mercoledì 5 novembre 2008

Italia dall'Estero - I piccoli accomodamenti di Berlusconi con la legge

Pubblico un articolo de L'Express del 23 ottobre 2008 (traduzione da Italia dall'Estero):

I piccoli accomodamenti di Berlusconi con la legge

Forte di un’immunità confezionata su misura, il leader del governo italiano si appresta a varare una vera e propria controriforma giudiziaria. Per richiamare all’ordine quei giudici che osano chiedergli conto dei suoi atti.

Il 9 ottobre scorso, in via dei Giubbonari, a Roma, Silvio Berlusconi si concede a un bagno di folla di quelli che ama tanto. Il suo livello di simpatia, più del 60%, ha raggiunto il Nirvana; tutti si inchinano ai suoi piedi. Super Silvio, lui, cammina sulle acque. Nella calca un gioielliere osa: “Presidente, non è preoccupato per tutti i suoi processi in corso?” Berlusconi sfoggia il suo sorriso da Madonna “Non me ne frega niente! Sono tranquillo: sono già stato assolto 18 volte.” Poi, di fronte ai commercianti che si lamentano degli affari che vanno male, conclude con una pacca amichevole: “Tenete duro. Sistemeremo tutto.” La sua formula magica per i giorni di crisi.

Appena rieletto, in luglio, ne aveva del resto già approfittato facendo votare il lodo Alfano, che garantisce, durante il loro mandato, l’immunità alle quattro più alte cariche dello Stato. Il risultato è sorprendente: mentre il Cavaliere viene processato a Milano per avere versato 600.000 dollari ad un avvocato inglese, David Mills, in cambio di false testimonianze, il processo continua, ma senza di lui. I magistrati, esasperati, hanno fatto appello alla Corte Costituzionale, che aveva già respinto una legge simile, inventata nel 2003 dallo stesso Berlusconi per bloccare un altro processo per corruzione di magistrati [Toghe sporche, N.d.T.]. Il verdetto sarà pronunciato fra qualche mese. Il professor Alessandro Pace, presidente dell’Associazione dei Costituzionalisti, spera che andrà nella stessa direzione del precedente. Questo eminente giurista trova letteralmente “allucinante” il progetto di riforma della giustizia che si profila.

Avevamo creduto, prima che in aprile tornasse al potere per la terza volta, in un “nuovo” Silvio Berlusconi, guarito dai suoi accessi di sarcasmo contro le “toghe rosse”, votato con tutto se stesso al consenso e al bene pubblico. Ci aveva fatto dimenticare la sua fobia delle imposizioni e della prigione, la sua bulimia di invulnerabilità e giustizia - la sua giustizia - il suo fortissimo desiderio di portare a termine, una volta per tutte, la grande riforma che non ha potuto completare nei suoi mandati precedenti. Ecco di nuovo invece il Cavaliere di sempre, più forte che mai, sostenuto da una maggioranza schiacciante e un’opposizione afona, pronto a prendere la sua rivincita su una giustizia già malridotta.

La diagnosi è stata pronunciata mille volte: “La riforma è vitale, perchè il sistema giudiziario è malato, la durata dei processi è biblica, spesso dieci anni per il penale, peggio per il civile: una lentezza unica in occidente”, sospira Antonio Baldassarre, ex presidente della Corte Costituzionale. Solo il 31% degli italiani crede nel proprio sistema giudiziario. “Però è chiaro” riassume Luca Palamara, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), che riunisce la quasi totalità dei giudici, “che la riforma annunciata non cerca di risolvere il problema della lentezza dei processi, ma dei rapporti fra la politica e la magistratura.”

E’ la storia di una guerriglia, di una stretta mortale che non cessa di avvelenare il dibattito politico e giudiziario, fra un uomo e dei giudici la cui indipendenza e autonomia sono scolpite nella Costituzione del 1948, mentre in Francia le procure restano sottomesse all’esecutivo. Uno scontro di una violenza inaudita, che getta una nube di fumo sulle urgenze reali. Il copione di un dramma proprio di un paese infestato dal fantasma del fascismo.

Li guarda come si guadano dei pazzi, degli “stupidi” , “antropologicamente diversi dal resto della razza umana”, delle “metastasi della democrazia”, che “dovrebbero sottoporsi a esami periodici che attestino la loro sanità mentale”. Si dice vittima, da molti anni, della sospettosa ostinazione di quei giudici che avevano annunciato la sua iscrizione al registro degli indagati per corruzione, nel 1994, all’epoca del suo avvento in politica, mentre presiedeva a Napoli un convegno dell’ONU sulla criminalità organizzata. Gli stessi che lo hanno messo sotto inchiesta per riciclaggio di denaro della Mafia o per concorso in strage (in particolare per la morte dei giudici Falcone e Borsellino nel 1992) – casi archiviati per mancanza di prove – o ancora accusato per corruzione dei magistrati, falso in bilancio e così via.

