immunità dalla persecuzione, la reazione di Berlusconi è stata quella di attaccare i membri della stessa Corte e il presidente Giorgio Napolitano e definirli sinistroidi prevenuti nei suoi confronti.

Berlusconi si trova di fronte a due processi, uno per presunta corruzione in cui il legale britannico David Mills è stato condannato per aver accettato una tangente da lui. Nell’altro, è accusato di evasione fiscale. Ha negato tutte le malefatte e descritto i casi come delle “vere farse”.

Queste sono le parole di un uomo che è stato eletto per sostenere la Costituzione e il corso della legge. Eppure, tutte e tre le volte in cui, negli ultimi 15 anni, Berlusconi è salito al potere, ha speso il suo primo anno (se non di più) a mettere in atto una legislazione al proprio servizio per garantirsi l’immunità, decriminalizzare le frodi fiscali e cambiare lo statuto delle limitazioni. I suoi interessi personali e imprenditoriali hanno avuto la precedenza sul governo dell’Italia, che ha disperatamente bisogno di riforme.

Ora è chiaro che se dovesse rimanere in carica, i prossimi anni verranno spesi a combattere battaglie legali dentro e fuori i tribunali, citando quotidiani che osano mettere in questione la sua morale e lottando per soffocare gli scandali che coinvolgono la sua vita sessuale. E qui scompare qualsiasi prospettiva di smuovere l’economia sclerotica italiana, già debole prima della crisi finanziaria e, secondo le previsioni per quest’anno, prossima a una contrazione del 5%.

Berlusconi ha chiarito di non avere intenzione di andarsene volontariamente o senza chiasso. Ma i suoi alleati politici dovrebbero cominciare a considerare se il magnate dei media miliardario stia diventando un peso piuttosto che un vantaggio per il loro stesso futuro.

Finchè si è trattato di affrontare una dura sfida di una sinistra unita, il populista carismatico è stato un vitale accaparratore di voti e finanziere della destra italiana. E’ stato anche il solo politico che ha saputo domare la radicale Lega Nord, contraria all’immigrazione, e tenerla in una coalizione al governo. Ma con la sinistra ora divisa, senza leader e allo sbaraglio, le ragioni per aggrapparsi a lui sono molto più deboli.

Per certo, Berlusconi resta sorprendentemente popolare nonostante i suoi problemi legali e la richiesta di divorzio della moglie causata dalla sua contestata relazione con una minorenne, come anche le rivelazioni secondo le quali avrebbe intrattenuto prostitute nella sua residenza ufficiale. Eppure ha gravemente sminuito il profilo internazionale dell’Italia e i suoi guai personali e legali ora minacciano di danneggiare anche le sue prospettive economiche.

Ambiziosi politici conservatori come il presidente della Camera Gianfranco Fini devono soppesare i rischi di regicidio con il pericolo di venire trascinati a fondo da Berlusconi. Per il bene dell’Italia dovrebbero essere audaci e rapidi.

(Articolo originale di Paul Taylor)

lunedì 12 ottobre 2009

Italia dall'Estero - Silvio Berlusconi e la legge

Pubblico un articolo del New York Times del 9 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio Berlusconi e la legge

Editoriale

Mercoledì è stata una brutta giornata per il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ma una giornata positiva per la democrazia italiana. Queste sono le uniche due cose subito chiare dopo che la più alta corte del Paese ha annullato una scandalosa legge fatta approvare dopo le elezioni dello scorso anno, che ha garantito a Berlusconi l’immunità dalle condanne finché in carica.

La Corte Costituzionale ha impugnato il principio democratico fondamentale secondo cui nessuno, per quanto ricco o potente, può elevarsi al di sopra della legge, anche se un Parlamento compiacente legifera l’immunità. Dove quelle accuse porteranno ora e se renderanno impossibile per Berlusconi portare a termine i rimanenti tre anni e mezzo del suo mandato restano, per ora, domande senza risposte.

