martedì 7 luglio 2009

Italia dall'Estero - Un cavaliere si prepara ad ospitare il mondo

Pubblico un articolo dell'Economist del 2 luglio 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Un cavaliere si prepara ad ospitare il mondo

Il padrone di casa del G8, Silvio Berlusconi, sta affrontando, in patria, una serie di scottanti scandali: il maggiore potrebbe essere il suo rifiuto di ammettere la portata dei problemi economici dell’Italia.

Quando i leader delle maggiori economie mondiali si incontreranno l’8 luglio nei pressi della città italiana de L’Aquila per il G8 di quest’anno, si ritroveranno in uno scenario appropriato. Tre mesi fa L’aquila è stata colpita da un terremoto che ha causato la morte di 300 persone e la distruzione di gran parte del centro città. La zona è ancora alle prese con forti scosse di assestamento: il 22 giugno ce n’è stata ancora un’altra.

Si potrebbe pensare che nessuno dei leader riuniti negherebbe che anche le proprie economie siano state colpite fino alle fondamenta. A parte uno: il padrone di casa. Il premier italiano Silvio Berlusconi ha, sin dal principio, insistito che in Italia la recessione non sarà né grave né prolungata come altrove. All’inizio, questa opinione aveva qualche credibilità. Con un sistema bancario diffidente verso i derivati e relativamente isolato dal resto del mondo, l’Italia non ha sofferto il disastro che ha invece portato istituzioni finanziarie alla bancarotta in America e in Gran Bretagna.

Ma gli analisti hanno, sin da allora, dato sempre più peso ad altre considerazioni. L’economia italiana è altamente dipendente dalle esportazioni (in parte a causa di una debole domanda interna) e pertanto è esposta a declino nel commercio mondiale. In più, il debito pubblico è enorme (oltre il 100% del PIL), pertanto il governo ha poche possibilità di copiare dagli altri l’indebitamento per costosi incentivi economici. Un pacchetto “anti-crisi” rivelato da Berlusconi il 26 giugno è stato di minimo aiuto: la sua disposizione principale consisteva in un’agevolazione fiscale del 50% sugli utili reinvestiti per 12 mesi.

Nelle ultime settimane, autorevoli organizzazioni italiane e straniere hanno ridimensionato le aspettative economiche, prevedendo non soltanto una feroce recessione, ma al più una flebile ripresa nel 2010. Sia la Commissione Europea sia il Fondo Monetario Internazionale sostengono che nel 2009 il PIL si ridurrà in Italia del 4%. La Banca d’Italia e la confederazione degli imprenditori, Confindustria, l’avevano arrotondato al 4.9%. E nelle ultime e più cupe analisi del 24 Giugno, l’OECD ha previsto una probabile perdita dell’economia di quest’anno pari al 5.5%. Certo, altri tre paesi del G8 stanno andando ancora peggio. Ma l’idea che l’Italia, che ha una storia ventennale di difficoltà, riuscirà ad evitare l’impatto forte con la recessione è stravagante.

L’indagine dell’OECD, in particolare, ha chiaramente messo in imbarazzo Berlusconi. Questa settimana ha risposto rabbiosamente che è tempo di “chiudere la bocca” a coloro che parlano di “crisi lì e crisi qui”. Ha anche suggerito che le imprese ritirino la pubblicità dai quotidiani che diffondono depressione (sebbene il suo stesso ministro dell’Economia avesse in maggio tacitamente modificato la propria stima sulla caduta del PIL al 4.2%).

In Italia raramente apparenza e realtà coincidono. Molti economisti e uomini d’affari ritengono che, come spesso accade, la retorica provocatoria di Berlusconi nasconda un subdolo scopo. “Penso che [Berlusconi e il suo Ministro delle Economia, Giulio Tremonti] temano soprattutto un crollo interno dei consumi e stiano provando a riportarlo su“ dice Michele Tronconi, presidente della federazione dell’industria della moda, Sistema Moda Italia. Berlusconi ha in effetti ammesso questa cosa. “Abbiamo bisogno si rivitalizzare i consumi. Le persone dovrebbero tornare ai loro vecchi stili di vita”, ha dichiarato recentemente.