Pensate, per lui e il suo gruppo Fininvest: “22 processi, 2.500 udienze, 600 perquisizioni negli uffici, 250 commissioni rogatorie…” elenca Niccolò Ghedini, avvocato di Berlusconi… e deputato. Nemmeno Lucky Luciano ha saputo fare meglio. Ma se Berlusconi è stato talvolta condannato in primo grado, è poi sempre stato assolto o ha beneficiato della prescrizione. Ha saputo sfruttare con genialità le risorse del sistema per rallentare le procedure. E fra il 2002 e il 2006 ha fatto approvare una serie di leggi su misura per proteggere i suoi interessi e quelli dei suoi amici, depenalizzando il falso in bilancio, rendendo più complicate le commissioni rogatorie… L’aveva chiaramente detto ai giornalisti Enzo Biagi e Indro Montanelli: “Sono entrato in politica per evitare la galera ed il fallimento [del suo gruppo Fininvest, N.d.T.]”. Missione compiuta.

Ma Berlusconi non può governare il paese ed impiegare il suo tempo a difendersi. Spiega il suo difensore nel salone dell’Hotel Nazionale a Roma, quel Niccolò Ghedini che qualcuno chiama, sorridendo, “il Ministro della Giustizia nell’ombra”. L’uomo mostra un’eleganza laconica. E’ tanto minuto ed etereo quanto Berlusconi è robusto e fremente: “La legge Alfano? Non porta all’immunità, ma ad una sospensione” dice. “Mettiamo nel frigorifero processi che, ad ogni modo, sono morti e defunti”. Perchè, anche se la Corte [Costituzionale, N.d.T.] invalida la legge Alfano, il processo Mills ricomincerà con la prescrizione assicurata per Berlusconi? “Non può presentarsi a due udienze a settimana” riprende Ghedini “Sabato scorso, per esempio, sarebbe dovuto essere o con me in tribunale o con il papa!” Comprendiamo il dilemma

La riforma della giustizia, che secondo Ghedini potrà essere depositata all’inizio di novembre, mira a rimettere ordine nei tribunali: prima di tutto, rivedere la composizione del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), l’organo supremo, troppo corporativistico secondo il governo, che sarà d’ora in avanti composto per due terzi da politici. Poi separare le carriere dei procuratori da quelle dei giudici, oggi facenti parte di uno stesso corpo, per “mettere fine alla loro collusione”, secondo Ghedini; il modo più sicuro di strappare al sistema giudiziario le sue garanzie di indipendenza, secondo i magistrati, nuovamente sull’allarme per una restrizione dell’utilizzo delle intercettazioni telefoniche, essenziali per le inchieste sulla criminalità organizzata. Infine, pur avendo i procuratori italiani come nobile principio “l’obbligatorietà dell’azione penale”, dovendo cioè perseguire tutti i fatti portati a loro conoscenza, il Parlamento potra’, ogni anno, stilare una lista di priorità. “Noi dobbiamo poter indagare su chiunque, per l’uguaglianza dei cittadini” scandisce Luca Palamara “Ritornare sotto la tutela dell’esecutivo è fuori questione!”

“IL BOTSWANA E' MENO CORROTTO DI NOI…”

Per farsi meglio comprendere, Armando Spataro, responsabile dell’antiterrorismo alla procura di Milano, cerca nel suo ufficio un documento e brandisce lo spettro del discorso del Duce del 1940 tenuto in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: “Nella mia concezione, non esiste una separazione dei poteri nell’ambito dello Stato!” dichiarava Mussolini fra gli evviva della Corte Suprema. Era ieri.

Da allora, i giudici italiani hanno conquistato la loro indipendenza e la loro ora di gloria nella lotta contro il terrorismo e la Mafia, e nella battaglia anti-corruzione più eclatante d’Europa, Mani Pulite, all’inizio degli anni Novanta. Qui, al quarto piano del Palazzo di Giustizia di Milano, abbiamo visto sfilare le élite della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista, spazzate via. “Facevo il mio mestiere” dice semplicemente Piercamillo Davigo, oggi consigliere della Corte di Cassazione “ E quanti attacchi, terribili… sono stato oggetto di querele 38 volte, anche per attentato agli organi costituzionali dello Stato” Altrettanti pezzi d’antologia, altrettanti atti illegali scoperti, altrettanti consensi e sostegno popolare, che si sono poi, a poco a poco, sgretolati. 5.000 persone arrestate, 1.500 condannate, certamente, ma per il 98% con pene inferiori ai due anni di reclusione. L’enorme scandalo si è fuso nel magma della procedura.