Berlusconi ha speso la propria carriera politica dichiarando che il sistema giudiziario è faziosamente di sinistra e che i magistrati indipendenti italiani portano avanti vendette politiche contro di lui. Se da una parte il sistema giudiziario italiano è lento e lungi dall’essere perfetto, le corti sono la parte meno screditata del governo italiano. E dopo la sentenza di mercoledì spiccano più di prima.

La decisione della Corte riesuma tre casi pendenti contro Berlusconi. In uno, un avvocato britannico è stato accusato di aver accettato 600 000 dollari per fornire falsa testimonianza e difendere così Berlusconi in due processi per corruzione. In un altro caso, il Presidente del Consiglio, che è anche uno degli uomini più ricchi d’Italia, è accusato di frode fiscale in connessione con l’espansione del suo impero mediatico privato. Nel terzo caso, il più debole, è accusato di aver tentato di corrompere dei membri del Parlamento perché si unissero alla sua più forte coalizione.

I legali di Berlusconi si sono lamentati del fatto che il bisogno di difendersi in Corte ora costituirà per lui una distrazione importante dalle proprie responsabilità. Ma finora sembra che sia stato più preoccupato a spendere energie a difendere la propria controversa vita personale piuttosto che ad affrontare i problemi incombenti dell’Italia, inclusi anni di crescita inferiore alla media, corruzione dilagante, deficit e debito pubblico tra i più alti d’Europa.

L’Italia non può permettersi ulteriori anni di deriva e può permettersi ancora meno di avere il corso della legge dirottato a proteggere un solo uomo.

Non ci sono ovvi successori tra la litigiosa coalizione di centro-destra di Berlusconi, e tantomeno in un fratturato e demoralizzato centro-sinistra, incapace di unirsi intorno ad alcuna visione, leader o programma politico.

Non è una soluzione accettabile per l’Italia o per l’Europa. L’era di Berlusconi è durata fin troppo, con un numero troppo piccolo di realizzazioni positive. E’ tempo per entrambe le coalizioni di sviluppare una nuova generazione di leader più costruttivi e competenti da porre di fronte all’elettorato.

(Articolo originale)

sabato 10 ottobre 2009

Italia dall'Estero - Gotico italiano

Pubblico un articolo del Times dell'8 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Gotico italiano

La sentenza della Corte Costituzionale italiana che cancella la legge che garantiva l’immunità giudiziaria a Silvio Berlusconi e alle principali cariche dello stato è un colpo mortale all’ormai assediato Presidente del Consiglio. La strada è ora sgombra per il Tribunale di Milano, che può riavanzare contro di lui l’accusa di aver corrotto David Mills, il suo ex avvocato fiscalista britannico, perché testimoniasse il falso in due processi negli anni ‘90. Berlusconi è ora un imputato che deve rispondere ad accuse di tipo penale, portando così disonore alla sua carica e al suo Paese.

Come suo solito, Berlusconi ha immediatamente annunciato che non si dimetterà, poichè la sentenza è stata motivata da ragioni politiche. Cercherà sicuramente di eludere la sentenza della corte, magari chiedendo nuove elezioni e cercando di far invalidare il suo processo.

In ogni caso non potrà più contare sulla legge che aveva fatto approvare dal parlamento lo scorso anno, poche settimane dopo essere salito al potere, che garantiva l’immunità giudiziaria ai detentori delle quattro più alte cariche dello stato (Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica e i presidenti delle due camere del Parlamento). Questa legge, così palesemente dettata da interessi personali, aveva fatto inorridire molti italiani. Il suo unico scopo era quello di districare il settantatreenne Presidente del Consiglio dalla miriade di accuse di corruzione che lo perseguitavano già dai tempi in cui era il più importante imperatore mediatico italiano. Le accuse includono evasione fiscale, falso in bilancio e finanziamenti illeciti ai partiti. Alcune sentenze erano state inizialmente a suo sfavore e questa legge sull’immunità era stato un tentativo di fermare ogni ulteriore azione giudiziaria.

