lunedì 22 febbraio 2010

Italia dall'Estero - In Italia, la corruzione è triplicata nel 2009

Pubblico un articolo de Le Figaro del 18 febbraio 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

In Italia, la corruzione è triplicata nel 2009

Il rapporto annuale della Corte dei conti denuncia un’amministrazione con pochi scrupoli

In Italia, l’anno scorso, i reati di corruzione sono aumentati del 229% e quelli di concussione del 153%, denuncia la Corte dei conti nel suo rapporto annuale. “Siamo soprattutto preoccupati dalla piccola corruzione. È un fenomeno della società che il Codice penale non riesce ad eliminare”, afferma il suo presidente, Tullio Lazzaro.

Sanità e lavori pubblici ne sono particolarmente affetti, ma il fenomeno si allarga a tutti i settori dell’amministrazione. I corrotti usano spesso il loro rango sociale con arroganza, come il consigliere municipale di Milano, Mirko Pennisi, presidente della commissione urbanistica, sorpreso la settimana scorsa mentre incassava per strada una tangente di cinquemila euro. All’arrivo dei carabinieri, che avevano precedentemente fotografato i biglietti, si è nascosto in una grande libreria dove il pacchetto è stato ritrovato tre giorni più tardi nascosto dietro un lavandino nei bagni.

Ancora più grave, il caso di Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, principale autorità in materia di controllo degli appalti dello Stato. Balducci è stato arrestato la settimana scorsa contemporaneamente ad un imprenditore di 39 anni, Diego Anemone, e a due funzionari nell’ambito di un’inchiesta sulla corruzione che ha portato ad indagare anche sul capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Avrebbero aumentato del 50% alcuni appalti per la creazione di diverse infrastrutture, un centro conferenze in Sardegna, la ristrutturazione dell’aeroporto di Firenze, la costruzione d’impianti sportivi in occasione dei mondiali di nuoto nel 2010 e di altri avvenimenti….

Diciotto anni dopo l’inchiesta “Mani Pulite” che aveva decapitato una gran parte della classe politica, Silvio Berlusconi non crede al ritorno della grande corruzione: “Tutt’al più esistono dei casi di arricchimento personale”, ha dichiarato.

(Articolo originale di Richard Heuzé)

mercoledì 10 febbraio 2010

Italia dall'Estero - Berlusconi, vieni qui

Pubblico un articolo di Itapê Digital del 7 febbraio 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi, vieni qui

Tre notizie della settimana sul premier italiano Silvio Berlusconi, che sarà in visita in Brasile a febbraio:

in visita ufficiale in Israele, ha definito “ingiusto” il Rapporto Goldstone, già approvato dall’ONU, secondo cui lo stato di Israele ha compiuto “crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità” all’inizio dell’anno passato, all’epoca dei suoi attacchi devastanti nella striscia di Gaza. Per Berlusconi Israele aveva il “diritto di difendersi dai razzi lanciati contro il proprio paese”;

si è inoltre aggiunto al coro di coloro che chiedono un intervento straniero in Iran, oltre a forzare il paragone tra Ahmadinejad a Hitler (”Il problema della sicurezza è fondamentale per Israele. Oggi ancora di più perché c’è uno Stato che prepara una bomba atomica da usare contro qualcuno. Uno Stato con un leader che ci ricorda personaggi nefasti del passato”);

nel frattempo in Italia il suo gruppo alla Camera è riuscito a far approvare un progetto di legge che, se otterrà anche il sì del Senato, gli permetterà di dribblare eternamente la Giustizia, in quanto basterà portare scuse ufficiali per non essere obbligato a rispondere alle convocazioni giudiziarie.

È scioccante che in un paese del primo mondo, in pieno ventunesimo secolo, siano addirittura tentati simili casuismi sfacciati. Berlusconi, che già è sfuggito per un pelo alla condanna per la copertura politica che ha dato alla Mafia siciliana negli anni ‘90, aspira all’impunità senza verdetto di innocenza anche nei processi per frode fiscale e corruzione nei quali è imputato.

Abusando vergognosamente della condizione di primo ministro, tenta di sfuggire alla Giustizia mutando le regole del gioco, incentivando l’introduzione di leggi che possano avvantaggiarlo.

Il progetto di legge che ridurrebbe il termine di prescrizione per i processi la cui pena è inferiore ai dieci anni, attende il voto della Camera. Se verrà convertito in legge, come per coincidenza, i processi contro Berlusconi cadranno immediatamente in prescrizione.

Il primo tentativo del governo e del parlamento italiani per legare le mani ai giudici fu la promulgazione di una legge che concedeva l’immunità penale alle quattro cariche più alte dell’amministazione pubblica del paese.

Questa avrebbe salvato Berlusconi dai processi fino al 2013, quando terminerà il suo patetico mandato. Ma la Corte Costituzionale, istanza suprema del potere Giudiziario in Italia, ha spazzato via questa spazzatura, che nel frattempo si sta cercando di tirare fuori dalla discarica…

(Articolo originale di Celso Lungaretti)

Italia dall'Estero - Provenzano consegnò Riina in cambio della sua impunità

Pubblico un articolo de El País del 2 febbraio 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Provenzano consegnò Riina in cambio della sua impunità

Continua la testimonianza del figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo. “Dietro agli attentati di Falcone e Borsellino ci fu un ‘grande architetto’”

Continua nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo l’esplosiva deposizione di Massimo Ciancimino, figlio minore ed ex segretario personale del defunto sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. Dopo le otto ore di interrogatorio di lunedì, il testimone, 47 anni, condannato in primo grado per riciclaggio di una parte dell’eredità di suo padre, ha proseguito martedì raccontando fin nei minimi dettagli la storia della mafia siciliana degli ultimi 25 anni.

Il suo racconto ricorda Quei bravi ragazzi, il film di Martin Scorsese. Solo che si tratta della vita reale.

Il nocciolo delle rivelazioni di Ciancimino, la cui testimonianza viene considerata dai giudici di massima credibilità per la sua prossimità ai personaggi e ai fatti, è la trattativa aperta tra parte dello Stato italiano e Cosa Nostra nel maggio del 1992, dopo l’assassinio del giudice Giovanni Falcone.

Il capo di Cosa Nostra, Totò Riina, anticipando il crollo della Democrazia Cristiana, ordinò di eliminare i politici complici come Salvo Lima e i giudici Falcone e Borsellino, che avevano condannato centinaia di mafiosi nel maxiprocesso celebrato nella stessa sala dove ora Ciancimino rilascia le sue deposizioni.

Vito Ciancimino condusse latrattativa fino a che non fu arrestato e incarcerato nel dicembre del 1992, come ha ripetuto martedì il teste. Furono mesi drammatici, che misero la parola fine alla Prima Repubblica e a tutti i partiti tradizionali. E il sindaco palermitano giocò un ruolo cruciale nell’arresto di Riina. “Convinto che Riina fosse diventato matto, mio padre collaborò alla sua cattura convincendo Bernardo Provenzano a consegnarlo. Non fu facile, perché Provenzano non amava tradire”, ha affermato Ciancimino.

Suo padre negoziò l’arresto del capo dei capi in varie riunioni svoltesi tra l’agosto e il novembre del 1992, tanto con Provenzano quanto con i carabineri (il colonnello Mori e il capitano De Donno, imputati di favoreggiamento alla mafia in questo stesso processo) e con un non identificato agente dei servizi segreti.

“Chiedemmo ai carabinieri le mappe di Palermo con le linee telefoniche, del gas e dell’energia elettrica, mio padre le fece arrivare in due tubi gialli a Provenzano e costui segnò il luogo dove si nascondeva Riina”, ricorda Ciancimino Junior. “In cambio del suo contributo per la cattura, Provenzano ottenne una forma di impunità. Mio padre spiegò ai carabinieri che l’unica persona che poteva segnare una nuova direzione alla strategia di Cosa Nostra e porre fine agli attentati era Provenzano, e perciò doveva rimanere in libertà”.

Dopo la cattura di Riina, Provenzano rimase libero fino al 2006. La ragione, afferma il figlio dell’ex sindaco democristiano, è che la trattativa tra Cosa Nostra e lo Stato è continuata nel tempo, ma con un nuovo interlocutore: il cofondatore di Forza Italia, braccio destro di Silvio Berlusconi e senatore del Popolo della Libertà, Marcello Dell’Utri.

“Dopo l’arresto di Riina e quello di mio padre, Dell’Utri sostituì Vito Ciancimino nella trattativa con Cosa Nostra. Dell’Utri e Provenzano mantennnero relazioni dirette”, ha affermato. “Me lo disse mio padre, al quale lo confermò il capo della mafia”.

Secondo un pizzino letto martedì in tribunale, Provenzano trattò con Dell’Utri la possibilità del condono della pena all’ex sindaco quando questo era detenuto nel carcere di Rebibbia e si ammalò.

Un altro punto dell’accordo mafia-Stato, secondo Ciancimino, stabiliva che il nascondiglio di Riina non fosse mai perquisito dopo il suo arresto. La ragione era che Riina diceva spesso che, se lo avessero arrestato, la polizia avrebbe trovato nella sua casa documenti sufficienti per fare “affondare l’Italia”.

“Mio padre si sentiva indirettamente responsabile dell’attentato di Via D’Amelio, nel quale morirono (luglio del 1992) Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta”, ha aggiunto Ciancimino. Secondo il suo parere, Riina fu spinto a continuare l’ondata di attentati da qualcuno che è sempre rimasto nell’ombra. “C’era una persona che faceva pressioni su Riina, dicendogli di continuare con le stragi. Provenzano e mio padre erano contrari a questo modo di agire”. I magistrati hanno letto in aula un altro pizzino inviato da Provenzano a Ciancimino, che fa riferimento a Riina: “il nostro amico è pressato oltre misura da un grande architetto, si legge nel papello.

(Articolo originale di Miguel Mora)

lunedì 8 febbraio 2010

Italia dall'Estero - Il Governo italiano si mette al sicuro dalla giustizia per 18 mesi

Pubblico un articolo de El País del 3 febbraio 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Il Governo italiano si mette al sicuro dalla giustizia per 18 mesi

Passa all’esame del Senato la legge sul “legittimo impedimento”, che garantisce al primo ministro di non essere processato finché occuperà il suo posto

La Camera dei deputati ha approvato mercoledì la legge sul “legittimo impedimento”, una norma transitoria e retroattiva che risparmierà a Silvio Berlusconi i processi nei quali è imputato – e di riflesso proteggerà il suo Governo – finché non sarà approvata una legge costituzionale riguardante l’immunità, il che dovrebbe avvenire entro 18 mesi.

La proposta di legge, che ora passa al Senato, contiene soltanto due articoli e garantisce che il capo del governo e i suoi ministri non possano essere processati finché saranno in carica “allo scopo di consentire loro un sereno espletamento delle loro funzioni”. Dopo la votazione – 316 voti a favore, 239 contrari, e 40 astensioni – ci sono stati fischi, lanci di oggetti, cartelli (”Casta di intoccabili”, “Costituzione violata”) e una rissa generale.

Considerata la fretta di nel voler ratificare la norma, la maggioranza di centro-destra si è vista costretta ad accettare decine di emendamenti alla legge, proposti in modo provocatorio e fantasioso dall’opposizione. Così vengono escluse le feste patronali e le date festive di ogni provincia italiana, le riunioni di partito, vari tipi di conferenze stampa o il raduno annuale di Comunione e Liberazione. Tutti questi appuntamenti non costituiranno un legittimo impedimento e non potranno essere invocati per spostare i processi. La legge non intende nemmeno bloccare i processi in cui Berlusconi e i suoi ministri siano parte lesa.

Il leader dell’opposizione Pierluigi Bersani ha usato toni insolitamente duri per spiegare il voto contrario del suo gruppo. “Fino ad oggi un primo ministro imputato che non si presentava a un processo doveva giustificarlo. Da domani potrà non presentarsi in tribunale perché deve lavorare serenamente. La verità è che Berlusconi non vuole essere processato e intanto lascia il paese incagliato, bloccato nel suo scontro con la giustizia. Queste scorciatoie su misura generano in molti italiani repulsione e indignazione”.

Fabrizio Cicchitto, portavoce della maggioranza, ha replicato che “la legge risponde a una vecchia questione italiana: l’uso politico della giustizia. La sinistra crede sia un’arma in più per liquidare l’avversario politico. Berlusconi ha subito continui attacchi fin da quando è entrato in politica; il problema non sono le sue cause private bensì l’accanimento della magistratura”.

Il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro, si è rivolto all’assente Berlusconi: “Lei e la sua maggioranza approvate oggi una leggina che è l’ennesima decisione immorale e incostituzionale. Solo in un paese barbaro e dittatoriale succedono cose simili. Anche i bambini se ne rendono conto. È una legge umiliante per le istituzioni, il Parlamento, il paese e i cittadini. Per raggiungere il suo scopo, obbliga a venire a votare i suoi ministri, che non vengono quasi mai in Parlamento. L’infermità etica di Berlusconi ha contagiato il Governo e può contagiare il paese intero”.

L’Unione di Centro (UDC), che aveva sostenuto la legge-ponte definendola il male minore per evitare l’approvazione della norma sul processo breve che cancellerebbe migliaia di processi in corso, ha deciso di astenersi perché la maggioranza non ha ritirato la proposta approvata in Senato. “In un paese normale questa legge non verrebbe discussa. Ma questo non è un paese normale, ahimé”, dice il portavoce Vietti. “Il primo ministro si considera vittima di una persecuzione giudiziaria, e il Parlamento si preoccupa dei suoi processi. Il re è nudo, ed essendo sotto processo mette sotto scacco le istituzioni. Questo consente di accantonare i suoi processi, non li cancella. Senza quest’alibi, dovrà governare e affrontare i problemi gravi del paese, non potrà sfuggire dalla crisi con i suoi processi, e dovrà riformare la Giustizia”.

Secondo il capogruppo della Lega Nord Roberto Cota non vi è motivo di scandalo. “La Francia, gli Stati Uniti, la Spagna e la Germania hanno leggi simili. Il Governo deve poter governare perché è stato eletto dal popolo per questo”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

Italia dall'Estero - Gli investimenti mafiosi “offrirono a Silvio Berlusconi la sua grande opportunità”

Pubblico un articolo del Telegraph del 3 febbraio 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Gli investimenti mafiosi “offrirono a Silvio Berlusconi la sua grande opportunità”

L’accusa che il ramo siciliano di Cosa Nostra aiutasse a finanziare il progetto è stata mossa in un tribunale di Palermo da Massimo Ciancimino, figlio di un esponente mafioso, il quale era vicino al capo, al “boss dei boss” della mafia siciliana, Bernardo Provenzano. Ciancimino ha dichiarato in tribunale che suo padre, Vito Ciancimino, insieme a due mafiosi collegati all’industria edilizia, investivano il “denaro sporco” tramite società di copertura nelle proprietà immobiliari in pieno sviluppo nella periferia di Milano.

Nel corso degli anni ci sono state molte speculazioni su come Berlusconi, proveniente da una modesta famiglia della media borghesia, avesse trovato il capitale per finanziare la costruzione dell’ambizioso complesso residenziale, noto come Milano 2, che includeva laghi, campi da tennis, scuole e negozi.

Ciancimino ha riferito in tribunale: “Mio padre diversificò i suoi investimenti onde evitare gli ispettori antimafia. Considerava il mega progetto a Milano un po’ faraonico ed esitava, ma poi decise di participarvi attraverso varie società.”

L’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, ha negato categoricamente che il Presidente del Consiglio italiano abbia mai accettato denaro dalla mafia, aggiungendo che avrebbe citato in giudizio Massimo Ciancimino per diffamazione. “Tutti i flussi finanziari verso Milano 2 erano trasparenti e furono soggetti a più di un esame”, ha affermato l’avvocato Ghedini. I profitti che Berlusconi ricevette da Milano 2 fecero sì che egli diventasse uno degli uomini più ricchi d’Italia.

Ciancimino sta testimoniando nel processo di un alto ufficiale dei carabinieri accusato di aver dato protezione a Provenzano, aiutandolo ad evitare la cattura, cosa che da tempo ha destato sospetti riguardo al fatto che lo Stato italiano avesse concluso una “trattativa” con il crimine organizzata, che è durata per decenni.

Provenzano venne infine trovato e arrestato nell’aprile del 2006 in un rifugio per pastori diroccato, nella campagna corleonese, dopo essere stato incredibilmente latitante per 43 anni.

Vito Ciancimino padre nacque a Corleone, la roccaforte mafiosa nelle zone montuose dell’entroterra siciliano, famosa per i film de Il Padrino.

(Articolo originale di Nick Squires)

lunedì 1 febbraio 2010

Italia dall'Estero - Berlusconi contro Google: l’italia censurerà YouTube?

Pubblico un articolo del Time del 22 gennaio 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi contro Google: l’italia censurerà YouTube?

Sulla scia dell’arroventata controversia riguardante la censura tra Google e Cina, in Italia si sta aprendo un nuovo fronte tra il potere statale e la libertà di Internet. Il governo del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sta mettendo in atto nuove misure che consentirebbero il controllo statale sui contenuti dei video online, costringendo chiunque voglia regolarmente caricare video ad ottenere una licenza dal Ministero delle Comunicazioni. La manovra viene vista come un ulteriore sfida a Google — proprietario di YouTube — secondo cui le nuove regole avrebbero come effetto quello di costringere i fornitori di servizi Internet (ISP) a vigilare sui loro contenuti.

Le nuove misure, senza precedenti tra le democrazie occidentali, sono in attesa d’approvazione finale da parte del Consiglio dei Ministri il 4 febbraio, a meno che l’opposizione non riesca a bloccarle in tribunale. Per Berlusconi, questo non è altro che un ulteriore tentativo di ottenere il controllo dei nuovi media, secondo una sua vecchia linea di condotta storica. Si dà il caso che il miliardario Premier sia il proprietario delle maggiori reti televisive private del Paese, un conflitto di interesse ritenuto dai detrattori molto più preoccupante per la nazione di ogni altra sua passione privata o imprudenza verbale.

La cosiddetta mediocrazia di Berlusconi lavora in due direzioni. Chi lo critica afferma che con le sue reti Mediaset distorce l’informazione presentata dai propri tgêlegiornali per favorire le proprie fortune politiche. Parallelamente, i suoi alleati in Parlamento vengono accusati di usare le leve del potere per dare una spinta agli interessi economici del gran capo (i quali includono l’editoria, patrimoni immobiliari e finanziari, oltre il nucleo principale delle reti televisive). In realtà, i critici ritengono che Mediaset abbia potuto contare su una legislazione favorevole grazie ai suoi recenti tentativi per indebolire la TV satellitare Sky Italia, gestita dal rivale di Berlusconi, Rupert Murdoch.

Le nuove restrizioni su Internet, dicono gli oppositori, rappresentano un ulteriore tentativo del partito di Berlusconi di proteggere gli interessi di Mediaset nell’era della condivisione online dei filmati. “Questo decreto è un enorme regalo a Mediaset” ha dichiarato Paolo Gentiloni, ex Ministro delle Comunicazioni ora uomo di punta dell’opposizione riguardo alla politica dei media. “Sospettiamo che questa manovra miri a frenare la crescita delle offerte video del web, dato che il governo ha un interesse personale a sostenere la TV privata.” Dario Denni, rappresentate dell’Associazione Italiana degli ISP, ha usato questa analogia per descrivere la nuova norma: “È come delegare la responsabilità di ciò che commettono i guidatori sulla strada alla compagnia per la manutenzione dell’autostrada.”

La legge potrebbe colpire i singoli blogger e i proprietari di siti web caratterizzati da contenuti video, sebbene il controllo di un cosí vasto numero di persone sarebbe incredibilmente difficile da ottenere. Come in Cina, il principale bersaglio del governo è Google, che si trova attualmente a sostenere una battaglia con Mediaset riguardo i proventi del copyright per programmi televisivi che vengono caricati su YouTube. Le nuove norme imporrebbero agli ISP di rimuovere i contenuti giudicati dallo Stato in violazione della legge sul copyright oppure il pagamento una multa che arriverebbe fino a 150.000€. “Siamo preoccupati del fatto che gli ISP, come YouTube, che offrono contenuti disponibili al vasto pubblico, vengano di fatto equiparati, nell’insieme, ai media tradizionali televisivi che attualmente gestiscono i contenuti” ha dichiarato Marco Pancini, responsabile degli interessi di Google in Europa, al giornale La Stampa. “Ciò equivale a distruggere l’intero sistema di Internet”.

Gli alleati di Berlusconi insistono sul fatto che stanno semplicemente rispondendo alla direttiva dell’Unione Europea del 2007, la quale esige dagli Stati membri la disposizione di nuove regolamentazioni sui nuovi mezzi di comunicazione. “Il decreto non intende censurare il diritto all’informazione online, né limitare la possibilità di esprimere le proprie idee e opinioni tramite blog e social network” ha ribadito il Vice Ministro delle Comunicazioni italiano Paolo Romani.

Ma gli oppositori ritengono che le misure video siano solo una tra le tante manovre fatte dal governo per bersagliare ciò che percepisce come un attività web senza restrizioni. Gli accusatori hanno intrapreso azioni penali contro quattro dirigenti di Google, dopo che un video raffigurante un turpe episodio di bullismo scolastico rimase su YouTube per diverse ore nel 2006, prima di essere rimosso definitivamente. Negli ultimi mesi, il Ministro degli Interni, Roberto Maroni, chiese anche a Facebook di oscurare due pagine prodotte da fans contro Berlusconi — una intitolata “Uccidiamo Berlusconi” e un’altra di sostegno allo psicolabile Massimo Tartaglia, che a dicembre colpì il Presidente del Consiglio a Milano. Ci sono stati comunque altri disegni di legge, proposti sia dalla coalizione di Berlusconi sia dal precedente governo di centro-sinistra, mirati alla regolamentazione dei blog e a proibire l’anonimato sul web.

Alcuni ritengono che la classe dirigente italiana fatichi a tenere il passo con la rivoluzione di Internet. “La cultura politica in Italia è molto distante dalla nuova tecnologia” afferma Luca Conti, un blogger che risiede nella città costiera di Senigallia. “Ancora non riescono a focalizzare il problema su come controllare Internet, dato che non sono neppure capaci di immaginare come usarlo a proprio vantaggio”.

Come quando più di 100.000 persone il mese scorso manifestarono contro Berlusconi a Roma, iniziativa interamente organizzata su Facebook, ma il vertice dei politici dell’opposizione snobbò l’evento. Conti afferma che i leader del Paese — sinistra, destra e centro — siano ancora rivolti esclusivamente, per quanto riguarda propaganda e informazione, alla televisione e ai giornali. E a differenza di Internet, i membri influenti dei vecchi media hanno volti molto familiari.

(Articolo originale di Jeff Israely)

Italia dall'Estero - In Italia, la strategia del Partito Democratico di allearsi con il centro viene sconfessata dai suoi elettori

Pubblico un articolo di Le Monde del 26 gennaio 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

In Italia, la strategia del Partito Democratico di allearsi con il centro viene sconfessata dai suoi elettori

Doveva essere “il laboratorio” nel quale si preparavano le future vittorie del Partito Democratico (PD, centrosinistra). In Puglia, nel sud dell’Italia, Pierluigi Bersani, il nuovo segretario del PD eletto nell’autunno 2009, si apprestava a sigillare un’alleanza vincente con l’Unione di Centro (UDC), partito centrista e cattolico. L’unica soluzione, secondo lui e la direzione del partito, per evitare una disfatta alle elezioni regionali del 28 marzo. In cambio, i centristi domandavano niente di meno che la testa dell’attuale governatore della regione, Nichi Vendola, eletto, tra la sorpresa generale, alla testa di una coalizione di sinistra nel 2005.

Non restava che un problema, e non da poco. Vendola non intendeva lasciare il suo posto dopo cinque anni di una gestione giudicata piuttosto soddisfacente. Nichi Vendola? Un Ufo politico come solo l’Italia può produrne: 51 anni, cattolico, ex burocrate del Partito Comunista Italiano, omosessuale dichiarato, rinomato poeta ed esperto di Pasolini. Il suo nome è la somma delle sue contraddizioni: Nichi è sia diminuitivo di Nikita, in omaggio a Nikita Kruscev, sia Nicola, il santo patrono di Bari.

In queste condizioni, solo il voto dei simpatizzanti poteva scegliere tra il candidato voluto dal PD, il centrista-compatibile Francesco Boccia, e il governatore uscente che non voleva dimettersi. Il 24 gennaio, da Foggia a Lecce, quasi 200 mila elettori si sono recati alle urne. Risultato: l’attuale governatore è stato rieletto con più del 70% dei voti. La direzione nazionale del partito esce indebolita da questo scrutinio, anche se Bersani fa finta di accettare tale candidatura che non corrisponde né alle sue scelte né la sua strategia.

SONORA SCONFITTA

“Siamo determinati a sostenere Vendola” ha assicurato. Ma non cambia affatto la sua volontà di unirsi ai centristi. “Il proposito di favorire una convergenza con tutte le opposizioni vale sempre”, ha precisato.

Una disavventura simile è avvenuta nel Lazio, la regione di Roma. Qui, la questione se riproporre il governatore uscente non si poneva. Piero Marrazzo, il presidente della regione, ha dovuto dare le dimissioni, nell’ottobre 2009, dopo la rivelazione delle sue assidue frequentazioni di transessuali e del suo debole per la cocaina. La direzione del PD si è dunque prodigata, ancora una volta, nel trovare un candidato che piacesse ai centristi, ancor più determinanti in questa regione data la vicinanza del Vaticano.

Tra tentennamenti ed esitazioni, il PD tanto ha fatto che alla fine la radicale Emma Bonino ha messo tutti d’accordo annunciando la sua candidatura. Il partito avrebbe di certo auspicato le primarie ma dato che la destra aveva già presentato la sua candidata – Renata Polverini, ex dirigente del sindacato UGL (moderato) -, era troppo tardi per ostentare le proprie divisioni.

Un altro schiaffo per il partito? Così pare: laica, nota per le sue lotte in favore dell’eutanasia, dell’aborto, del divorzio, la Bonino, 61 anni, ex commissario europeo (1994-1999), ha tutte le carte in regola per irritare l’elettorato cattolico. Non avrà l’appoggio dei centristi, ma gode di un forte sostegno popolare che la fa partire alla pari della sua rivale nei sondaggi. La sua candidatura, come quella di Vendola, illustra le difficoltà del PD a scegliere una strategia ed imporla ai suoi militanti.

Per Massimo Franco, analista politico del quotidiano Corriere della Sera “ci sono due partiti: il partito ufficiale, che vede nell’UDC un alleato, ha subito una sonora sconfitta”. E aggiunge: “Vendola ha issato la bandiera dell’identità storica del Pd. Questo sembra assomigliare piuttosto ad un desiderio dell’elettorato di rifiutare decisioni prese a tavolino dalla classe dirigente”.

Il deputato Sandro Gozi si irrita: “Vendola e la Bonino sono due ottimi candidati che avremmo dovuto proporre invece di subirli. Certo, si devono accettare dei compromessi per allearsi con il centro, ma non al punto di delegargli la scelta dei nostri candidati”.

(Articolo originale di Philippe Ridet)