Il potere non ha preso il testimone della lotta, ma l’ha affondata: “I due pilastri della lotta contro la corruzione erano il falso in bilancio e il finanziamento illecito ai partiti. Questi due reati sono stati eliminati!” si infuria Mario Almerighi, presidente del Tribunale di Civitavecchia. “La malattia non è stata curata. Secondo Transparency International, noi siamo uno dei paesi europei più corrotti. E il Botswana lo è meno di noi…”. La moralizzazione che ci si aspettava non è avvenuta e l’opinione pubblica si è stancata dei cani da guardia della virtù. Allora, quando l’inossidabile leader della Democrazia Cristiana da mezzo secolo, Giulio Andreotti, indagato per i suoi legami con la Mafia, si è visto “assolto”, come lo ha proclamato il famoso talk-show “Porta a porta” quella sera del 1999, la Storia ne ha fatto un martire della giustizia. In realtà, per i fatti precedenti al 1980, ha beneficiato della prescrizione. “E per anni” si rattrista un giudice “lo abbiamo visto in televisione pontificare sull’emicrania o sui problemi della lira italiana…”

EROE ALL'ESTERO, IL GIUDICE ITALIANO E' DISPREZZATO NEL SUO PAESE

Da molto tempo l’eroismo non è più conveniente nelle aule di tribunale. “Da Mani Pulite, stiamo andando di male in peggio” riassume Almerighi “Il potere è come un ragno che, ogni volta che la sua ragnatela viene danneggiata da un colpo della magistratura, ripara il buco rendendo la ragnatela più solida. E, ormai, è diventata d’acciaio!” Ma Berlusconi non è l’unico responsabile. “La sinistra, malgrado le promesse elettorali nel 2006, non ha annullato le leggi vergogna di Berlusconi” sottolinea Spataro. Edmondo Bruti Liberati, ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, osserva che “il governo Prodi, nel 2006, ha fatto votare, sotto le pressioni della destra, l’indulto, una riduzione di pena di tre anni – sai che novità – che ha risparmiato la prigione a quasi 25.000 detenuti, fra cui l’ex avvocato di Berlusconi, Cesare Previti, condannato per corruzione di giudici”…

“Resistenza!” Il giudice simbolo di Mani Pulite, Antonio Di Pietro ha scelto, per parte sua, di continuare a cozzare contro la politica, con il suo partito, L’Italia dei Valori (circa l’8% nei sondaggi). Da undici anni deposita, ogni anno, una proposta di legge, una linea, per impedire ai condannati di presentarsi alle elezioni. Bilancio: “In Parlamento, più di 70 eletti hanno problemi con la giustizia e 18 sono stati condannati in via definitiva”, spiega Peter Gomez, giornalista de L’Espresso “Ossia, circa il 10%!” Di Pietro: “E questa gente riforma la giustizia! Il sistema italiano è malato e la società ha un problema di etica pubblica. Durante tutti questi anni, i cittadini hanno avuto l’impressione che ad essere più forti e più furbi ci si guadagni sempre!”

E Berlusconi ha raggiunto una sorta di apogeo. Non fa altro che lavorare alla sua fedina penale pulita e trasmette, attraverso la televisione, la percezione che il colpevole è la vittima e viceversa, che il proscioglimento, poco importa per quali motivi giuridici, vale l’assoluzione politica, che il conflitto di interesse è la norma. “Noi, i magistrati, siamo lo specchio di un paese devastato”, sospira Spataro. Quando sente Berlusconi continuare a ripetere che i giudici sono dei pazzi furiosi, pensa al suo collega Guido Galli, assassinato con il Codice Penale in mano. Spataro ha appeso la sua fotografia in ufficio. Perchè i magistrati di oggi sono anche i depositari di quelli di un tempo. I morti li guardano. “Viviamo una specie di schizofrenia” spiega Davigo. “All’estero ci invitano a tenere conferenze; qui, ci coprono di insulti.”

Nell’attesa, i problemi restano. “A Milano, la terza procura d’Italia, manca il 45% del personale amministrativo. La polizia mi presta personale per il lavoro di segreteria” si lamenta Spataro. Dall’altra parte, tutti parlano di un sistema inefficace: “Qui si va in prigione prima di essere condannati e si è liberi dopo” riassume Almerighi “L’Italia è l’unico paese in Europa dove, dopo la sentenza in prima istanza, l’accusato è considerato “in attesa di giudizio”. Deve ancora essere giudicato in appello e in cassazione. L’iter può durare anche quindici anni, e il reato cadere nel frattempo tranquillamente in prescrizione, che decorre dal momento in cui il delitto è stato commesso.” Questo “garantismo”, questa volontà di garantire le libertà dei cittadini, “protegge in fin dei conti più i delinquenti che le persone oneste” e, a forza di pesantezze e formalismi, ci si dimentica dell’esecuzione delle pene. “Non è un caso” conclude Spataro “che ci siano molti delinquenti fra i nostri immigrati. Sanno che qui hanno l’impunità.” Casca a fagiolo, Berlusconi vuole dimostrare ai lavavetri clandestini che è finito il tempo dell’impunità.

(Articolo originale di Delphine Saubaber e Luksic Vanja)

Nessun commento: