sabato 18 dicembre 2010

Italia dall'Estero - Tre transfughi ‘contrattati’ salvano il Governo Berlusconi

Pubblico un articolo di El País del 13 dicembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Tre transfughi ‘contrattati’ salvano il Governo Berlusconi

Il Governo di Silvio Berlusconi ha superato oggi alla Camera dei Deputati la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione e dai gruppi di centrodestra Futuro e Libertà (FLI) e Unione di Centro (UDC). Una votazione ampia, equilibratissima e imbarazzante passata tra baruffe, spintoni e corruzione di parlamentari è finita facendo pendere la bilancia a favore del primo ministro con 314 voti contrari, 311 favorevoli e due astensioni.

I voti di tre transfughi contrattati per l’occasione dal Popolo della Libertà, uno del Partito Democratico e due dell’Italia dei Valori, più il tradimento all’arma bianca di due deputati di Fini che all’ultimo momento hanno abbandonato il loro leader, sono risultati decisivi.

La vittoria di Pirro e macchiata di scandalo offre a Berlusconi il sapore della vendetta contro il suo odiato alleato Gianfranco Fini, ma in realtà cambia di poco la critica situazione di malgoverno vissuta dal paese. Da un lato lo show farà crescere ancora il discredito della politica italiana; dall’altro accentua la divisione nel centrodestra, che non ha più la maggioranza assoluta della Camera, visto che bisogna avere almeno 316 deputati per governare con stabilità.

Nonostante il superamento della mozione di sfiducia, la Lega Nord ha avvertito Berlusconi che il Governo non potrà continuare se non “si amplia la maggioranza”. Per farlo, il primo ministro ripeterà probabilmente la sua offerta di entrare nell’esecutivo ai democristiani di Pierferdinando Casini.

La votazione si è sviluppata in un clima di enorme tensione; ci sono state grida, insulti e un paio di tentativi d’aggressione fra membri del Popolo della Libertà e i loro arcirivali di FLI. Secondo quanto denunciato dall’opposizione, durante il voto, nominale e in due turni, il PDL ha continuato a negoziare alla luce del giorno con diversi deputati della minoranza affinché combiassero il loro voto.

La teatralità della politica italiana ha voluto che i transfughi decisivi non abbiano risposto alla prima chiamata al voto: così, nell’andare a farlo in solitaria all’inizio della seconda chiamata, han potuto passare tra i banchi del Governo ricevendo ovazioni e pacche sulle spalle. Le tre deputate incinte alla fine hanno votato, una di loro con ambulanza e sedia a rotelle, ma non hanno modificato il risultato.

Dopo la sconfitta del suo avversario Berlusconi ha ricevuto, senza un’ombra di pudore, nella sala del Governo a Montecitorio, i tre opportunisti che gli hanno permesso di superare la mozione: Bruno Cesario, Domenico Scilipoti e Massimo Calearo. I tre si erano denominati Gruppo di Responsabilità.

Gianfranco Fini ha presieduto la sessione con apparente calma, anche se ha dovuto sospenderla quando uno dei suoi deputati ha iniziato a prendersi a schiaffi con uno del PDL, e nell’intervallo è tornato a fumare, dopo aver smesso da un anno. Alla fine del tortuoso riconteggio dei voti, dagli scranni del PDL e della Lega Nord, gli hanno gridato con insistenza “dimissioni, dimissioni”, e anche “coglionazzo”. Fini ha replicato dicendo: “È stata una vittoria numerica, ma non politica”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

lunedì 13 dicembre 2010

Italia dall'Estero - Berlusconi giura sui suoi “figli e nipoti” che non ha fatto affari con Putin

Pubblico un articolo di El País del 5 dicembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi giura sui suoi “figli e nipoti” che non ha fatto affari con Putin

Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi è tornato a smentire di aver approfittato dei rapporti internazionali dell’Italia, come sostenuto dai comunicati di Wikileaks che citano fonti del suo stesso partito, dell’opposizione e del governo della Georgia.

Per cercare di consolidare il peso delle sue parole, Berlusconi ha fatto ricorso a una formula già usata in passato, giurare sui suoi figli, ma con una variante: questa volta ha incluso anche i suoi nipoti. “Posso giurare sui miei figli e i miei nipoti che non ho mai guadagnato un dollaro e che ho sempre ha lavorato nell’interesse del mio Paese”, ha detto.

Parlando al telefono a un meeting del Popolo della Libertà Berlusconi, che il prossimo 14 dicembre affronterà una mozione di sfiducia in Parlamento, ha aperto per la prima volta al suo ritiro dalla politica: “Sono consapevole del fatto che ho una certa età (74 anni) e che prima o poi dovrò ritirarmi “, ha detto,”ma passerò il testimone soltanto quando avrò portato a compimento il programma di Governo e di certo mai ai dirigenti della vecchia politica, ma alle nuove generazioni di politici “.

Berlusconi ha attaccato Gianfranco Fini, suo alleato fino al luglio scorso, e il leader democristiano Pierferdinando Casini, suo alleato al Governo tra il 2001 e il 2006 e che adesso è uno dei firmatari della mozione di sfiducia contro di lui. “Casini ha il solo scopo di eliminare Silvio Berlusconi per prendere il suo posto”, ha detto. E su Fini, seppure senza nominarlo, ha affermato che “è di una totale incoerenza” e che “per ambizioni personali, vuole consegnare il governo del Paese alla sinistra”.

Secondo Il Cavaliere, i suoi attuali nemici del centro-destra sono “tipi di seconda fila” e “aspiranti leader politici di partito” che “non hanno mai fatto niente di importante per il Paese” e stanno “portando avanti un progetto per distruggere la credibilità dell’Italia”.

L’attacco a tutto campo arriva pochi giorni dopo che i dispacci di Wikileaks hanno rivelato che la diplomazia degli Stati Uniti sospetta che Berlusconi abbia tratto beneficio personale dai contratti energetici stipulati tra
Italia e Russia e, secondo il suo braccio destro Gianni Letta e il suo caro amico Giampiero Cantoni, il Primo Ministro sta “pagando il prezzo dei suoi scandali sessuali, famigliari e giudiziari”, è “politicamente e fisicamente debole”, dorme poco perché partecipa a “festini hard” e non si fida nemmeno dei propri servizi segreti.

Senza citare le fonti, oggi Berlusconi si è autodefinito “una star” della politica internazionale: “Pensate se uno di questi si sedesse a un tavolo di negoziati internazionali per difendere la posizione Italiana”, ha scherzato. E ricordando il recente vertice OCSE tenuto in Kazakistan ha aggiunto: “Ero io la star .Tutti venivano a farsi la foto con me. Per la mia esperienza e perché tutti mi conoscono come un tycoon (magnate) e non solo perché sono un politico”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

giovedì 2 dicembre 2010

Italia dall'Estero - La stupidità della sinistra

Pubblico un articolo di Die Zeit del 21 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

La stupidità della sinistra

Silvio Berlusconi sarebbe da tempo una vicenda chiusa, se i suoi avversari non avessero commesso tanti madornali errori

Le spiegazioni più semplici sono quelle che affascinano di meno e per questo suscitano di solito anche meno attenzione. Così ancora molte persone tentano di spiegare, nonostante tutti gli scandali, il successo di Silvio Berlusconi e la stabilità del suo potere, con il suo carisma mediatico, la sua abilità di comunicare alla maggioranza anarchico-conservativa della profonda Italia e di difendere gli interessi di una certa imprenditoria.

Nessuno però riflette su una semplicissima risposta, anche se è praticamente facile da documentare: la forza di Berlusconi, tutta la sua forza, è dovuta soltanto alla debolezza della sinistra e agli errori dei suoi dirigenti. Banale? Pare che corrisponda alla verità.

Berlusconi ha vinto per tre volte le elezioni, ma è stato sconfitto due volte e sarebbe potuto uscire sconfitto anche dalle prime elezioni vinte in assoluto. Ci troviamo nel 1994, due anni prima lo scandalo Mani Pulite spazzò via l’intera classe dirigente (la democrazia Cristiana e i Socialisti). Si indagò per corruzione anche sull’allora ancora potente partito comunista. Tuttavia anche se gli inquirenti trovano/scoprono qualcosa ai margini del partito, la dirigenza del PCI ne esce con le mani pulite.

Il PCI è quindi l’unico partito che in un certo qual modo supera indenne il grande scandalo. Berlusconi fonda Forza Italia, per assicurarsi gli elettori, diventati “orfani” della DC e del partito socialista. Apre anche un dialogo con gli ex fascisti di Alleanza Nazionale.

Nella fase introduttiva delle elezioni del 1994 i partiti di sinistra sono in testa in tutti i sondaggi. Sarebbe bastato presentare un candidato laico alla presidenza del consiglio e che non provenisse da partiti che, a seguito degli scandali per corruzione, erano diventati estremamente impopolari. Ma il segretario del PDS (che è il partito che succede a quello comunista), Achille Occhetto, decide con slancio narcisistico (ed ignoranza) di candidarsi. Questi definisce il suo partito come una “allegra macchina da guerra”. Ma qualcun altro è contento: Berlusconi. Occhetto era stato in fondo l’ultimo segretario del Partito Comunista Italiano. Riscuote successo uno scontro elettorale tutto nel segno dell’anticomunismo, che in Italia di solito incontra il consenso della maggioranza, e dell’”imprenditore” Berlusconi, che scende in campo contro i politici di professione. Berlusconi diventa per la prima volta Premier.

Otto mesi più tardi il suo governo cade a causa della Lega Nord, alleata di coalizione. Dopo una breve fase di transizione, in cui il governo è guidato da una dirigenza formata da tecnici, si va di nuovo alle elezioni nel 1996. Questa volta, per vincere le elezioni, alla sinistra basta candidare un professore, un progressista, cattolico ed esperto in economia, Romano Prodi. E’ la prima pratica dimostrazione, che qualsiasi analista lungimirante avrebbe potuto prevedere: l’ ”antipolitica” sarà a lungo il punto fermo, da cui si partirà per vincere le elezioni. Fermo restando che non si tratta di una antipolitica nel vero senso della parola, ma al contrario un rifiuto sempre più radicale (e assolutamente giustificato) di una degenerazione della democrazia, che si esprime nel predominio di apparati di partito corrotti. Nel 2007 è stato pubblicato un bestseller che viene al punto di questa circostanza. Il titolo del libro scritto da due giornalisti, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, delinea esattamente il problema: La Casta. Chi riesce a restare estraneo a questa casta, vince.

Dopo la vittoria di Prodi nel 1996 tutti i giornali credono che Berlusconi sia finito. Si fa già il nome del suo successore. E’ un imprenditore, pressato dai debiti e sull’orlo della bancarotta. La bancarotta del suo impero mediatico sembra solo questione di giorni. Allo stesso tempo la procura della repubblica indaga contro di lui e in parecchi processi. Ogni giorno ci si aspetta un mandato di arresto per Berlusconi.

In questa situazione sarebbe bastato che il governo di centro sinistra non avesse fatto semplicemente nulla, per chiudere definitivamente il capitolo Berlusconi. Ma il governo fa qualcosa, ne fa persino un bel po’. Il nuovo segretario dell’ex partito comunista, Massimo D’Alema, offre allo sbalordito Berlusconi una coalizione per un “rifacimento” della Costituzione. Vuole riscrivere la Costituzione con Berlusconi, per crearne una delle migliori del mondo.

Il già sconfitto Berlusconi, diventa una specie di “Padre della patria”, inserito nel partito di maggioranza, l’ex PC. Gli sviluppi non si fanno attendere: Berlusconi diventa di nuovo l’incontestabile guida del centrodestra; le banche gli concedono nuovamente credito; una politica appoggiata da tutti i maggiori partiti riduce l’autonomia della procura della Repubblica e salva Berlusconi dalla galera.

Succede quello che deve succedere: Berlusconi vince le elezioni del 2001. Prodi diventa presidente della commissione europea. D’Alema diventa capo dell’ opposizione. Ma non si oppone affatto. Nel 2002 dalla società laica (nel senso non politica) nasce spontaneamente un movimento di opposizione, i cosiddetti „Girotondini“, sostenuti da famosi artisti ed intellettuali. Questo movimento si rivolge contro Berlusconi, ma anche contro un’”opposizione” che non c’è.