Poche cose avrebbero potuto dimostrare il disprezzo che Berlusconi ha per la legge in modo più chiaro della dichiarazione orwelliana fatta alla Corte dal suo avvocato. Secondo costui, il Presidente del Consiglio non andrebbe considerato “primus inter pares” bensì “primus super pares”. In modo ancora più ridicolo, un altro dei suoi legali ha insistito che “la legge è uguale per tutti, ma non lo è necessariamente nella sua applicazione”. La Corte non ha però dato molto peso a tali argomentazioni, dichiarando che la legge sull’immunità viola il principio secondo il quale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. È stata poi dichiarata illegittima poiché approvata come una legge ordinaria invece che come una modifica costituzionale.

Berlusconi potrà rimanere in carica solo se il suo partito e i suoi alleati lo sosterranno. Ma sarebbe assurdo da parte loro. La disgregazione e la litigiosità dell’attuale sinistra hanno convinto molti elettori che, data la necessità di un governo forte per uscire dall’attuale recessione, non esista alternativa a Berlusconi. Egli può quindi ritenere di essere ancora abbastanza popolare, ma questa è la classica illusione di un uomo che si è convinto con la sua stessa propaganda, in larga parte condotta dai giornali e dalle stazioni televisive che lui stesso possiede.

Quello che non è inoltre riuscito a capire è l’inquietudine crescente per la sua vicinanza a Vladimir Putin e Muammar Gheddafi ed il ridicolo che si è gettato addosso con le sue buffonate sessuali. Molti italiani hanno assistito alle rivelazioni sulle prostitute con un atteggiamento di divertita indulgenza, ma il danno inflitto alla reputazione del suo paese, ben rappresentato dal rifiuto da parte di Michelle Obama di accettare un suo abbraccio, ha un solo significato: la sua popolarità è in declino.

Berlusconi ha interpretato questo gesto esattamente come ha accolto il verdetto della Corte Costituzionale: un complotto contro di lui da parte dei suoi nemici politici. Ma le cose non stanno così. Questo gesto è stato infatti espressione di una grave preoccupazione sull’onestà di un uomo a capo del governo di un’importante democrazia occidentale.

Se il caso del tribunale di Milano verrà riaperto, Berlusconi dovrà, da cittadino comune, presentarsi in tribunale, dove potrà esercitare il diritto di ogni cittadino a difendersi dalle accuse, rimanendo innocente fino a prova contraria. Ad ogni modo, la causa sarà una grossa distrazione dal suo lavoro di Presidente del Consiglio. Ha cercato di vivere al di sopra della legge: sarà la legge, adesso, a consumarlo. È giunta l’ora che Berlusconi la smetta di anteporre i suoi interessi personali a quelli del paese. E’ giunta l’ora che si dimetta.

(Articolo originale)

Italia dall'Estero - La Corte Costituzionale cancella l’immunità di Berlusconi

Pubblico un articolo del De Volkskrant dell'8 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

La Corte Costituzionale cancella l’immunità di Berlusconi

Roma – Il premier italiano Silvio Berlusconi non è immune di fronte alla legge. Questo ha deciso mercoledì la Corte Costituzionale italiana.

I quindici giudici si sono espressi su una legge che era stata approvata, lo scorso maggio, dal parlamento nel tentativo di evitare a Berlusconi la condanna in un caso di corruzione del 1991. Questa legge, il Lodo Alfano, garantiva l’immunità alle quattro più alte cariche dello Stato: il premier, il presidente e i due presidenti delle camere. Illegalmente; la sua introduzione non ha seguito la giusta procedura, così hanno deciso i giudici dopo due giorni di consiglio.