Eppure, se il piano è appunto quello di compensare la perdita delle esportazioni cercando di convincere il consumatore italiano a spendere di più, è rischioso sia per il governo italiano sia per la nazione. Berlusconi ha già un problema di credibilità in patria che riguarda la sua vita privata, dopo essersi rifiutato di mantenere la promessa di spiegare al parlamento la sua relazione con una diciottenne aspirante modella. Ora gli tocca sopportare una raffica di storielle su ragazze squillo che sarebbero state intrattenute nella sua casa di Roma. Quindi non può permettersi che le sue dichiarazioni sulla salute dell’economia vengano contraddette dall’esperienza dei suoi stessi elettori.

Tronconi, che appoggia l’offensiva ottimistica del Governo, riconosce che “la mia esperienza è di una crisi che sta attaccando duro”. L’uomo è a capo di una piccola impresa di rifinitura tessile, a gestione familiare, e la produzione nel suo settore è sotto “quasi del 30%” rispetto a quello di 12 mesi fa.

Fabio Pammolli del CERM, una think-tank di economia, nota che “essendo un paese con un’economia moltro frammentaria, fatta di piccole imprese, il momento in cui la recessione diventa visibile viene ritardato. Il collasso di migliaia di micro-imprese non invade le prime pagine dei giornali quanto la bancarotta della Chrysler o della General Motors”. Ma viene fuori dalle cifre. L’Istat, l’ufficio statistico governativo, dichiara che si sono persi 204 mila posti di lavoro nel primo quadrimestre del 2009. Ad aprile la produzione industriale era scesa del 22% e gli ordini del 32% rispetto all’anno prima.

Insistendo sul fatto che nulla stia andando male, Berlusconi e Tremonti si stanno anche facendo sfuggire l’opportunità di attuare riforme che non solo velocizzerebbero la ripresa dell’economia, ma che effettivamente migliorerebbero la produttività e le finanze pubbliche italiane. La Confindustria sta facendo pressione sul governo per un’ulteriore riforma dell’insostenibile sistema pensionistico (l’Italia spende il 13% del PIL sugli anziani, quasi 4 punti percentuali in più della media delle 15 economie più ricche d’Europa). E vuole un programma di liberalizzazione e privatizzazione per promuovere la competizione, aumentare la produttività e tagliare l’inflazione dei prezzi al consumo. Uno studio recente della Banca d’Italia ha concluso che in 3 anni tale programma potrebbe aumentare il PIL italiano fino al 5%.

Invece, da quando è tornato al potere l’anno scorso, il governo Berlusconi è diventato cauto sulle questioni del libero mercato. Guidato da Tremonti, autore di un libro che prevedeva la crisi finanziaria, il governo ha fatto propria l’ambiguità tipica di Sarkozy. Non ha un piano per la deregolarizzazione o per la vendita di azioni. Non è pronto neppure ad aumentare l’età pensionabile delle donne. I ministri hanno fatto capire di temere la deriva dell’impopolarità in un già delicato frangente.

Potrebbe essere possibile iniziare la riforma delle pensioni e affrontrare gli interessi acquisiti contrari alla liberalizzazione e alla privatizzazione se ciò fosse fatto per stringere la cinghia a livello nazionale. Gli italiani risposero eroicamente a metà degli anni ‘90 quando, il primo ministro dell’epoca, Romano Prodi, chiese loro dei sacrifici per risanare i conti nazionali e prepararsi ad adottare l’Euro.

Eppure, sebbene Berlusconi possa sopravvivere agli scandali che lo hanno travolto, può a malapena chiedere ai suoi elettori sangue, sudore e lacrime, almeno finchè insiste che l’Italia sia venuta fuori quasi illesa dal crollo dell’economia mondiale - piuttosto come la caserma in cui si terrà il G8, scossa dal terremoto.

(Articolo originale)

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