Ciò nonostante, la performance di Berlusconi come capo del governo è cosi deludente, che due mesi prima delle previste elezioni del 2006, nei sondaggi si piazza decisamente alle spalle di Romano Prodi, che si candida di nuovo. Prodi ha un vantaggio apparentemente irraggiungibile. E ancora, non si dovrebbe far nulla, solo attendere le elezioni. Ma i leader dei partiti di sinistra commettono solo errori prevedibili. Offrono a Berlusconi un dialogo, e contrastano il movimento laico, che definiscono “giacobino”.

Con le elezioni si giunge – in base ai voti – ad un patto di massima. Con il sistema elettorale italiano la coalizione di centro sinistra ottiene un palese vantaggio di 50 seggi alla Camera. Avrebbe ottenuto la maggioranza anche al Senato, se avesse accettato l’appoggio che gli era stato offerto dalle “liste civiche”. Ma rifiuta. La dirigenza dei partiti di centro sinistra considera pericolosa la collaborazione con i candidati indipendenti. Nel frattempo giunge ad una coalizione con gli ex compagni di viaggio di Berlusconi. Uno di questi viene persino nominato ministro della giustizia – Clemente Mastella – un ex dirigente della democrazia cristiana. E’ Mastella che più tardi farà cadere il governo Prodi. Si arriva a nuove elezioni. Berlusconi vince.

Oggi siamo arrivati allo stesso punto: gli innumerevoli scandali hanno fatto sì che il governo Berlusconi precipitasse nei sondaggi. Ma il partito democratico non ne trae alcun vantaggio. Se solo facesse una vera opposizione, se solo facessero della moralità il loro vessillo e considerassero la “Casta” come loro nemico – vincerebbero alla grande. L’ignoranza dei loro dirigenti è intollerabile. O forse anche loro sono membri della “casta”.

(Articolo originale di Ulrich Ladurner)

Italia dall'Estero - Berlusconi in caduta libera. La procura dei minori smentisce il ministro e la brasiliana Conceição Santos Oliveira sarà interrogata

Pubblico un articolo di Terra Brasil del 10 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi in caduta libera. La procura dei minori smentisce il ministro e la brasiliana Conceição Santos Oliveira sarà interrogata

1. Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi è in caduta libera. E già si parla apertamente di un nuovo governo.
Nel fine settimana, a Perugia, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha chiesto le dimissioni di Berlusconi.

Fini, un ex fascista che oggi indossa ideologicamente i panni di una destra progressista, democratica e rispettosa dei diritti umani, ha lanciato le linee guida del suo nuovo partito, Futuro e Libertà. L´attuale presidente della Camera aveva fondato il partito neofascista Alleanza Nazionale, e lo aveva sciolto unendosi alla coalizione in appoggio a Berlusconi, leader del PDL.

Il nome di Fini era stampato sulle schede elettorali in occasione delle ultime elezioni. E campeggiava subito sotto il nome di Berlusconi. Questo fatto viene usato dai parlamentari vicini a Fini per sostenere la tesi che Berlusconi non vinse le elezioni da solo.

Nei tre ultimi mesi, Berlusconi ha tentato con astuzia di distruggere Fini. È stato coinvolto in uno scandalo dal quotidiano controllato dal fratello di Berlusconi. Sarebbe coinvolto in un grosso imbroglio nella compravendita di un appartamento a Monte Carlo di cui avrebbe beneficiato il cognato a scapito di Alleanza Nazionale, ex proprietario dell´immobile. Tra l´altro l´immobile era stato donato alla sua morte da una militante della destra nazionalista e fascista.

Ieri si è avvenuta la prima grande sconfitta politica berlusconiana. Il suo governo non è riuscito ad approvare in Parlamento il Trattato Italia-Libia, firmato il 15 maggio 2009 dal premier italiano con il dittatore libico Gheddafi. È stata la prova della distruzione, di fatto, della base parlamentare di Berlusconi.

I parlamentari del nuovo partito Futuro e Libertà hanno votato con l´opposizione (Partito Democratico) contro il governo del premier Berlusconi. Tale trattato, che viola le più elementari regole di protezione degli immigrati, è stato bocciato.

Per averne un´idea, il trattato permetteva che su mandato del Ministero degli Interni italiano le imbarcazioni in acque internazionali, fossero intercettate e gli immigrati fossero consegnati alle autorità libiche. La Libia non accetta sul suo territorio l´agenzia dell´ONU per i rifugiati, ovvero un organo che segue i casi dei rifugiati politici, come quelli che tentano di scappare dalla dittatura di Gheddafi. Così, coloro che tentano di emigrare e vengono catturati, sono sottoposti alle pene disumane di un regime dittatoriale.

In Parlamento Berlusconi conta al momento solo sull’appoggio della Lega Nord e ciò, evidentemente, non gli dà la maggioranza. Come tutti sanno, senza maggioranza non si riesce a governare.

2. Come se non bastasse la crisi politica, quella etica, morale e il rinnovarsi della criminalità sono tornate a colpire in pieno Berlusconi.

Nel primo pomeriggio di oggi (10 novembre, N.d.T) è stata smontata la farsa che il ministro dell´Interno Roberto Maroni, ha messo in scena ieri al Senato per tentare di porre fine al sexygate conosciuto anche come il caso di Ruby rubacuori.

Il pm Anna Maria Fiorillo del Tribunale dei minori ha smentito la versione sostenuta da Maroni. Secondo lei la questura di Milano quel fatidico 27 maggio del 2010, (X) ha violato la legge italiana per ossequiare Berlusconi che era interessato alla liberazione della minorenne Karina el Mahroug, soprannominata nel mondo delle prostitute Ruby Rubacuori.

Solo per ricordare.
Il 27 maggio 2010, Ruby, una escort che frequentava le orge berlusconiane, venne arrestata con l´accusa di aver rubato 3000 euro.

Un´amica di Ruby, la brasiliana Conceição Santos Oliveira, conosciuta anche col nome di Michelle Conceição de Oliveira, telefonò a Berlusconi per avvisarlo dell´arresto e chiedere aiuto.
Berlusconi chiamò la questura dal cellulare del capo delle guardie del corpo e per giustificare la liberazione raccontò che Ruby, una marocchina senza permesso di soggiorno in Italia, era la nipote di Mubarak, il presidente egiziano. Quindi doveva essere liberata per evitare problemi diplomatici: Mubarak ha protestato formalmente.

Dopo la pressione fatta direttamente dal premier Berlusconi, Ruby fu consegnata, contro le disposizioni di legge che protegge i minori in situazione irregolare, alla tutela di Nicole Minetti.

In questura, Minetti si presentò come l’ex igienista dentale di Berlusconi: fu eletta, con l´appoggio di Berlusconi, consigliere regionale in Lombardia. Subito dopo la liberazione, a meno di un isolato di distanza dalla questura, Minetti avrebbe abbandonato Ruby.

Per il pm Fiorillo, che si è rivolta al CSM, ci fu il mancato rispetto della legge da parte della questura. E inoltre fu violata la sua decisione: quel 27 maggio lei era di turno al Tribunale dei Minori.

In questi casi, ha spiegato Fiorillo al sito del giornale La Repubblica, la minore è inviata ad una casa di accoglienza. Dato che erano disponibili posti in varie case, la questura milanese non avrebbe potuto, contro l´indicazione del pm, consegnare Ruby a Nicole Minetti, di 27 anni.
In sintesi, l’intera versione del ministro leghista Maroni è stata smentita e ridotta in polvere dalla pm Fiorillo. E adesso il caso è al CSM, che potrebbe dare ragione al magistrato.

3. Ruby aveva 17 anni quando frequentava le feste di Berlusconi e ha detto che nella Villa di Arcore si ballava il “bunga-bunga”.
In origine il bunga-bunga era una danza tribale keniota, nella quale gli uomini si muovevano in fila, mentre aspettavano il proprio turno per sodomizzare il nemico catturato. Nelle feste di Arcore si faceva un “trenino” e i vari capi di abbigliamento volavano via durante lo sviluppo di figure dal valore simbolico.
Il 1º novembre 2010 Ruby ha compiuto 18 anni. Da allora, festeggia in eleganti discoteche e le feste proseguiranno tutto il mese con torta, prosecco e molti invitati.

NOTIZIA FLASH. Si attende la deposizione di Conceição Santos Oliveira, la brasiliana che aveva il numero di cellulare di Berlusconi.
Al momento questi si è già prodigato per trovare – come nel caso della napoletana Noemi (anche lei minorenne quando conobbe Berlusconi) – un fidanzato per Ruby. Si chiama Sergio. Sulla copertina della rivista Oggi appena uscita in edicola, c`è la foto di Veronica Lario che ha chiesto il divorzio da Berlusconi. Il titolo di copertina è suggestivo: “La vera storia di Veronica”.

(Articolo originale di Wálter Fanganiello Maierovitch)

Italia dall'Estero - Vieni via con me

Pubblico un articolo di NOS del 16 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Vieni via con me

Talvolta succede qualcosa che ti dà la sensazione che il cambiamento aleggi nell’aria. Potrebbe essere l’imminente caduta di un governo ma anche qualcosa di triviale come un programma televisivo. Mica tanto triviale, con oltre 10 milioni di persone che l’hanno seguito ieri sera. Quasi 1 spettatore su 3 ha scelto di vedere un programma in cui in effetti non succedeva molto di emozionante. Sono state lette delle liste, cantate delle canzoni e tenuti lunghi monologhi. Un miracolo? No, televisione che ti tocca.

Vieni via con me è una canzone di Paolo Conte. Questo ‘Vieni via con me’ è invece un viaggio virtuale attraverso l’Italia Buona in quattro puntate. Una serie di incontri con persone che lottano contro l’ingiustizia e per una società giusta. In teoria un pesante mattone di idealismo, trasmesso per ore usando una ridda di parole ma in modo tale da arrivare dritto al cuore di moltissimi italiani.

Nessun timing è mai stato così perfetto. Mentre Silvio Berlusconi si aggrappa all’ultimo apparente brandello di speranza del suo potere, un’Italia di persone che vogliono un Paese diverso e migliore si alza in piedi. Cittadini critici che lottano per una buona legge sull’eutanasia, per il riconoscimento della nazionalità italiana agli immigrati nati e cresciuti nel Paese, per un’esistenza onesta in cui i meriti pesino più dei favori.

Il programma è di una semplicità da far tenerezza. I presentatori Fabio Fazio, un conduttore piuttosto timido di talk show di successo, e Roberto Saviano, l’autore del bestseller Gomorra che vive sotto scorta, raccontano le cose buone e quelle cattive del loro Paese. Lo fanno chiedendo ai loro ospiti di leggere degli elenchi. Italiani famosi come Beppino Englaro, il padre di Eluana che morì dopo 17 anni di coma mentre lui continuava a lottare per l’eutanasia di sua figlia. Ma anche sconosciuti, come la giovane laureata che legge un elenco dei lavori che non le hanno dato. O la suora che elenca i motivi per i quali dovrebbe essere permesso costruire una moschea a Milano. Gli insulti ricevuti dal dipendente di un callcenter. Le 27 parolacce che esistono in italiano per definire un omosessuale. I principi di un politico di sinistra. Quelli di un politico di destra. Troppi da elencare.

Tutto questo in uno splendido scenario e intervallati da sketch e musica. Un formato che su carta sembra soprattutto soporifero, ma che in questo Paese dove la parola è amata così intensamente è diventato immediatamente un enorme successo. A quanto pare molti italiani sognano questa Italia Buona e forse, chissà, è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche per tradurla in realtà.

(Articolo originale di Andrea Vreede)

martedì 30 novembre 2010

Italia dall'Estero - Pompei crolla, simbolo di un’Italia in stato di catastrofe culturale

Pubblico un articolo di Le Monde del 13 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Pompei crolla, simbolo di un’Italia in stato di catastrofe culturale

La Casa dei Gladiatori e i suoi affreschi che crollano completamente, domenica 7 novembre, a Pompei, in mancanza di una manutenzione costante. Il tappeto rosso del Festival del cinema di Roma invaso da centinaia di manifestanti che protestano, il giorno dell’inaugurazione, contro i tagli alla cultura. Il Museo d’Arte Moderna di Napoli che non riesce più a pagare le bollette dell’elettricità e minaccia di ridurre gli orari di apertura. Il Teatro dell’Opera [di Roma] che ha dovuto ridurre i contratti dei tecnici. Tutti questi avvenimenti rivelano “lo stato di catastrofe culturale” che minaccia oggi l’Italia.

La politica di rigore di bilancio decretata dal governo (29 miliardi di euro di risparmi nel 2011 e 2012) si tradurrà in una riduzione di 58 milioni di euro per il settore della valorizzazione dei beni culturali, e di più di 100 milioni per il Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS). La situazione è altrettanto difficile per gli enti locali: non potranno spendere più del 20% delle somme stanziate in passato dallo Stato per l’organizzazione di eventi culturali.

“Queste restrizioni sono un vero disastro”, si lamenta Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune di Roma. “Una mostra come quella di quest’anno a Roma sul Caravaggio, non sarà più possibile. Si pensi che ha attirato 500 000 visitatori, e fruttato 30 milioni di euro, di cui 15 milioni allo Stato.” Ma questo non persuade il governo: “La cultura non si mangia” risponde Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia di un Paese che conta il maggior numero di siti (45) classificati come patrimonio dell’Unesco.

Cuore dell’attività dell’Italia

Per protestare contro i tagli di bilancio, numerosi musei, biblioteche e siti archeologici erano rimasti chiusi venerdì 12 novembre, altri erano rimasti aperti gratuitamente. Il 22 novembre, attori, registi, sceneggiatori e tecnici del cinema sono ugualmente chiamati dai sindacati ad uno sciopero generale. “Quando un’azienda è in difficoltà, si concentra sul cuore della sua attività e il cuore dell’attività dell’Italia è la cultura”, spiega l’assessore alla Cultura del Comune di Genova, Andrea Ranieri. “La cultura non è la ciliegina sulla torta, è la torta”, rincara la dose il presidente dell’Associazione dei Comuni Italiani.

La torta è mal ridotta. Al di là della polemica, è tutta la gestione del patrimonio culturale italiano ad essere in causa. La sua salvaguardia e l’economia che ne deriva. “Non è solamente una casa che crolla a Pompei” si preoccupa Maria Pia Guermandi, membro della direzione dell’associazione Italia Nostra, ma la credibilità del Paese. Noi non siamo più in grado di gestire tutto questo.”

“Mancanza di denaro”

L’arte e la cultura, che dovrebbero essere tra le principali risorse dell’Italia, ricevono scarsi investimenti, quando il turismo rappresenta il 12% del PIL. Dai 7 miliardi di euro del 2008, anno dell’elezione di Silvio Berlusconi, il bilancio della cultura è sceso a 5 miliardi nel 2010, ovvero lo 0,21% del bilancio della nazione.
Musei di provincia quasi vuoti, siti archeologici che ricevono pochi visitatori al giorno: l’Italia soffre di troppe ricchezze, e di troppo poco denaro per conservarle in buono stato e attirare pubblico. “La valorizzazione dell’eccezionale patrimonio sembra lontana dall’essere ottimale”, conclude un rapporto della Fondazione Ambrosetti, presentato il 12 novembre nel quadro della manifestazione Firenze 2010, dedicata alla valorizzazione del patrimonio.

Da parte sua Sandro Bondi, Ministro della Cultura, si dibatte tra l’intransigente Ministro dell’Economia e gli ambienti culturali allo stremo. Per manifestare la sua opposizione alle riduzioni di bilancio, ha snobbato un Consiglio dei Ministri. Difende però lo spirito della riforma, denunciando la “cultura dell’assistenza” che è prevalsa fino ad allora. Il suo progetto? Moltiplicare le fondazioni pubbliche e private per conservare in buono stato i grandi siti e i musei, sul modello del Museo Egizio di Torino.

Ma il crollo della Casa dei Gladiatori potrebbe portare un colpo fatale al Ministro della Cultura. Dopo avere incautamente dichiarato che il sito era crollato a causa della mancanza di denaro per conservarlo, ha accusato le infiltrazioni di acqua di essere la causa di tale disastro, cosa che è in parte esatta. “Mi dimetterei se fossi responsabile”, ha ripetuto, mercoledì 10 novembre, in Parlamento. L’opposizione dovrebbe presentare una mozione di sfiducia nei confronti di colui che si è ormai guadagnato il soprannome di “ministro dei mali culturali”.

(Articolo originale di Philippe Ridet)

lunedì 29 novembre 2010

Italia dall'Estero - Come fa Silvio Berlusconi ad essere ancora al potere?

Pubblico un articolo del Guardian del 16 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Come fa Silvio Berlusconi ad essere ancora al potere?

Sta diventando difficile capire cos’altro debba fare Silvio Berlusconi, il Presidente del Consiglio italiano, per essere sfrattato dal potere. In molti paesi uno solo delle dozzine di scandali nei quali è stato coinvolto sarebbe stato sufficiente a mettere fine alla sua carriera politica. Ogni volta che esplode un nuovo scandalo, più sordido e incredibile del precedente, pensi che non riuscirà a cavarsela di nuovo. Non può riuscire, spereresti, a sopravvivere ad una sentenza che lo accusa di aver corrotto un avvocato in cambio di una falsa testimonianza, o a scrollarsi di dosso la montagna di prove secondo le quali organizza regolarmente delle orgie con escort a pagamento nelle sue residenze private e ufficiali. E invece, eccolo lì, ancora al potere, ancora leader di uno dei paesi più importanti e ricchi di cultura d’Europa. Dopo tutti questi anni, è ancora totalmente incredibile.

Sono certo che abbiate già sentito tutto questo, ma vale la pena ricordare a quanti scandali egli sia sopravvissuto fin’ora. Ci sono stati gli infiniti processi per corruzione che hanno portato ad una confusa serie di condanne e assoluzioni. Per chiunque abbia seguito la storia dell’acquisizione del gigante dell’editoria Mondadori, o il caso David Mills, c’è più che abbastanza fumo per sospettare che ci sia anche un fuoco con i fiocchi. Berlusconi è stato condannato per falsa testimonianza per aver negato di aver fatto parte di una losca loggia massonica di estrema destra, la P2, insoddisfatta per la deriva assunta dalla politica democratica.

Ci sono stati ripetute voci di una vicinanza incredibile alla mafia: durante gli anni ‘70 [Berlusconi] dava lavoro ad uno stalliere chiamato Vittorio Mangano, un mafioso condannato per omicidio, traffico di droga ed estorsione. Berlusconi non ha mai spiegato perché un uomo d’affari milanese come lui avesse assunto un simile gentiluomo. E non ha nemmeno mai risposto in maniera soddisfacente ad uno dei più grandi misteri della sua incredibile carriera: chi fornì le enormi somme di capitali necessarie alla costruzione delle sue proprietà residenziali nei sobborghi milanesi quasi 40 anni fa? Per molto tempo c’è stato il sospetto che i finanziamenti arrivassero attraverso una banca, la Banca Rasini, dove suo padre lavorava e nella quale diversi padrini siciliani depositavano i propri “risparmi”. Infatti, uno dei suoi più stretti alleati, Marcello Dell’Utri, è stato recentemente condannato a sette anni per collusione con la mafia. Diversi pentiti eccellenti sono spuntati negli anni scorsi ad affermare che Cosa Nostra vedeva Forza Italia, il partito di Berlusconi, come il cavallo di Troia giusto attraverso il quale arrivare al potere. Il fatto che Berlusconi abbia conquistato il 100% dei seggi assegnati per via elettiva in Sicilia nel 2001 la dice lunga su quale fosse il cavallo dentro al quale Cosa Nostra scelse di strisciare.

E poi, ovviamente, ci sono le prostitute. Gli italiani sono molto meno puritani di noi riguardo certe cose, e gli scandali sessuali in quanto tali sono rari. L’attiva vita sessuale di Berlusconi è diventata una questione politica non perché fa molto sesso, ma perché si dice abbia detto talmente tante bugie su ciò che sta accadendo da far sembrare Walter Mitty un servitore della verità [N.d.T. personaggio di un racconto di James Thurber noto per le sue fantasticherie]. Quando venne fotografato al diciottesimo compleanno di Noemi Letizia, la gente iniziò a chiedersi come avesse fatto un’adolescente a finire col frequentare il Presidente del Consiglio e perché lo chiamasse “Papi”. La risposta di Berlusconi fu che il suo vero padre era un vecchio amico, dato che lavorò come autista per Bettino Craxi, padrino politico di Berlusconi durante gli anni ‘80 che fuggì in esilio in Tunisia, per scampare alle accuse di corruzione. La storia dell’autista, ovviamente, era una balla. Quindi come faceva a conoscerla? Nessuno lo sa.

Sembra inoltre che Berlusconi abbia offerto a uomini d’affari come il barese Giampaolo Tarantini delle agevolazioni nei loro affari in cambio della fornitura di donne. Si dice abbia interferito con la giustizia facendo rilasciare dalla prigione una ragazza 17enne marocchina di nome Karima El-Mahroug – in arte Ruby Rubacuore – dicendo che si trattava della nipote del leader egiziano Hosni Mubarak. Ruby ha descritto un gioco sessuale orgiastico chiamato Bunga Bunga, una parola che ormai non abbandonerà più il lessico italiano. La futura ex moglie di Berlusconi ha detto che frequenta minorenni e che ha bisogno d’aiuto. La procedura di divorzio fra Veronica Lario e Berlusconi si concluderà presto, allontanadolo ancora di più dai buoni consigli e dalla saggia sorveglianza di un coniuge.

Usando le parole di uno dei leader dell’opposizione, “il problema adesso non è legale o politico, ma psichiatrico.” Ma anche tutte quelle storie impallidiscono fino a diventare insignificanti quando sono emerse nuove accuse riguardanti ragazze adolescenti che fumavano droga in Sardegna, trasportate lì sul jet privato di Berlusconi. Una di quelle intervistate dai magistrati ha affermato di aver ricevuto da lui 10.000 euro in una busta dopo un rapporto sessuale, e che lui avrebbe anche telefonato a sua madre per chiederle cosa poteva fare per lei. Un tocco di classe.

Fino a poco fa le storie di sesso non sono sembrate in grado di scalfire la reputazione di Berlusconi. Molti italiani invidiano o ammirano il suo successo con le donne, se così si può chiamare quando paghi 10.000 bigliettoni ogni volta. Molti nel suo elettorato sembrano apprezzare il fatto che il loro leader abbia il sangue bollente e che non lo nasconda. E’ indicativo il fatto che sia stato una delle sue riviste a mettere in risalto la prima storia su “Berlusconi e il suo harem” tre anni fa: sembravano sapere che avere giovani ragazze sulle ginocchia non avrebbe fatto altro che incrementare i suoi indici di gradimento. Ma anche quell’atteggiamento di indifferenza sembra essere cambiato. E’ cambiato in parte perché sembra probabile che stia ripetutamente mettendo a repentaglio la sicurezza e in parte perché il suo occhio per le donne sembra determinare chi ottiene un lavoro, chi un contratto, e anche chi entra in politica (come l’ex showgirl Nicole Minetti). E, per quanto l’elettorato italiano sia rilassato riguardo al sesso, è comunque in grado di riconoscere l’ipocrisia quando la vede. La scorsa settimana, mentre stavano venendo a galla le ultime rivelazioni, il governo di Berlusconi ha annunciato che la prostituzione sulle strade sarebbe diventata illegale. E’ stato come se un preside alcolizzato avesse detto ai propri alunni che non potevano bere la Coca Cola.

Ma soprattutto, sono cambiati gli atteggiamenti, perché gli italiani ammirano stile, charme ed eleganza, soprattutto nel campo della seduzione, e Berlusconi è apparso ripetutamente come niente più che un depravato feudale e un vecchietto bigotto e rimbambito. Visitando L’Aquila dopo il terremoto, 18 mesi fa, si è rivolto a un consigliere comunale dicendo: “Posso accarezzarti?”. Lui dà l’impressione di credere davvero nello jus primae noctis, il rito di origine medievale secondo il quale il sovrano avrebbe avuto la prima scelta sulle vergini del suo regno. Lo ha detto ad una delle sue parlamentari donna. La difesa di Berlusconi per la sua debolezza per la carne femminile (”meglio una passione per le belle ragazze che essere gay”) è stata vista come un commento semplicemente stupido, volgare e offensivo che avrebbe creato uno scandalo di per sé in qualsiasi paese normale.

Ma nonostante tutto quello che Berlusconi ha fatto, la crisi ha raggiunto uno stadio critico anche a causa di quello che non ha fatto. I residenti dell’Aquila vivono ancora nelle rovine delle loro case 18 mesi dopo il terribile terremoto. Nonostante tutte le sue promesse, il governo di Berlusconi è stato quasi completamente assente. (E’ indicativo il fatto che il giorno stesso del terremoto dei costruttori siano stati registrati dagli inquirenti mentre ridevano al pensiero della quantità di denaro che avrebbero potuto guadagnare sulla tragedia; e che il capo della Protezione Civile, l’uomo responsabile per la ricostruzione, si dice abbia ricevuto delle “ripassate” a tarda notte da parte di una massaggiatrice brasiliana fornita da quegli stessi costruttori.)