Duro colpo
La sentenza è un duro colpo per Berlusconi. Il premier di centro-destra ha definito la Corte, in una reazione di ieri sera, “uno strumento della sinistra”. Ad inizio settimana aveva dichiarato che avrebbe potuto occuparsi meno delle questioni di governo se la legge fosse stata cancellata. Avrebbe cioè perso troppo tempo in questioni processuali.

Berlusconi prova già da anni a sottrarsi ai tentativi di giudizio. Ora che il Lodo Alfano è stato eliminato Berlusconi può essere subito perseguito per il suo coinvolgimento nella corruzione di un giudice da parte della Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi. Inoltre il 73enne premier/imprenditore può essere di nuovo citato in giudizio in un processo per l’utilizzo di prestanome che dovevano garantirgli il controllo di canali televisivi in Spagna e in Italia.

Stabilità
La sentenza della corte può avere conseguenze per la stabilità del governo italiano e del clima politico in Italia. Alcuni politici di destra hanno minacciato, i giorni scorsi, di volere elezioni anticipate se la Corte avesse respinto la legge e hanno invocato manifestazioni di massa “in sostegno di Berlusconi”.

Secondo l’avvocato di Berlusconi, Gaetano Pecorella, la sentenza non ha conseguenze per la sua politica. “La sentenza non significa che Berlusconi verrà condannato. Si tratta solamente della riapertura dei processi”.
La Corte Costituzionale ha procurato a Berlusconi la seconda sconfitta nel giro di una settimana. Sabato scorso è stato deciso che il suo impero dovrà pagare 750 milioni di euro per il controllo del gruppo editoriale Mondadori.

(Articolo originale di Linda Otter)

venerdì 9 ottobre 2009

Italia dall'Estero - Analisi: cosa ne sarà adesso di Silvio Berlusconi?

Pubblico un articolo del Times dell'8 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Analisi: cosa ne sarà adesso di Silvio Berlusconi?

Mentre attendeva la sentenza decisiva di ieri, Silvio Berlusconi si è comportato come se niente fosse. Ha discusso di Medio Oriente con Mahmoud Abbas, il Presidente palestinese, e secondo i collaboratori era di “ottimo umore”. Ma la situazione è ben lungi dall’essere normale e il verdetto precipita l’Italia nel caos politico. Per il Presidente del Consiglio italiano e i suoi nemici si aprono diversi scenari.

Berlusconi va avanti senza considerare la sentenza

Un’opzione difficile. Alcuni processi contro di lui sono stati congelati quando lo scorso anno ha varato la legge che gli concedeva l’immunità parlamentare e gli inquirenti senza dubbio li riapriranno.

Si accusa Berlusconi di aver versato a David Mills, ex consulente fiscale britannico ed ex marito di Tessa Jowell, una tangente di 600 000 dollari per testimoniare il falso nei processi per corruzione negli anni ‘90. Mills è stato condannato a 4 anni e mezzo a marzo per aver commesso il reato. L’appello inizierà a Milano venerdì prossimo e la difesa di Mills ha chiesto a Berlusconi di comparire come testimone. Ora è probabile, invece, che il Presidente del Consiglio italiano si ritrovi imputato nel processo.

Ci sono altre indagini che possono sfociare in processi, tra cui un presunto tentativo di convincere senatori di centro-sinistra a disertare lo scricchiolante governo di Romano Prodi due anni fa. Per non parlare delle accuse sui presunti legami con la mafia.

Il Presidente rassegna le dimissioni e chiede elezioni anticipate

Il suo portavoce ha dichiarato che non lo farà, ma può esserne tentato. La sua popolarità è scesa nel corso dell’ultimo anno dal 63% al 47% a causa degli scandali sessuali e del divorzio pubblico, ma la coalizione di centro-destra non ha perso il vantaggio nei sondaggi.

Berlusconi potrebbe dimettersi a favore di un governo tecnico e potrebbe indire le elezioni insieme alle regionali che si terranno a marzo. Se vincesse, potrebbe reintrodurre la legge sull’immunità.

Accade un golpe interno al partito, contro di lui

I nemici di Berlusconi all’interno della sua coalizione potrebbero sostenere che la sentenza della Consulta è l’ultima goccia dopo mesi di rivelazioni imbarazzanti e dannose. L’ovvio leader di una rivolta interna è Gianfranco Fini, l’ex neofascista, ora conservatore e co-fondatore del Popolo delle Libertà al governo.

Ieri Fini si è unito a Luca Cordero di Montezemolo, capo della FIAT, in occasione del lancio di un nuovo comitato di esperti. Ha negato le voci secondo cui potrebbe formare una grande coalizione o un governo di emergenza con imprenditori, come di Montezemolo, ed elementi di sinistra. Ma potrebbe arrivare il momento di Fini, se non immediatamente, nei prossimi mesi, mano a mano che si deteriora la posizione di Berlusconi.

Il premier si ritira

Improbabile, dato che si considera come l’ammirato, addirittura adorato, salvatore dell’Italia. Ma in passato ha minacciato di gettare la spugna per l’inarrestabile valanga di accuse e rivelazioni.

Se i problemi legali si accumulano o se gli si prospetta la prigione, potrebbe anche essere tentato di andare in esilio, come fece il suo mentore Bettino Craxi, un altro discreditato Presidente del Consiglio, nel 1994, l’anno in cui Berlusconi entrò in politica. Craxi morì in esilio in Tunisia.

(Articolo originale di Richard Owen)

giovedì 8 ottobre 2009

Italia dall'Estero - La Corte annulla la legge sull’immunità di Berlusconi

Pubblico un articolo della CNN del 7 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

La Corte annulla la legge sull’immunità di Berlusconi

Roma, Italia – La Corte Costituzionale ha bocciato una legge che avrebbe difeso il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi da possibili procedimenti.

Berlusconi rimane un leader popolare tra gli italiani con un consenso che supera il 50%.

L’estroso Presidente del Consiglio aveva fatto approvare la legge dopo essere tornato al potere nel 2008, ma le autorità della città di Milano hanno portato la questione di fronte alla Corte Costituzionale.

La decisione può potenzialmente portare il miliardario Presidente del Consiglio a rispondere ad accuse di corruzione, clientelismo e frode fiscale, ma è poco probabile che il verdetto in sé lo costringa a dare le dimissioni.

Berlusconi, 73 anni, è accusato di aver pagato 600 000 dollari all’avvocato inglese David Mills per fornire falsa testimonianza durante i processi degli anni ‘90. Entrambi negano le accuse. Il Presidente del Consiglio non è nuovo a processi ed investigazioni. Da quando è entrato in politica nel 1994 è stato indagato 17 volte con accuse che comprendono corruzione, falsa testimonianza e frode.

Berlusconi accusa la magistratura di condurre una caccia alle streghe contro di lui e fa notare che non è stato mai giudicato colpevole.

I critici tuttavia dicono che il Presidente del Consiglio ha usato la propria posizione per modificare le leggi ed evitare i processi. La decisione di mercoledì [7 ottobre 2009, N.d.T.] blocca proprio una di queste leggi.

“È una decisione politica, ma (…) Berlusconi, il governo e la maggioranza continueranno a governare come il popolo italiano gli ha chiesto di fare con il proprio voto in ogni occasione dall’aprile del 2008 ” ha dichiarato il portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti, in un comunicato apparso sul sito internet del partito di Berlusconi, Il Popolo della Libertà.

Berlusconi ha detto ai giornalisti: “Noi andiamo avanti. Abbiamo governato senza il lodo prima e continueremo a farlo. Grazie a Dio c’è Silvio perché altrimenti gli italiani sarebbero nelle mani di questa sinistra. Noi andiamo avanti. Andrò ai processi che li colpiscono e svelerò le loro vite. Viva l’Italia e viva Berlusconi.”

