domenica 26 aprile 2009

Italia dall'Estero - Quando il sisma de L’Aquila rivela le debolezze dell’Italia

Pubblico un articolo di Le Monde del 21 aprile 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Quando il sisma de L’Aquila rivela le debolezze dell’Italia

Il terremoto de L’Aquila in Abruzzo (Italia), avvenuto prima dell’alba del 6 aprile, ha rivelato la grandezza e le debolezze dell’Italia. Iniziamo dalla prima: dei soccorsi efficace attraverso l’impressionante sistema della Protezione Civile e del suo milione di volontari; un movimento di solidarietà verso la popolazione che si è manifestato da parte delle più alte cariche dello Stato, della Chiesa, dalle personalità pubbliche e da cittadini ordinari.
Le debolezze sono, ahimè!, più comuni: sospetti d’arricchimento e forse di corruzione, come rivelano la cattiva qualità del cemento o il calcestruzzo non sufficientemente armato di alcuni recenti edifici crollati come castelli di carta; debolezza dello Stato, che ha respinto l’applicazione delle norme antisismiche sotto la pressione dei costruttori; incuria dei poteri pubblici, che non hanno preso in considerazione gli avvertimenti degli abitanti. In una riunione tra i più grandi esperti della Penisola, a L’Aquila, qualche giorno prima del dramma, si era concluso che era inutile allarmarsi.
Questo quadro provvisorio e incompleto – che non rispecchia l’Italia – fa di questa catastrofe un paradigma dei problemi ai quali il paese è confrontato. Il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, sembra aver compreso la potenza simbolica di questo dramma. Nel corso delle sue numerose visite a L’Aquila, ha promesso di fare di tutto – nonostante la crisi economica che colpisce il paese e il peso del debito pubblico che limita l’intervento dello Stato – affinché la città sia ricostruita, le decine di migliaia di senza tetto risistemati, le opere d’arte restaurate. Una promessa fatta sulle tombe delle 295 vittime del sisma.
Dietro questo impegno apparentemente sincero di Berlusconi si celano sicuramente delle mire elettorali. Secondo un’indagine Ipsos, apparsa sul Corriere della Sera del 19 aprile, la percentuale di fiducia degli italiani nel suo operato raggiunge il 48% e, se le elezioni politiche fossero organizzate oggi, il suo partito, il Popolo della libertà, raggiungerebbe circa il 50% dei voti.
Per ora, lo Stato si trova di fronte a tre sfide. La prima è la ricerca dei fondi per la ricostruzione– il ministro dell’Interno ha menzionato la cifra di 12 miliardi di euro. Il capo del governo ha escluso ogni tipo di tassa e preferisce parlare di “contributo”: potrà essere richiesto ai redditi più alti, ai giocatori del lotto, ai fumatori o a tutte queste tre categorie.
Ma l’Italia farebbe bene a riutilizzare una parte dei 16 miliardi che intende consacrare alla modernizzazione delle sue infrastrutture. La costruzione del ponte sullo stretto di Messina pare meno prioritario in un paese dove 5,5 milioni di abitazioni, di cui numerosi edifici pubblici, sono costruiti senza (il rispetto delle, N.d.T.) norme antisismiche.
Seconda sfida: tenere lontana la Mafia. Il flusso di denaro che sarà stanziato in Abruzzo fa temere un’infiltrazione del crimine organizzato nei futuri appalti per la ricostruzione de L’Aquila. L’autore del libro “Gomorra”, Roberto Saviano, ha lanciato l’allarme sul quotidiano La Repubblica. I giudici lo seguono a ruota e chiedono allo Stato ed ai poteri locali di dare prova di estrema vigilanza.
Terza sfida: la ricerca dei colpevoli e, se ci sono, la loro condanna. I primi elementi dell’inchiesta sul crollo della casa dello studente o dell’ospedale costruito meno di dieci anni fa dovrebbero condurre a delle indagini. Per Berlusconi, i giudici – mettendo alcune rovine sotto sequestro – ritardano il cantiere della ricostruzione. Il centro sinistra sospetta che (Berlusconi, N.d.T.) abbia intenzione di intralciare il lavoro della giustizia, del quale ha sempre voluto la rimessa in riga. Sabato 18 aprile, mentre il presidente del consiglio spiegava ai terremotati de L’Aquila che la ricostruzione aveva la priorità rispetto all’inchiesta, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ricordava che i “danni erano stati aggravati dall’avidità e dal disprezzo delle regole”.
Berlusconi dovrà quindi fare molto di più che promettere di ospitare qualche rifugiato dell’Abruzzo nelle sue dimore. Ma questo leader estroso che spiazza i commentatori sembra aver trovato con questo dramma la dimensione che gli mancava. Ritrovando i suoi riflessi di costruttore, sembra voler condurre lui stesso il cantiere della ricostruzione, così come si è personalmente implicato nella risoluzione del problema dei rifiuti in Campania. Per fornire tutte le garanzie alla sua sincerità di facciata, dovrà sormontare l’odio per i giudici, slegarsi dai suoi potenti amici “del cemento” e disfarsi della sua volontà di sedurre con promesse impossibili da mantenere.
Mettendo in gioco la sua reputazione, è anche quella dello Stato italiano – la reputazione di inefficacia – che ha la possibilità di ripristinare. A 72 anni Berlusconi avrà la forza e la tenacità necessarie? In passato, lo Stato ha fatto prova del meglio così come del peggio: così, i danni provocati dal terremoto del Friuli, nel 1976, nel nord del paese, sono stati cancellati in quindici anni. Ma, più a sud, ventinove anni dopo il sisma dell’Irpinia (Basilicata), i lavori sono ancora in corso.

(Articolo originale di Philippe Ridet)

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