Solo durante questa settimana una parte centrale di Pompei è crollata al suolo, ennesima vittima dell’incompetenza e dell’incuria del governo. Sembra che parti dell’Italia siano letteralmente in rovina, mentre tutto quello di cui si preoccupa il grande leader è accoppiarsi. Ha trasformato il suo Paese in una barzelletta (l’Italia è diventata lo zimbello d’Europa): anche gli spettacoli comici britannici come Harry and Paul o Bremner, Bird and Fortune hanno degli spazi fissi per prenderlo in giro. Ci sono così tante pistole fumanti che lo circondano che spesso sembra una zona di guerra. Come diavolo fa ad essere ancora al potere, e come diavolo faranno gli italiani a liberarsi di lui?

La risposta più ovvia, che è anche la più convincente, è il semplice fatto che sia lui che la sua famiglia sono proprietari di una buona parte dei media italiani: tre reti TV nazionali, una gigantesca casa editrice, un grande quotidiano e dozzine di riviste. Il vero parlamento, il vero centro del dibattito nazionale, è il talk show televisivo, e Berlusconi ovviamente è proprietario della maggioranza degli studi di produzione. Questa concentrazione di potere mediatico nelle sue mani significa che ogni lotta politica sembra essere una gara fra una potenza nucleare e un bambino con un coltello.

Ogni qual volta qualcuno osi criticare Berlusconi i mastini della guerra vengono scatenati e viene montata una campagna di screditamento. Gianfranco Fini, ritenuto a lungo come il delfino di Berlusconi, è stato la vittima prescelta di quest’estate. Appena Fini ha tentato di distanziarsi dall’incidente politico del governo Berlusconi, è stato accusato di scorrettezza finanziaria nei suoi affari immobiliari a Monaco. Emma Marcegaglia, il giovane capo di Confindustria e apertamente critica verso Berlusconi, ha subito un trattamento simile. Anch’io ne sono stato vittima. Anni fa, quando pubblicai un libro dal tono furioso per ciò che Berlusconi stava facendo all’Italia, su una delle sue riviste comparve un lungo articolo che mi definiva il “Pinocchio inglese”; il suo spaventoso ministro per le comunicazioni accusò il mio testo di essere un misto di “marxismo e fanatismo”. Fintanto che Berlusconi continuerà a detenere un tale potere mediatico, nessuno oserà davvero impugnare il coltello. Farlo significherebbe, paradossalmente, non ambizione politica, ma suicidio politico.

E’ indicativo il fatto che le minacce più credibili arrivino dal suo stesso schieramento, perché l’opposizione di centro sinistra è notoriamente debole e divisa. Nei 12 anni nei quali mi sono occupato delle notizie sulla politica italiana il centro sinistra ha cambiato leader e programmi così tante volte da sembrare che stiano giocando al gioco delle sedie. I leader in quel periodo sono stati – quelli che mi vengono in mente – Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli, Fassino, ancora Prodi, Veltroni e ora Bersani. E mentre molte persone odiano Berlusconi, molti di pù, temo, trovano i partiti di centro sinistra piuttosto patetici. La Lega Nord ha avuto un successo incredibile nel rastrellare il voto della classe operaia con gigantesche falciate in quel nord che tradizionalmente faceva parte dell’affidabile base della sinistra.

Ed è diventato chiaro che, se nessuno impugnerà mai politicamente quel coltello, nemmeno Berlusconi cadrà mai sulla sua stessa spada. Nonostante tutte le sue colpe, è un guerriero, caparbio, determinato e mai pronto alla resa. Quando passò cinque anni all’opposizione tra il 1996 e il 2001, ne parlò in termini biblici come della sua “traversata nel deserto”. Ma il suo complesso messianico è tale da non aver mai messo in dubbio che ci sarebbe stata una resurrezione politica. La sola volta nella quale io abbia mai provato una riluttante ammirazione per lui fu quando, recentemente, gli venne lanciata contro una miniatura della cattedrale di Milano, rompendogli un dente e causando la fuoriuscita di molto sangue. Mentre gli uomini della sicurezza cercavano di portarlo via in tutta fretta, lui si è alzato in piedi sulla macchina e ha urlato in tono di sfida verso il suo aggressore. Si trattava di un uomo sui 70 anni che era stato ferito piuttosto gravemente, che avrebbe potuto pensare che la sua vita fosse in pericolo, ma ebbe il coraggio di affrontare il proprio assalitore. In politica è lo stesso. A ogni attacco viene immediatamente opposto un controattacco. Non si arrenderà mai e poi mai.

In molti paesi, il meccanismo più usato per rimuovere questo tipo di leader è quello di fare appello all’interesse nazionale. In tal modo l’uscita di scena di un politico può conferirgli una certa misura di dignità, e può conferire la sensazione di star facendo un grande sacrificio nell’interesse del loro beneamato paese. Ma anche se Berlusconi crede davvero di essere una sorta di salvatore, non è quel tipo di salvatore che crede nel sacrificio personale. Né, soprattutto, crede nell’interesse nazionale.

Quasi nulla di ciò che è avvenuto sotto il suo governo lascia pensare che egli abbia una qualsivoglia nozione degli interessi dell’Italia. Ha trascorso quasi due decenni a soggiogare gli interessi della nazione ai propri: provando a rovinare la RAI, l’emittente televisiva di stato e rivale del suo stesso impero mediatico Mediaset; depenalizzando il falso in bilancio; accorciando i termini di prescrizione, in modo che i reati vadano prescritti in maniera incredibilmente veloce. Ogni decisione politica, sembrerebbe, è utile a Silvio, non alla penisola nel suo complesso. Il genio tragico di Berlusconi sta nell’essere apparentemente riuscito a convincere milioni di persone che il suo destino è il loro destino: chiunque tema di diventare vittima di persecuzioni giudiziarie, o si senta troppo tassato, o che ritenga che gli stranieri siano condiscendentemente critici dello stile di vita italiano, viene subdolamente persuaso del fatto che liberarsi di Silvio significherebbe diventare vulnerabile e isolato.

Ad ogni modo molti dei suoi fanatici ammiratori ammettono ora che quest’uomo sia un peso. Ogni volta che mette piede sul palcoscenico internazionale gli italiani trattengono il fiato e attendono che umili se stesso e il loro paese: negli anni scorsi ha chiamato Obama “abbronzato”, la regina gli ha detto di smettere di fare chiasso, ha fatto aspettare i leader della Nato mentre gli dava le spalle per chiacchierare al cellulare, e ha fatto il gesto di una pistola rivolto ad una giornalista mettendola a disagio.

E comunque il paese non sembra riuscire a liberarsene: Fini sembra non avere le palle per votare contro di lui su una mozione di sfiducia e l’opposizione non può farcela da sola. Parte del problema è che chiunque venga visto quale responsabile di aver forzato il ricorso alle elezioni, e di aver messo in pericolo l’approvazione parlamentare del bilancio 2011 in tempi di profonda crisi economica, sarà punito alle urne. Il parlamento è paralizzato. Il governo ha perso tre votazioni in un solo giorno la scorsa settimana. Ieri, una settimana dopo aver chiesto le dimissioni di Berlusconi, Il partito di Fini, Futuro e Libertà ha formalmente lasciato la coalizione. Ma il governo è ancora lì, come un pugile malridotto al quale manca un allenatore a gettare la spugna.

La dimensione del problema mi è stata spiegata recentemente durante una conversazione con un gentile avvocato di Roma. La discussione era finita, come accade con regolarità monotona, su Berlusconi, e l’avvocato mi ha confidato di ritenere l’assassinio il solo mezzo col quale il paese si sarebbe potuto liberare di quell’individuo. Dato che di norma è un pacifista pensavo che stesse scherzando, ma era serio. Non riusciva a vedere altra via attraverso la quale il paese si sarebbe potuto liberare del suo presidente del consiglio. Ok, a me Berlusconi non piace come a molti altri, ma preferisco di gran lunga averlo al potere che avere un ritorno agli spargimenti di sangue degli anni ‘70. Però quando un avvocato cattolico di ceto medio e rispettoso della legge inizia a parlare piuttosto seriamente di insurrezione armata ti rendi conto che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel paese, che ha raggiunto un vicolo cieco politico molto pericoloso.

E così il paese si trova in una situazione di stallo, incapace di continuare con Berlusconi, ma incapace di rimpiazzarlo. Da quando salì al potere nel 1994 è stato, con le parole del fu Indro Montanelli, “il macigno che paralizza la politica italiana”. Non esiste discorso politico che non lo nomini. Qualsiasi cosa gira attorno a lui. Non puoi uscire a cena senza che il suo nome venga fuori. Ogni elezione dal 1994 è stata praticamente un referendum su di lui, con il risultato al momento – a lui piacciono le analogie calcistiche – di 3 a 2 in suo favore. Liberarsi di lui non è solo un problema di elezioni o colpo di stato. Ha già perso prima ed è rimbalzato indietro. Il solo modo per liberare la politica italiana dalla sua immensa e deleteria influenza sarebbe che morisse, o che il paese fosse sottoposto a una capillare e programmatica deBerlusconizzazione, un tentativo di tornare alla realtà dopo 20 anni del suo lavaggio del cervello televisivo. Temo che il primo caso sia più probabile del secondo, ma sembra ancora molto di là da venire.

(Articolo originale di Tobias Jones)

giovedì 25 novembre 2010

Italia dall'Estero - Le relazioni pericolose del Cavaliere con la “Piovra”

Pubblico un articolo di Le Temps del 1° novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Le relazioni pericolose del Cavaliere con la “Piovra”

Da anni il nome del capo del governo viene citato con regolarità da persone legate a Cosa Nostra in Sicilia. Silvio Berlusconi respinge in toto queste accuse.

Invischiato in un nuovo scandalo sessuale, dopo le rivelazioni secondo le quali sarebbe intervenuto impropriamente per fare liberare “Ruby”, una minorenne arrestata dalla polizia per furto, Silvio Berlusconi si ritiene vittima di una cospirazione. Politicamente indebolito da diversi mesi, soprattutto a causa della crisi economica e del dissenso all’interno della sua stessa coalizione, teme in particolare nuove inchieste dopo il recente mandato di comparizione da parte della Procura di Roma che lo sospetta, insieme al figlio, di evasione fiscale.

Ma l’attenzione di Silvio Berlusconi è anche rivolta alla Sicilia, dove da anni il suo nome è regolarmente citato da personaggi legati a Cosa Nostra. Lo scorso agosto, Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco democristiano di Palermo Vito Ciancimino, condannato per concorso in associazione mafiosa, e sua madre, hanno detto che alla vigilia delle legislative del 2001 il Cavaliere avrebbe inviato denaro a Bernardo Provenzano, il boss dei boss, allora latitante. L’obiettivo era assicurarsi il sostegno elettorale dei clan?
Alcune settimane prima, Massimo Ciancimino, lui stesso sotto inchiesta per collusione con la Piovra, aveva sostenuto che i boss siciliani “negli anni ‘70 e ‘80, avevano fatto grossi investimenti nella Edilnord”, la società di costruzioni del Cavaliere. “Silvio Berlusconi non ha mai avuto contatti diretti o indiretti con Vito Ciancimino” († 2002), ha duramente replicato il suo avvocato, Niccolò Ghedini.

Ma già l’anno scorso un pentito di mafia, Gaspare Spatuzza, aveva tirato in ballo il Presidente del Consiglio, sostenendo il suo ingresso in politica nel 1994 sarebbe stato appoggiato dalla Piovra. Nel corso della sua deposizione in particolare ha dichiarato che Giuseppe Graviano, padrino del quartiere palermitano Brancaccio, gli aveva confidato a Roma, nel gennaio dello stesso anno, che Berlusconi era diventato un interlocutore di Cosa Nostra: “Graviano mi fece il nome di Berlusconi e mi disse che grazie a lui e al compaesano nostro [Marcello Dell'Utri, N.d.R.] ci eravamo messi il paese tra le mani”.

Gaspare Spatuzza tuttavia non ha fornito molti dettagli e Giuseppe Graviano, ora in carcere, non ha confermato i fatti. “Sono accuse infondate e infamanti”, hanno replicato i politici vicini al leader della destra che ricordano il curriculum criminale dei suoi accusatori. “Prima di collaborare con la giustizia Gaspare Spatuzza era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di un prete anti-mafia”.
Resta il fatto che queste dichiarazioni hanno riaperto gli interrogativi sulle ombre siciliane che hanno circondato l’ascesa nel mondo degli affari e poi nella politica dell’attuale numero uno italiano. Il primo episodio inquietante risale agli anni ‘70, quando Silvio Berlusconi si lancia nel settore delle costruzioni con il contributo finanziario della banca Rasini dove lavora suo padre. Nel 1984, quando un giornalista chiederà al losco ex banchiere Michele Sindona “quali sono le banche usate dalla mafia”, quest’ultimo risponderà: “a Milano una piccola banca che si trova in Piazza dei Mercanti”, la sede della banca Rasini.

L’origine dei fondi dell’impero Berlusconi, nascosti dietro a numerose società di comodo, come rivelato nel libro di Elio Veltri e Marco Travaglio “L’odore dei soldi” non è mai stato totalmente chiarito. Ma l’elemento decisivo è costituito dall’entrata in scena di Marcello Dell’Utri. Questo palermitano abile e colto, ex compagno di università di Silvio Berlusconi, diventa il suo braccio destro nei primi anni ‘70. Successivamente sarà responsabile di Publitalia, il potentissimo monopolio pubblicitario della Fininvest.
È Marcello Dell’Utri che, nel 1973, introduce il capomandamento di Palermo Vittorio Mangano nella villa di Silvio Berlusconi. Ad Arcore ufficialmente Mangano fa lo stalliere. Ci resterà per circa due anni. “All’interno di Cosa Nostra è stata una delle poche persone in grado di gestire le relazioni con gli ambienti industriali”, spiegherà in seguito il giudice Paolo Borsellino, assassinato nel 1992. Vittorio Mangano sarà condannato all’ergastolo per omicidio nel 2000.

Per quanto riguarda Marcello Dell’Utri, anch’egli è stato condannato a giugno dalla Corte d’Appello di Palermo a 7 anni di carcere per “concorso in associazione mafiosa”. In primo grado i giudici avevano parlato di un “contributo concreto, volontario, consapevole” al “consolidamento e rafforzamento di Cosa Nostra, in particolare attraverso i suoi rapporti col gruppo Fininvest”. Grazie al suo intermediario Silvio Berlusconi avrebbe incontrato personalmente nel 1974 il grande boss palermitano Stefano Bontade. “Alla fine, Berlusconi ci ha detto che era a nostra completa disposizione”, ha raccontato il pentito Francesco Di Carlo, presente a quella riunione. All’epoca l’uomo d’affari temeva – per sé e la sua famiglia – possibili sequestri da parte della mafia.

Tra il pagamento del racket per proteggere le sue reti televisive in Sicilia o gli accordi politici per aiutare Marcello Dell’Utri a lanciare nel 1993 Forza Italia, la carriera di Silvio Berlusconi è quindi scandita da sospetti e misteri. Alcuni arrivano persino a sospettare una responsabilità dietro agli attentati della mafia nel 1993 a Roma, Milano e Firenze, che sarebbero serviti a preparare il suo ingresso in politica, come se l’avventura del candidato Silvio Berlusconi non fosse altro che una storia criminale e non un fenomeno politico.
Il capo del governo respinge totalmente ogni sospetto, ricordando ogni volta che il suo governo è quello che ha eseguito il maggior numero di arresti di uomini d’onore. Ciononostante continua ostinatamente a difendere il suo ex braccio destro Marcello Dell’Utri, a suo dire vittima di giudici politicizzati e dichiara pubblicamente che il padrino Vittorio Mangano – che non lo ha mai chiamato in causa per ottenere eventuali riduzioni di pena – è stato “un eroe”.

(Articolo originale di Eric Jozsef)

giovedì 18 novembre 2010

Italia dall'Estero - Una commedia durata troppo a lungo

Pubblico un articolo de The Economist del 4 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Una commedia durata troppo a lungo

Un’altra settimana, un’altra previsione secondo cui Silvio Berlusconi potrebbe andarsene. Il settantaquattrenne Presidente del Consiglio italiano, eletto per la prima volta sedici anni fa, è noto per essere un astuto combattente. Un nuovo scandalo sessuale, numerose voci di ammutinamento da parte dei vecchi alleati, la minaccia di elezioni imminenti, dichiarazioni secondi le quali avrebbe abusato della propria posizione in telefonate fatte alla polizia per il rilascio di una ragazza adolescente sospettata di furto: nulla di tutto ciò sarà mai abbastanza per spodestare l’ostinato vecchio lascivo. Ma nell’aria italiana c’è ora l’incontrovertibile sensazione che un’era si stia avviando alla fine.

I difensori di Berlusconi condannano i giornali, la magistratura, gli stranieri e il suo antico rivale (e un tempo sostenitore) Gianfranco Fini, per le difficoltà incontrate dal loro uomo.

La procura di Milano ha stabilito che la polizia ha seguito le procedure corrette nel rilascio della ragazza. Ma nessuno può nascondere che il sostegno degli elettori a Berlusconi abbia raggiunto livelli bassissimi, o che Fini controlli abbastanza voti in Parlamento da essere in grado di far cadere il governo. Persino alcuni tra le fila del Presidente del Consiglio stanno cominciando a chiedersi se questi abbia responsabilità tali da doversene andare.

Stranamente alcuni dei più vecchi detrattori di Berlusconi sono tra coloro che si agitano perché ciò non sarebbe saggio. Sostengono la tesi da lui espressa questa settimana, secondo cui, in un momento di incertezza del mercato azionario e di “nervosismo” dal punto di vista economico, in caso di sue dimissioni l’Italia subirebbe un grave danno, perché entrerebbe in un periodo di instabilità politica. Fanno anche notare che, in parte grazie alle abilità del Ministro delle finanze Giulio Tremonti, l’Italia si è mantenuta immune dalle preoccupazioni del mercato dei crediti che hanno messo in crisi altri paesi come Grecia, Portogallo e Irlanda. Questo potrebbe non essere il momento giusto, concludono, per scuotere la barca della politica.

È un ragionamento allettante, ma sbagliato. Perché la stabilità che la continuazione del governo di Berlusconi offre è illusoria. Ogni nuovo scandalo mina la sua credibilità e espone lui (e incidentalmente il suo Paese) a un rinnovato scherno. Con Fini pronto a lanciare un nuovo partito e la Lega Nord, altro partito della coalizione, ansiosa di nuove elezioni, la minaccia che il governo collassi è divenuta cronica. Il mercato dei debiti può non preoccupare l’Italia ora, perché ha evitato le bolle del settore bancario e immobiliare che sono esplose altrove. Ma nel lungo periodo l’ammontare colossale del debito pubblico italiano, il carico pensionistico e sanitario derivante dall’invecchiamento della popolazione e la continua perdita di competitività sono preoccupazioni maggiori degli occasionali fallimenti bancari.

Abbastanza del BURLESQUEONI

In verità, ciò che Berlusconi offre non è stabilità ma stagnazione. Ben lungi dal guidare abilmente l’Italia oltre le numerose minacce con cui si confronta, il suo governo si è quasi totalmente paralizzato. Le preoccupazioni legali e d’altro genere di Berlusconi hanno distratto lui e i suoi Ministri dalla realizzazione di quelle coraggiose riforme che sono necessarie per riportare l’economia in uno stato di benessere nel lungo termine.

Persino il primo trionfo dell’attuale governo, strombettato così rumorosamente dopo la sua formazione nel 2008, cioè l’eliminazione della spazzatura a Napoli e dintorni, si è dimostrato effimero: le puzzolenti pile di pattumiera sono tornate.

Questo giornale si è opposto a Berlusconi fin dall’inizio. Molti italiani hanno espresso il loro disaccordo con noi, convinti che solo un esterno potesse apportare dei cambiamenti. Ora non hanno nulla: solo un anziano Lotario aggrappato al potere. Riforme radicali richiedono un nuovo esponente, che venga dalla sinistra, dalla destra o dal centro, purchè combatta gli interessi di partito e lotti per la causa.

Alla fine dell’opera “Pagliacci” di Leoncavallo, il pagliaccio Canio fa un passo in avanti, dopo aver accoltellato Silvio e dice al pubblico: “La commedia è finita”. Ora il sipario dovrebbe calare anche sul tragicomico regno del Silvio contemporaneo.

(Articolo originale)

Italia dall'Estero - Un passo di troppo

Pubblico un articolo de The Economist del 4 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Un passo di troppo

E’ come se, negli ultimi 18 mesi, la vita pubblica italiana avesse tracciato un solco circolare e inutile. A maggio 2009 il Paese era in fibrillazione per le rivelazioni della misteriosa amicizia tra il suo settantenne presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e una biondina 18enne aspirante attrice. Un anno e mezzo dopo, l’attenzione è tutta per il rapporto che lega Berlusconi a un’altra 18enne, una ragazza dai capelli nero corvino figlia di immigrati marocchini.

Karima el-Mahorug, sembra che sia questo il suo vero nome (lei preferisce Ruby Rubacuori), ha iniziato a far ballare il mondo della politica il 26 ottobre scorso, quando si venne a sapere che era stata interrogata dal tribunale di Milano nell’ambito di un’inchiesta sul favoreggiamento della prostituzione basata su accuse che coinvolgono tre persone vicine a Berlusconi. Venne fuori anche che la el-Mahroug aveva raccontato ai magistrati di festini ai quali avrebbero partecipato molte donne nella villa del Premier vicino Milano. Pare che uno di questi si sia concluso con un gioco erotico chiamato “Bunga Bunga”. La el- Mahroug, scappata di casa e divenuta danzatrice del ventre, ha raccontato che il miliardario leader d’Italia le diede, di sua spontanea volontà, 7mila euro dopo aver ascoltato la sua triste storia.

La storia va molto oltre le semplici insinuazioni o il danno che Berlusconi sta arrecando all’immagine dell’Italia. Lo scorso maggio la polizia di Milano ha trattenuto in stato di fermo El-Mahroug sospettata di furto, salvo poi rilasciarla nonostante fosse ancora minorenne e dovesse essere data in affido. Il questore ha riferito che il commissariato aveva ricevuto una telefonata dall’ufficio di Berlusconi e che il Presidente del Consiglio aveva annunciato di mandare un collaboratore a prendere in custodia la el-Mahroug. Il 2 novembre il giudice di Milano ha stabilito che la polizia aveva seguito la procedura corretta.

Le risposte fornite fino a questo momento da Berlusconi hanno dato credito alle peggiori supposizioni, avendo dichiarato che quello che è successo nella sua casa sono fatti privati, che non ha alcuna intenzione di cambiare stile di vita e che, ad ogni modo, è meglio essere appassionati di belle ragazze piuttosto che essere gay – un’osservazione che ha lasciato sbigottiti i critici più liberali, ma che probabilmente è stata accolta male anche dai fedelissimi di Berlusconi che addirittura potrebbero essere tentati dal fascino ancora più reazionario della Lega Nord, alleata di Berlusconi nella coalizione di centrodestra.

La sfacciataggine si era impossessata del Presidente del Consiglio durante la prima tornata di scandali sessuali del 2009. Funzionerà anche questa volta? Le polemiche dello scorso anno si erano abbattute contro un governo forte. Berlusconi aveva ripulito Napoli delle montagne di immondizia che avevano fatto cadere il precedente governo di centro-sinistra. Era riuscito a fondere con successo il proprio partito con quello dell’ex-neofascista Gianfranco Fini, creando un movimento di destra, il Popolo della Libertà (PdL). Le banche italiane avevano superato la crisi del credito senza quasi venirne sfiorate, e molti elettori credevano ancora alle affermazioni del governo secondo cui l’economia italiana si era comportata, nel complesso, molto meglio di qualunque altro paese in Europa. I suoi indici di popolarità erano dunque alti.

Ma le cose oggi sono diverse. Uno degli ultimi sondaggi attesta il PdL a soli 2,5 punti di vantaggio dal principale gruppo di opposizione, il Partito Democratico. I sostenitori del PdL sono alla deriva dal maggio scorso, quando il governo, con una brusca inversione di marcia, ha annunciato la necessità di un pacchetto di dolorose manovre correttive per evitare che l’Italia facesse la stessa fine della Grecia.

L’amministrazione centrale è come paralizzata, ripetutamente distratta dai suoi compiti dagli scandali finanziari che riguardano ministri e sottosegretari di Berlusconi e dai suoi tentativi di procurasi l’immunità dai procedimenti legali. Il mese scorso il Corriere della Sera ha calcolato che, fatto salvo per quelle di routine, il Parlamento ha approvato solo dieci nuove leggi quest’anno. La Consob, l’organismo che regola il mercato, ha aspettato più di quattro mesi che il governo nominasse un nuovo presidente. E, cosa ancora più inquietante, la spazzatura ha ripreso ad accumularsi per le strade di Napoli.

I detrattori di Berlusconi hanno reagito all’ultimo scandalo con una rabbia neppure immaginabile lo scorso anno. E, cosa ancora più importante, i suoi sostenitori sono molto più pacati nel difenderlo. Il Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, a lungo al centro di pettegolezzi i suoi rapporti con Berlusconi, si è dissociata da quanto affermato dal Presidente del Consiglio a proposito dei gay. Lo stesso giorno due deputati hanno rinunciato alla guida del PdL.

C’è una diffusa corrente di pensiero in Italia secondo cui gli scandali segnano l’inizio della fine. Ma potrebbe trattarsi di una partita lunga e molto difficile, poichè colui che ha i mezzi per mettere fuorigioco Berlusconi è il politico che ricaverebbe meno guadagni da tale mossa. A luglio Fini ha guidato una rivolta che ha visto i proprio seguaci staccarsi dal PdL privando in tal modo Berlusconi dalla maggioranza alla Camera. Ora stanno disegnando un nuovo partito. Ma questo non è ancora pronto ad affrontare delle elezioni e Fini sa bene che, qualora facesse cadere il Governo, potrebbe essere descritto dal Presidente del Consiglio come colui che ha tradito il diritto, destabilizzando il Paese in un momento in cui l’Italia e l’Eurozona più in generale hanno bisogno di una guida ferma e sicura.

Fini e i suoi seguaci devono decidere il 7 novembre se uscire o meno dal governo. Se lo faranno, potrebbero scegliere di rimettere la decisione in mano al Parlamento finché non saranno pronti ad escluderlo per sempre. Ma Berlusconi permetterà che questi abbiano la meglio? Potrebbe piuttosto rassegnare le dimissioni, sostenendo che la posizione del suo ex alleato è ormai insostenibile. E questo potrebbe permettergli di presentarsi agli occhi del Paese nel ruolo che gli piace di più, quello della vittima.

Ma ci sono dei rischi. Invece che sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni, il Presidente Giorgio Napolitano potrebbe decidersi per un governo di transizione pluripartitico. E anche se il Presidente spingesse per nuove elezioni, secondo i sondaggi Berlusconi si libererebbe di Fini solo per divenire prigioniero di Umberto Bossi, il leader della Lega Nord.

Fino a che non verrà superata questa impasse, l’Italia rimarrà un paese alla deriva, con un governo incapace di disegnare le politiche di cui ha bisogno (la più urgente di tutte, una strategia per la dare una spinta alla competitività economica). Il mese scorso Emma Marcegaglia, presidente di dell’associazione degli industriali Confindustria, ha dichiarato che l’Italia “non può permettersi” nuove elezioni. Ma neppure un governo che ha smesso di governare.

(Articolo originale)

mercoledì 17 novembre 2010

Italia dall'Estero - Affossatore del patriarca

Pubblico un articolo del Sueddeutsche Zeitung del 9 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Affossatore del patriarca

Il sistema Berlusconi è fallito a causa del suo stesso creatore. Ma è il suo ex alleato che gli assesterà il colpo finale.

Il fatto che manchino solo pochi giorni o qualche settimana alla uscita di scena dalla vita politica di Silvio Berlusconi non ha alcuna importanza. Gianfranco Fini lo ha messo con le spalle al muro. Questi vuole porre fine alla tragedia di un vecchio patriarca e del suo traballante governo e quindi di un partito che si sta lacerando da mesi.

L’agonia del potere del premier italiano è iniziata al più tardi l’estate scorsa con la estromissione di Fini, il cofondatore del suo partito PDL. Ma Berlusconi aveva sbagliato i conti sui rapporti di maggioranza e si era scoperto dipendente dal suo avversario. Siamo ora di fronte alla fine di un’epoca, un’epoca in cui Berlusconi ha formato, e deformato, l’Italia.

Aveva iniziato da neofita di belle speranze. Quando Berlusconi fece ingresso sulla scena politica nel 1994, era svincolato dagli strascichi del vecchio sistema partitico in tilt a causa degli scandali di Tengentopoli. Il suo enorme successo come imprenditore è sembrato una garanzia a molti, nella conduzione dell’Italia. E’ stato rieletto quattro volte da allora. Le sue promesse di riforme, snellimento della burocrazia, riduzione fiscale e il suo carisma a detta di molti nascondono tutt’altro: problemi giudiziari, amicizie legate alla mafia, che hanno accompagnato Berlusconi sin dall’inizio – oltre che la equivoca doppia funzione di più grande magnate industriale del paese e capo del governo.

Tuttavia dopo la sua rielezione, due anni fa, è stato sempre più difficile valutare ciò che sembra un’illusione. Il populista Berlusconi vuole far credere agli italiani, persino al resto del mondo, che ha tutto sotto controllo e che si sta dedicando totalmente al bene dell’Italia. Il governo finora ha speso tutte le sue energie nella ricerca di soluzioni legislative a tutela del premier contro i suoi processi.

Fini è arrivato al punto: il pretestuoso “Governo del fare” è in realtà “ il governo del fare finta che …”. Imprenditori, operai, famiglie e la giovane generazione sono stati abbandonati dalla politica ai loro bisogni e alle loro legittime preoccupazioni. E lo esprimono in maniera sempre più manifesta senza ricevere alcuna risposta.

Non è fallito solo il governo, ma anche il progetto del PDL. Dalla fusione degli ex di AN di Fini e di Forza Italia di Berlusconi sarebbe dovuta nascere una nuova unica destra, in grado di dare vita alla “la rivoluzione liberale”. Fini non vede più alcun futuro per questo partito. Il PDL è divenuto un partito che ruota unicamente intorno alla persona di Berlusconi e al mantenimento del suo potere ad ogni costo. Il PDL è un raggruppamento di persone che sostengono Berlusconi, per non essere loro stessi espulsi da questo sistema da cui traggono vantaggio. Non c’è alcuna democrazia al suo interno, le decisioni le prende solo e soltanto Berlusconi.

Fini è corresponsabile

Il 74enne vuole dirigere in maniera patriarcale non solo il PDL, come precedentemente faceva con le sue imprese, ma anche lo stato. Non vuole capire che una democrazia parlamentare funziona con regole diverse da quelle di una ditta. Che chi lo critica non può semplicemente essere buttato fuori, ma deve accettare lo scambio di opinioni con altri. Berlusconi non si reca praticamente mai in Parlamento. Questa non è l’unica dimostrazione di disprezzo e inosservanza delle istituzioni. Che sia la giustizia o la Costituzione, il premier le considera come ostacoli per suoi traffici.

Fini non vuole restare a guardare tutto ciò. Con il suo movimento Futuro e Libertà, che ben presto diventera’un partito, sta cercando di sfondare una porta che gli permetta di uscire da un sistema stagnante. Fini vuole allontanarsi dal modello di capo di partito basato su una sola persona, vuole tirarsi fuori da ciò che in Italia si chiama il Leaderismo. Sembra che Fini voglia creare una lo spazio per un moderno partito liberale di centro destra. Una forza politica della borghesia centrista su modello di un partito come il CDU e orientato verso l’Europa. Fini ha in ogni caso espresso un chiaro rifiuto della politica della Lega Nord, egoista, federalista e ostile agli emigranti, partner nella coalizione di Berlusconi

Così come incerta appare l’esistenza di un PDL senza Berlusconi, attualmente appare anche poco chiaro se Fini riuscirà ad affermarsi in occasione di nuove elezioni. Le elezioni si terranno con molta probabilità già nei prossimi mesi, non importa se nel frattempo ci sarà un rimpasto governativo o un cosiddetto governo tecnico di transizione.

Ciò che Berlusconi lascia agli italiani è un pericoloso malumore politico ed elettorale causato soprattutto dal suo continuo sparare a zero contro le istituzioni dello stato. Secondo un recente sondaggio il parlamento europeo è l’unica istituzione che non ha perso fiducia negli italiani.

Sarebbe sbagliato festeggiare Fini come salvatore dell’Italia. Se il suo progetto funzionerà è ancora da vedersi. Fini ha appoggiato per 16 anni Berlusconi e la sua politica ed è corresponsabile dell’attuale situazione nel paese. Forse adesso ha assestato al sistema Berlusconi il colpo decisivo. Il sistema Berlusconi è fallito ma a causa del suo stesso creatore.

(Articolo originale di Andrea Bachstein)

martedì 16 novembre 2010

Italia dall'Estero - Berlusconi ignora l’ultimatum di Fini in un clima di crisi

Pubblico un articolo di El País del 9 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi ignora l’ultimatum di Fini in un clima di crisi

La Lega Nord mantiene il suo appoggio a un Governo in bilico

Il crollo di tre giorni fa della famosa Casa dei Gladiatori a Pompei “è diventato la metafora che descrive l’Italia dopo 17 anni di berlusconismo”, secondo il governatore della Puglia Nichi Vendola. Lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha definito il crollo di questo edificio millenario in cui si allenavano gli atleti “una vergogna per il paese”.

I dati e il clima generale sembrano avvalorare questa sensazione di declino. Perseguitato dagli scandali sessuali e dalla crescente divisione interna, il Governo diretto da Silvio Berlusconi sembra sul punto di cadere a pezzi. Anche i vescovi, ferrei alleati di Berlusconi, la vedono in questo modo. Il presidente della Conferenza Episcopale Angelo Bagnasco, ieri ha affermato: “Siamo angustiati per questa Italia bloccata mentre il paese sembra attonito e si guarda intorno disorientato”.

Nelle parole dell’alleato di Berlusconi e presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, l’Esecutivo “non deve durare un minuto di più”. In riferimento all’espressione di Berlusconi, che suole dire che il suo non è un governo del parlare ma del fare, Fini ha detto: “Ora è il Governo del far vedere che va tutto bene”. Il suo ultimatum di domenica, quando ha chiesto le dimissioni del primo ministro entro 48 ore, ha portato la legislatura ad un punto di non ritorno.

Berlusconi ha risposto all’alleato di presentare una mozione di sfiducia in Parlamento, se osa. Ieri il primo ministro si è riunito con la dirigenza della Lega Nord per tentare di cercare una via d’uscita dalla crisi. Umberto Bossi, leader della Lega Nord, ha portato con sé l’indignazione delle basi del movimento, che hanno visto chiudere il loro forum su Internet per il tono amaro delle critiche alla vita privata del capo del Governo. All’uscita, la consegna è stata quella di sempre: “Il Governo va avanti”.

La Lega Nord ha deciso ieri di continuare la sua alleanza con il Governo fino a che non saranno ultimate le misure sul federalismo fiscale, per provare successivamente ad anticipare le elezioni. Ma questa decisione dipende da Napolitano, che ieri ha avvertito che il Governo deve durare almeno fino a che non venga approvata la finanziaria.

Mentre la disoccupazione continua ad aumentare, nel sud il crollo di Pompei può costare il posto al ministro della Cultura Sandro Bondi. È stato un colpo all’immagine simile a quello della crisi della spazzatura di Napoli e del Vesuvio. A Brescia sei immigrati africani hanno trascorso una settimana su una gru a 36 metri di altezza per reclamare il diritto a essere regolarizzati, e ieri la polizia ha sgombrato l’accampamento base. In risposta, a Milano, un altro gruppo di africani è salito su una ciminiera.

Non è facile prevedere che cosa succederà, né quando. Secondo Massimo Giannini, de La Repubblica, “Fini ha messo Berlusconi di fronte al suo 25 aprile”, il giorno del 1945 in cui gli italiani si ribellarono contro Benito Mussolini e l’occupazione nazista. Per l’analista Giancarlo Santalmassi “la situazione è disperata, ma in questi casi la creatività italiana non ha rivali. Berlusconi proverà di tutto per non andarsene a casa. Potrebbe addirittura tentare un colpo di stato moderno, forzando una crisi di Governo per sostituire i finiani con gente del suo partito, cosa che sarebbe proibita dalla Costituzione”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

lunedì 15 novembre 2010

Italia dall'Estero - Silvio Berlusconi, ovvero lo scandalo permanente

Pubblico un articolo di Le Monde del 1° novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio Berlusconi, ovvero lo scandalo permanente

In quali abissi è pronto a trascinare la sua funzione di presidente del consiglio Silvio Berlusconi? Per quanto tempo i suoi alleati continueranno a sostenerlo? Dalla risposta a queste due domande dipende la sorte del primo ministro italiano, raggiunto ancora una volta da uno scandalo sessuale che tira in ballo una minorenne, aggravato da pressioni sui magistrati incaricati dell’inchiesta.

Alla prima domanda, ahimé, Berlusconi ha appena risposto. In questo campo, non si pone nessun limite. Sin dalla sua prima elezione, nel 1995, e durante i suoi nove anni di mandato, Berlusconi ha sempre considerato il potere e le istituzioni come un’estensione della sua prospera attività imprenditoriale. La grandeur, il simbolo, la rappresentazione non fanno parte delle sue preoccupazioni. Hanno contato soltanto il suo piacere, i suoi affari e gli interessi della sua “corte”.

Eletto per tre volte, si è convinto di essere il migliore interprete dell’anima degli italiani e lo specchio dei loro vizi. La sua linea di difesa nell’ennesimo scandalo che lo riguarda ne fornisce una nuova dimostrazione: “Amo le donne, divertirmi ed essere d’aiuto”, ha dichiarato. Un altro modo per dire: “Sono come voi”. Questa tecnica gli è valsa, finora, l’indulgenza dei suoi elettori.

Ma la ripetizione degli scandali, giudiziari e sessuali, pone la questione della dignità del presidente del consiglio. Passi che non abbia riconosciuto l’importanza della crisi economica e finanziaria; passi che non abbia realizzato che un’infima parte del programma per il quale era stato eletto nel 2008. Gli altri non hanno fatto meglio. Ma nessuno ha sprofondato la propria funzione in un carosello di piaceri e divertimenti.

Questa fuga in avanti ha un prezzo troppo spesso ignorato. Non è soltanto l’immagine del presidente del consiglio che è toccata, ma l’immagine dell’Italia. Facendo passare le sue scappatelle come una sottocategoria del patrimonio, il suo gusto smodato per la lussuria come un tratto dell’identità nazionale, Berlusconi danneggia l’immagine dell’Italia, che ha lentamente ridotto ad una caricatura di sé stesso. Con questo tanfo da basso impero, la fine del berlusconismo non fa onore alla Penisola.

A questo titolo, la richiesta di una parte degli industriali ad un ritorno alla dignità da parte delle istituzioni non è una semplice scaramuccia. Loro che esportano in giro per il mondo il “made in Italy” sono ormai stufi di dover spiegare e/o giustificare gli sgarri del loro capo di governo prima di firmare il loro primo contratto.

Rimane la seconda domanda: fino a quando i suoi alleati – e gli italiani – riusciranno a sopportarlo? Le ramanzine della Confindustria e della Chiesa, la dissidenza di Gianfranco Fini, il cattivo umore della Lega Nord, riducono sensibilmente le prospettive politiche di Silvio Berlusconi.

In assenza di un’opposizione forte e strutturata intorno a un capo e a un progetto, è a questi attori che appartiene [il potere] di dire “basta” o “ancora”. La cosa migliore sarebbe che dicessero “basta” per salvare l’Italia e ciò che resta della funzione di presidente del consiglio.

(Articolo originale)

venerdì 12 novembre 2010

Italia dall'Estero - Caveat imperator

Pubblico un articolo del Financial Times del 3 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Caveat imperator

Silvio Berlusconi potrebbe sopravvivere all’ultimo clamoroso scandalo che ha travolto la propria presidenza. Ma anche se ce la facesse, sarebbe comunque impossibile non giungere alla conclusione che il sistema di cui è presidente sta marcendo dall’interno. La cosiddetta Seconda Repubblica italiana, nata nel 1992, quando gli scandali di Tangentopoli spazzarono via una generazione di politici corrotti, diede la possibilità all’Italia di rimodellare il sistema politico affinché fosse al servizio dei cittadini, anziché dei partiti politici. Quando il governo italiano passa da una delle crisi personali di Berlusconi all’altra, è chiaro che questo esperimento lungo 18 anni è fallito.

La promessa del 1992 ha ceduto il passo alla paralisi. L’impasse dei politici italiani è da tempo il principale ostacolo al successo economico: è stata questa la ragione per cui i leader del Paese non sono riusciti a cogliere l’opportunità di una riforma economica offerta dall’adozione dell’Euro.

La paralisi ha raggiunto l’apoteosi con Berlusconi. Gli ci sono voluti cinque mesi per sostituire il Ministro per l’Industria , che si era dimesso a maggio in seguito ad uno scandalo riguardante dei beni immobili. Questo non solo scatenò l’ira delle imprese, ma congelò alcune importanti decisioni riguardanti il nucleare in Italia.

La riforma del lentissimo sistema giudiziario è stata dirottata a causa dei tentativi di Berlusconi di liberarsi dei suoi sgradevoli processi. La commistione tra interesse pubblico e privato è esattamente ciò che la catarsi post-1992 avrebbe dovuto rimuovere.

A livello internazionale, la frammentarietà della sua politica interna ha fatto sì che l’Italia venisse lasciata al margine. In concreto, il rapporto Lamassoure, che ha ridotto la rappresentanza italiana al Parlamento Europeo, fu approvato in assenza di delegati italiani, impegnati a domare l’incendio di problemi interni al Paese.

Data la sua modesta influenza a Bruxelles, l’Italia stenta a determinarne le linee politiche. L’orientamento dell’eurozona è guidato dall’asse Francia-Germania, e quello dell’Unione Europea da quelle due nazioni più il Regno Unito. Oltreoceano è la stessa storia. Barack Obama ha ancora meno tempo per l’Italia di quanto ne avesse George W. Bush, nonostante l’impegno di Roma in Afghanistan.

La frattura nella coalizione che ha permesso a Berlusconi di governare in Italia per sette degli ultimi nove anni è un’opportunità per l’Italia di muoversi verso una nuova direzione. È giunto il momento per tutti di riflettere su come rianimare la politica ormai moribonda del loro Paese. Non c’è una cura semplice per questo malessere. Ci vuole una leadership politica, che scarseggia miseramente. Questo deve cambiare. Ma la premessa per un qualsiasi rinnovamento politico è chiara: Berlusconi dev’essere rimpiazzato.

(Articolo originale)

mercoledì 3 novembre 2010

Italia dall'Estero - Bunga bunga

Pubblico un articolo dell'Economist del 1° novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Bunga bunga

Gli avversari di Silvio Berlusconi hanno provato di tutto per liberarsene. Hanno manovrato contro di lui, screditato le sue politiche, condannato i suoi metodi e, come lui ripete da tempo, fomentato i magistrati di sinistra affinché lo processassero e lo mandassero in galera.

Ma dal 26 ottobre è emersa una nuova possibilità: che il 74enne Berlusconi venga semplicemente cancellato dalla scena politica italiana con una risata. Alcuni dettagli dell’ultimo scandalo che lo coinvolgono sono di tale portata che persino i più fedeli sostenitori devono essersi resi conto che fa dell’Italia un oggetto di derisione.

La ragazza al centro della vicenda – una 17enne marocchina scappata di casa – si fa chiamare Ruby Rubacuori. Su Facebook la ragazza indica tra le attività la danza del ventre e prima di entrare in contatto con il Presidente del Consiglio italiano sembra che abbia lavorato nei nightclub di Milano.

La natura del loro legame non è chiara. “Ruby” – il cui vero nome sembrerebbe essere Karima El Mahroug – ha dichiarato sabato in un’intervista di essere andata alla villa di Berlusconi appena fuori Milano solo una volta, per San Valentino di quest’anno. Rivela, inoltre, che, dopo aver parlato al premier delle sue sventure, lui le diede 7 mila euro e dei gioielli. Tuttavia, secondo indiscrezioni trapelate da un’inchiesta a Milano, la ragazza aveva raccontato in precedenza a polizia e magistrati di esserci stata tre volte, e che uno dei festini si era concluso con un gioco erotico chiamato “Bunga, Bunga”.

Come era prevedibile, questo ha scatenato un numero infinito di barzellette e persino una canzone eseguita sulla TV italiana a partire dalle note dell’inno ufficiale della coppa del mondo di Shakira, Waka waka.

Per quanto divertente per gli altri, la faccenda potrebbe rivelarsi molto seria per Berlusconi. Tre stretti collaboratori del Presidente del Consiglio sono ufficialmente indagati per favoreggiamento della prostituzione a partire dalle testimonianze della El Mahroug. Quest’ultima nega di aver avuto rapporti sessuali con il Presidente, ma gli inquirenti stanno lavorando per scoprire se altre persone ne abbiano avuti e abbiano ricevuto qualcosa in cambio per averlo fatto. Questo non incriminerebbe Berlusconi. Ma potrebbe essere sufficiente a produrre accuse nei confronti dei suoi collaboratori, su cui grava il sospetto di procurargli le donne.

Tra questi, Nicole Minetti, ex showgirl, ora consigliere regionale del partito di Berlusconi, che, nel maggio scorso, andò a prendere la El Mahroug al suo rilascio dalla questura. La giovane marocchina, arrestata per il furto di 3.000 euro, è stata poi rilasciata. Il 29 ottobre, il questore ha dichiarato in un’intervista che qualche tempo prima uno dei suoi funzionari aveva ricevuto una telefonata dagli uffici del Presidente del Consiglio che lo informavano, in maniera errata, che la El Mahroug era la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak. Questo, come prontamente hanno notato i politici di opposizione, potrebbe significare che Berlusconi abbia abusato della sua posizione commettendo un reato per la legge italiana. Invece di smentirlo, il Presidente del Consiglio sembra aver ripiegato sulla difesa.

Il 29 ottobre ha ammesso di aver mandato la Minetti a prestare aiuto a qualcuno che avrebbe potuto essere mandata non a casa o in prigione (…) ma data in affido”. Berlusconi ha aggiunto di non avere intenzione di cambiare il proprio stile di vita o di spiegare cosa sia accaduto a casa sua. Questa specie di faccia di bronzo lo ha accompagnato per l’ultimo periodo di scandali sessuali del 2009. Ma ci sono diverse ragioni per chiedersi se funzionerà anche questa volta.

Berlusconi è molto più debole ora. I suoi sondaggi sono crollati e gli italiani stanno sono sempre più scettici nei confronti delle sue sconsiderate rassicurazioni sullo stato dell’economia. E questo li ha resi meno tolleranti verso le riprove di corruzione nel governo. Dall’inizio di luglio inoltre, quando il suo ex alleato Gianfranco Fini ha dato vita ad un gruppo parlamentare autonomo, il presidente del Consiglio è rimasto senza una maggioranza sicura alla Camera.

L’anno scorso, la maggior parte dei sostenitori del presidente del Consiglio erano dalla sua anche quando ignorava le richieste di presentarsi in Parlamento, scrollava via le accuse di essersi esposto a ricatti e allegramente ammetteva di non essere un santo. Ma ci si aspettava che almeno li avrebbe messi al riparo da imbarazzi futuri con una condotta più discreta, se non più virtuosa. Berlusconi ha deluso quelle speranze, mettendo in discussione non solo la sua vita privata ma anche il suo buon senso.

(Articolo originale)

lunedì 25 ottobre 2010

Italia dall'Estero - Arrivederci, Italia: perché i giovani italiani se ne vanno

Pubblico un articolo del Time del 18 ottobre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Arrivederci, Italia: perché i giovani italiani se ne vanno

Non è il consiglio che ci si aspetterebbe dal direttore di una importante università. In una lettera aperta al figlio, pubblicata lo scorso novembre, Pier Luigi Celli, direttore generale dell’Università LUISS di Roma, ha scritto: “Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio (…). Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell’estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati.”

La lettera, pubblicata sul quotidiano La Repubblica, ha causato molta preoccupazione su scala nazionale. Per molti, Celli ha alimentato la crescente consapevolezza della generazione del figlio nel credere che le migliori speranze di successo siano all’estero. I commentatori ritengono che la fuga dei cervelli in Italia si stia accelerando e che il paese stia perdendo la sua risorsa più preziosa. E con riforme impossibili da realizzare per via dei radicati interessi e della politica alla deriva – una frattura nella coalizione di governo avvenuta questa estate sembra aver minacciato il governo di Silvio Berlusconi ancora una volta – molti cominciano a chiedersi se la tendenza possa essere invertita. “Constatiamo un flusso verso l’esterno e quasi niente verso l’interno”, dichiara Sergio Nava, ospite del programma radiofonico Giovani Talenti e autore del libro e blog La fuga dei Talenti, che parla dell’esodo.