Il leader dell’opposizione Lanfranco Tenaglia, nel frattempo, ha dichiarato in un comunicato sul sito del Partito Democratico: “Giustizia è stata fatta. La Corte Costituzionale si conferma come un’isola della ragione. … Come abbiamo detto dall’inizio, la legge alfano è una legge ingiusta ed illegittima che è stata finalmente cancellata con una chiara decisione nel merito.”

La legge era stata scritta per proteggere dai processi il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i Presidenti di Camera e Senato. La Corte Costituzionale ha trovato che la legge viola l’articolo 3 della Costituzione, che richiede che tutti gli italiani siano uguali di fronte alla legge, e l’articolo 138, per il quale le leggi devo essere consistenti con la Costituzione, ha dichiarato l’ufficio stampa della Corte in un comunicato.

I 15 giudici della Corte potrebbero rivelare maggiori dettagli a proposito dell’iter decisionale in futuro, ma non è obbligatorio che lo facciano. L’udienza della Corte sulla legge è durata poco meno di due ore mertedì con tre avvocati a rappresentare il caso di Berlusconi e uno per le autorità milanesi. L’argomentazione si è concentrata sulla domanda se ogni italiano sia incluso nella clausola di uguglianza davanti alla legge, e le autorità di Milano sostengono che lo è.

Uno degli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini, ha detto che il Presidente del Consiglio è un caso speciale, secondo quanto riportato i media italiani.

Nonostante gli scandali che lo circondano, Berlusconi rimane popolare con un consenso costantemente sopra il 50%. La sua vita privata è stata sotto i riflettori da quando la moglie Veronica Lario ha chiesto il divorzio a Milano in maggio dopo 19 anni di matrimonio.

La separazione è arrivata dopo la notizia che Berlusconi avrebbe partecipato alla festa di compleanno di una diciottenne con la quale nega di aver avuto rapporti inappropriati.

Ed il giornale El Pais ha pubblicato quelle che dicono essere le foto di un party un po’ spinto nella villa di Berlusconi in Sardegna, tra cui una che mostra una donna discintamente vestita.

(Articolo originale di Hada Messia)

Italia dall'Estero - La Corte Costituzionale italiana dichiara illegittima la legge sull’immunità che protegge Berlusconi

Pubblico un articolo di Le Monde del 7 ottobre 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

La Corte Costituzionale italiana dichiara illegittima la legge sull’immunità che protegge Berlusconi

La Corte Costituzionale italiana, mercoledì 7 ottobre, ha dichiarato illegittima la legge sull’immunità che proteggeva Silvio Berlusconi dopo il suo ritorno al potere, nel 2008. Questa decisione può far riavviare le procedure giudiziarie contro il capo del governo italiano.

Secondo i media italiani, la decisione sarebbe stata presa con una maggioranza di nove giudici su quindici. Secondo Philippe Ridet, corrispondente di Le Monde in Italia, l’invalidazione della legge Alfano, coerente sul piano costituzionale, costituisce quantomeno una sorpresa sul piano politico:

“La decisione della Corte Costituzionale non è una sorpresa sul piano giuridico perché una legge precedente che aveva cercato negli stessi termini di evitare alle più alte cariche dello Stato di essere perseguite sul piano giudiziario era stata respinta nel 2004. Quindi i giudici si sono basati sulla decisione presa nel 2004 per respingere la nuova legge, chiamata legge Alfano. Invece, ciò che è più sorprendente sul piano politico sono le forti pressioni che sono state esercitate sui giudici. Ancora oggi Umberto Bossi ha minacciato di portare la gente in piazza nel caso in cui la decisione non fosse stata quella che lui si aspettava. Tutte queste dichiarazioni per invitare alla prudenza, o meglio per portare la Corte Costituzionale verso la prudenza politica. Ma evidentemente la Corte non si è basata su giochi politici ma esclusivamente sul diritto.” [audio originale accessibile sul sito di Le Monde, N.d.T.]