Le motivazioni alla base di questa fuga non sono cambiate significativamente dall’ultima ondata migratoria che spingeva la gente a spostarsi in cerca di fortuna un secolo fa. Ma questa volta non si tratta di operai o contadini che si ammassavano nelle navi dirette a New York. L’Italia sta perdendo i suoi elementi migliori e più brillanti a causa di un decennio di stagnazione economica, un mercato del lavoro immobile e un radicato sistema di clientelismo e nepotismo. Per molti tra i più talentuosi e preparati, la terra delle opportunità è ovunque, ma non in patria.

Prendiamo il caso di Luca Vigliero, un architetto di 31 anni. Dopo essersi laureato presso l’Università di Genova nel 2006 e non riuscendo a trovare un lavoro soddisfacente in patria, si trasferisce all’estero. Lavora per un anno al Rem Koolhaas’ Office for Metropolitan Architecture di Rotterdam e nel 2007 accetta un lavoro a Dubai. In Italia, il suo curriculum non aveva suscitato alcun interesse. Alla Dubai’s X Architects ha ottenuto rapidamente la promozione. Adesso coordina un team di sette persone. “Sto lavorando a progetti per musei, ville, centri culturali e piani regolatori,” dichiara. “Ho una carriera”. La fuga dall’Italia ha anche consentito a Vigliero di accelerare i progetti di vita. Lui e la moglie hanno avuto un figlio a settembre. Se fossero rimasti in Italia, afferma, non avrebbero potuto permettersi dei figli così presto. “Tutti i miei amici in Italia non sono sposati, hanno lavori sottopagati, vivono con i loro [genitori],” sottolinea. “Qui abbiamo un futuro. Ogni anno succede qualcosa: nuovi piani, nuovi progetti. In Italia, non c’è movimento. Tutto è assolutamente fermo.”.

L’Italia non registra il numero dei molti giovani professionisti che stanno cercando fortuna all’estero. Ma ci sono numerose prove che fanno pensare che la cifra stia aumentando. Il numero di italiani tra i 25 e i 39 con una laurea che si stanno registrando all’AIRE come residenti all’estero aumenta ogni anno, passando da 2.540 nel 1999 a circa 4.000 nel 2008. Il Censis stima che 11.700 laureati hanno trovato lavoro all’estero nel 2006 – ovvero uno ogni 25 italiani laureati in quell’anno. Secondo un sondaggio di Bachelor, un’agenzia milanese di ricerca del personale, il 33,6% dei neolaureati sentono il bisogno di lasciare il paese per far fruttare la il proprio titolo di studio. L’anno successivo a è il 61,5% a pensare che avrebbe dovuto farlo.

Non è difficile capirne i motivi. I problemi economici dell’Italia sono ricaduti pesantemente sulle spalle delle giovani generazioni. Secondo i dati pubblicati a maggio dall’Istat, il 30% degli italiani tra i 30 e i 34 vive ancora con i genitori, una percentuale che si è triplicata rispetto al 1983. Un giovane su 5 di età compresa tra i 15 e i 29 ha praticamente abbandonato tutto: non studia, non si specializza, non lavora. “Stiamo relegando un’intera generazione in un buco nero”, spiega Celli.

Offerte di lavoro per (vecchi) ragazzi

Gli italiani senza formazione universitaria lavorano spesso in nero, facendo ogni sorta di lavori, ma i laureati, o più in generale quelli con maggiori aspirazioni, incontrano maggiori difficoltà a trovare un lavoro coerente con gli studi effettuati. Il tasso di disoccupazione dei laureati italiani tra i 25 e i 29 è del 14%, più del doppio rispetto al resto dell’Europa e molto superiore a quello dei coetanei meno istruiti.

Gli italiani usano un termine per descrivere questo problema: gerontocrazia, o predomino degli anziani. Gran parte dell’economia è volta alla cura dei più anziani. Mentre il paese spende relativamente poco per alloggi, disoccupazione e cura dei figli, spese sulle quali i giovani contano per lanciare la propria carriera, ha mantenuto alcune delle pensioni più elevate in Europa, in parte ricorrendo pesantemente ai prestiti. Questo squilibrio si estende al settore privato, dove corporazioni nazionali e una radicata cultura dei senior hanno portato i lavori migliori fuori dalla portata dei giovani.

L’Italia ha sempre sofferto di un sistema gerarchico, con i giovani che devono sottostare all’autorità dei più anziani fino a quando non arriva il momento di prenderne le redini. “Non sei considerato esperto in base al curriculum vitae, alle abilità o alle capacità, ma solo in base all’età,” spiega Federico Soldani, 37 anni, un epidemiologo che ha lasciato Pisa nel 2000 e ora lavora a Washington, DC, per la Food and Drug Administration. “Quando sei sotto i 40, sei considerato giovane.”

Il sistema ha funzionato, in una certa misura, fino a quando l’economia era in crescita. La pazienza ha ripagato chi era in lista d’attesa quando si sono aperte nuove posizioni lavorative. Ma con la crisi diffusa, il mercato del lavoro si è bloccato. “La coda non avanza più”, afferma Soldani. L’accesso ad alcune professioni, come la posizione lucrativa di notaio, è così limitata che il lavoro è diventato quasi di natura ereditaria. In un paese in cui il successo si costruisce sulle relazioni e sull’anzianità, solo gli amici e i figli dell’elite hanno la possibilità di far carriera.

Per gli altri, il lavoro scarseggia, sono sottopagati e privati di qualsiasi responsabilità. Filippo Scognamiglio, 29 anni, segretario di NOVA, Associazione Italiana MBA, confrontando la retribuzione netta per la stessa posizione nella stessa multinazionale negli Stati Uniti e in Italia, rivela che un italiano con un MBA che sceglie di rimanere in patria guadagna solo il 58% rispetto a quanto guadagnerebbe all’estero. “È più semplice avere successo negli Stati Uniti se hai talento e voglia di fare rispetto a quanto lo sia nel mio paese,” dichiara. Pertanto, Scognamiglio, che si è laureato presso la Columbia Business School quest’anno, ha scelto di saldare i conti con la società italiana che aveva sponsorizzato la sua laurea, per accettare un lavoro negli Stati Uniti “Sono 70.000 euro spesi per la prospettiva di una carriera all’estero,” sottolinea.

Ma non è solo un salario migliore ad attirare i giovani emigranti italiani. È anche l’occasione per fuggire da posti di lavoro noiosi con mansioni ripetitive, dove le opportunità di far carriera sono inesistenti. “Se sei giovane in Italia, rappresenti un problema, mentre in altri paesi sei visto come una risorsa”, afferma Simone Bartolini, 29 anni, copywriter che lavora a Sydney. Simone ha lasciato Roma nel 2007 quando, a seguito di un cambiamento direzionale nell’agenzia di pubblicità dove lavorava, il nuovo capo gli disse: “Ti metteremo i bastoni tra le ruote.” Fu di parola. “Ogni idea veniva respinta”, racconta Bartolini. “Era tutto un no. Appena ho commesso un errore, sono stato preso di mira”. Rispetto all’Australia, dove Bartolini ha avviato una carriera di successo, in Italia non sapeva che farsene del suo talento. “Hanno bisogno di gente che esegue”, spiega Bartolini. “Non hanno bisogno di gente che pensa”.

Vecchi problemi, vecchie soluzioni

I giovani italiani sanno fare meglio che rivolgersi allo stato per risolvere i loro problemi: la politica del paese è più che mai stagnante. Un lungo avvicendarsi di coalizioni di governo troppo occupate a litigare tra di loro per prendere il controllo di interessi radicati. Il regime attuale è un caso emblematico. Il Presidente del Consiglio Berlusconi è salito al potere nel 2008 dopo che il precedente governo di centro-sinistra ha cercato di avviare una serie di riforme che sarebbero passate senza obiezioni in qualsiasi altro paese: liberalizzazione delle licenze per i tassisti, vendita di farmaci senza prescrizione nei supermercati, concessioni a società private per operare nel trasporto pubblico. Le riforme si sono sgretolate di fronte a una serie di scioperi, portando il governo sulla strada del fallimento un anno e mezzo dopo la sua formazione.

Ora anche il governo Berlusconi sta affrontando una crisi, una lotta di potere tra il Presidente del Consiglio e l’ex alleato Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati. Fini, che è a capo di gruppo di parlamentari secessionisti, si è scontrato con Berlusconi su una serie di riforme. Per ora, i due uomini sembrano aver messo da parte le loro divergenze. Fini ha sostenuto il governo in un voto di fiducia il mese scorso, ma le tensioni tra i due si stanno di nuovo inasprendo sulle modifiche proposte al sistema giudiziario in materia penale che farebbero cadere i capi d’accusa contro Berlusconi nei processi per frode fiscale e corruzione. Nel frattempo, gli italiani sono bloccati con un governo che potrebbe crollare da un momento all’altro e con dei leader che cercano di posizionarsi per guadagnare posizioni in vista delle prossime elezioni.

La cultura politica in Italia è sclerotica. Non è riuscita a produrre giovani leader riformisti come Barack Obama, David Cameron e Nicolas Sarkozy. Berlusconi ha 74 anni e sta ricoprendo il suo terzo mandato come Presidente del Consiglio. Il panorama degli attori politici del paese è lo stesso dai primi anni ‘90, quando una serie di scandali di corruzione e mafia hanno sconvolto la scena elettorale. Non sorprende quindi che i giovani italiani non ne vogliano fare parte.

Impossibile tornare in patria

L’esodo italiano non sarebbe così dannoso se si potesse convincere quelli che sono partiti a tornare con l’esperienza maturata all’estero. Così, dopo anni passati a ignorare il problema, il governo ha iniziato a provarci. “È come il judo: si trasforma un rischio in un punto di forza”, dichiara Guglielmo Vaccaro, un parlamentare che ha promosso un disegno di legge che offrirebbe agevolazioni fiscali agli italiani che tornano in Italia dopo aver trascorso almeno due anni all’estero. Vaccaro ha stimato che lo Stato spende ben oltre i € 90.000 per l’istruzione universitaria a di un giovane, soldi che potrebbero essere recuperati se si potesse convincere i cittadini a investire le proprie competenze in patria.

Il problema non è tanto che il giovane italiano voglia stare lontano dal proprio paese. Gli italiani sono notoriamente attaccati alla propria patria. La maggior parte delle persone intervistate hanno dichiarato che amerebbero molto tornare in patria. “Il tuo DNA, tutto te stesso, tutto ciò che respiri e mangi è molto legato alla città dove sei nato”, afferma Giovanni Chirichella, 34 anni, originario di Milano che lavora come manager nel dipartimento di risorse umane presso la GE Energy di Houston. “Molti italiani, in tutto il mondo, sentono la nostalgia dell’Italia per tutta la vita”.

Ma se i giovani emigranti se ne vanno con l’intenzione di tornare con qualche anno di esperienza estera da mettere sul curriculum, spesso trovano il rientro più difficile di quanto potessero immaginare. Nell’ultimo anno, Elena Ianni, 32 anni, marketing manager presso la Royal Bank of Scotland a Londra, ha inviato il curriculum alle 100 principali aziende e agenzie di reclutamento in Italia. Ha trascorso la pausa pasquale a bussare a centinaia di porte a Milano. Ogni sera, quando torna a casa dal lavoro, controlla gli annunci di lavoro online. A Londra, dove riceve telefonate spontanee da parte di selezionatori specializzati [detti anche cacciatori di teste, dall’inglese headhunters, N.d.T.], Ianni ha rifiutato due offerte di lavoro durante lo stesso periodo. Ma l’Italia non sembra volerla. “Mi hanno detto queste esatte parole,” racconta. “Sei una donna giovane e non sarai presa sul serio qui”.

Così il paese è intrappolato in un circolo vizioso. L’economia continuerà a rallentare fintanto che l’innovazione sarà soffocata dall’esclusione dei giovani. Nel frattempo, ogni giovane che se ne va è una voce in meno che invoca le riforme. Silvia Sartori, 31 anni, ha cercato di rientrare a Treviso, dopo aver lavorato in Asia per quattro anni. Dopo un anno di inutili ricerche, è tornata in Cina, dove gestisce un fondo di € 3 milioni della Commissione europea per le costruzioni verdi. “È qualcosa che in Italia potevo ottenere solo se avessi avuto 45 anni e fossi stata la figlia, la cugina o l’amante di qualcuno,” dichiara. “Ho dato all’Italia una seconda chance”, dichiara. “Se l’è bruciata”.

L’Italia può, però, non avere molte altre possibilità di preservare le sue risorse più preziose.

(Articolo originale di Stephan Faris)