“I magistrati hanno giudicato che sarebbe stato necessario fare ricorso ad una legge costituzionale e non a una legge ordinaria per concedere l’immunità penale alle quattro più alte cariche dello Stato italiano. La Corte Costituzionale ha allo stesso modo ritenuto che la legge Alfano, dal nome del ministro della Giustizia che l’aveva promulgata nel 2008, violi il principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

La decisione della Corte Costituzionale ha come effetto immediato il riavvio di due processi contro Silvio Berlusconi. Il primo per corruzione di testimone nel caso Mills, dal nome di un avvocato inglese condannato nel 2008 a quattro anni e sei mesi di reclusione per falsa testimonianza. Mills aveva ricevuto 600 000 dollari (408 000 euro). In quel caso i giudici, nelle loro motivazioni, avevano individuato Berlusconi come il “corruttore”. Il secondo riguarda la sovrafatturazione dei diritti televisivi da parte del gruppo Mediaset, che gli appartiene.”

BERLUSCONI NON SI DIMETTERA’

Ma le conseguenze più immediate saranno di ordine politico. In Italia, i manovratori hanno già cominciato a ribaltare la sorte del presidente del Consiglio, racconta Philippe Ridet:

“E poi, le conseguenze politiche, che sono le più importanti per Italia perché ora si pone la questione se Berlusconi possa o meno continuare a governare l’Italia. Perché ne va dell’immagine dell’Italia, dello stato stesso dell’Italia come grande potenza democratica: può mantenere la sua carica e il suo ruolo quando sarà convocato ogni settimana per degli interrogatori? Vedremo. Lui non ha nessuna intenzione di dimettersi, ha già dichiarato che nonostante tutti andrà fino in fondo. Ci sono forti pressioni da parte dell’opposizione e forse anche a livello internazionale che potrebbero avere conseguenze. Sembra che la classe politica italiana stia già sognando il “dopo-Berlusconi”, tanto che questo pomeriggio a Roma, nel momento stesso in cui la Corte stava dibattendo per decidere quale sorte riservare a Berlusconi, ha avuto luogo un primo incontro che vedeva allo stesso tavolo Luca Cordero di Montezemolo, patron di Fiat e Ferrari, Gianfranco Fini, il presidente della Camera, un esponente del centrosinistra e uno della Chiesa. Dunque possiamo vedere come quelli che chiamano in Italia i poteri forti siano già alla ricerca di un’alternativa.” [audio originale accessibile sul sito di Le Monde, N.d.T.]

Immediatamente dopo la decisione della Corte Costituzionale, il portavoce del Cavaliere ha reagito denunciando una “sentenza politica”. “Il presidente Berlusconi, il Governo e la maggioranza continueranno a governare come hanno chiesto gli Italiani attraverso il loro voto in ogni occasione da aprile 2008″, ha aggiunto.

“Andremo avanti, non ci piegheremo” ha rincarato la dose Umberto Bossi, il leader della Lega Nord. Principale alleato di Berlusconi in seno alla sua coalizione di centro destra, ha affermato che il Cavaliere “non vuole assolutamente elezioni anticipate. L’ho visto deciso a combattere”. In effetti, Silvio Berlusconi ha rapidamente denunciato la decisione della Corte Costituzionale giudicando che sia “di sinistra”.

Pier Luigi Bersani, uno dei capofila dell’opposizione di sinistra, ha affermato che Berlusconi ora dovrà rimettersi alla giustizia “continuando a fare il suo mestiere”. La Corte ha, secondo lui, in sostanza ritenuto che “Berlusconi e gli altri alti funzionari sono cittadini come gli altri e devono sottomettersi alle decisioni della giustizia”. L’ex-giudice anticorruzione Antonio Di Pietro, bestia nera di Berlusconi, è andato oltre, dichiarando che il capo del governo deve “dimettersi dalla sua carica”.

(Articolo originale di Le Monde & AFP & Reuters)