mercoledì 23 febbraio 2011

Italia dall'Estero - Le vicissitudini di un “clown”

Pubblico un articolo di Carta Capital del 18 febbraio 2011 (traduzione da Italia dall'Estero):

Le vicissitudini di un “clown”

Riflessioni sul processo mosso contro Berlusconi, con una breve divagazione sul caso Battisti

L’Italia di Berlusconi ha fornito a tutto il pianeta uno spettacolo da circo di proporzioni bibliche grazie all’eccellente performance di Silvio, clown incomparabile.

Uno sguardo panoramico sulla Penisola, persino alla luce di un’attualissima analisi, non si riduce tuttavia alla sola figura caricaturale del premier, che si crede un casanova, che narra barzellette triviali, che si rende protagonista di gaffes con ripercussioni urbi et orbi, che è un perfetto interprete del personaggio patologico dell’opportunista innopportuno, dalla personalità puerile e dai comportamenti compulsivi e predatori.

Le caratteristiche forti della democrazia italiana sono state, dall’immediato dopoguerra, la Costituzione solida e longeva, opera di un’Assemblea Costituente ristretta, e la Giustizia indipendente ed efficace, come del resto è stabilito dalla forma di governo.

Questa Giustizia ha condannato il politico più influente degli anni ’80 e dei primi anni ’90, il leader socialista e primo ministro, Bettino Craxi, che alla fine fuggì in Tunisia dove rimase sino alla morte per evitare circa 20 anni di carcere.
È proprio così: in Italia i ricchi e potenti vanno anche in carcere.

È quello che è successo con quelli che furono coinvolti nell’ampia e lunga operazione denominata Mani Pulite. Coinvolse ministri, parlamentari, medi e grandi imprenditori, provocò suicidi e fece implodere la Prima Repubblica e con essa i partiti nati dopo la fine del fascismo, a iniziare dalla Democrazia Cristiana, la prima a restare impantanata nel fango della corruzione.

Adesso questa stessa Giustizia si muove contro Berlusconi e ha fissato al prossimo 6 aprile l’inizio del processo che lo incrimina per concussione e prostituzione di minore. La situazione del premier, che sino ad oggi è riuscito a cavarsela a dispetto delle crescenti vicissitudini politiche, della crisi economica e di tre pendenze giudiziarie ancora in corso, forse questa volta si è compromessa irreparabilmente.

Tempo fa, d’altra parte, si era fatta strada la tesi secondo cui Berlusconi potrebbe, da un certo punto di vista, seguire le orme di Al Capone, il quale finì per essere condannato come evasore, invece che come capo del crimine organizzato.

La Giustizia italiana compie con precisione e competenza il compito che le è stato assegnato all’interno dello Stato Democratico di Diritto. È ciò che ha detto la scorsa settimana un grande scrittore, Umberto Eco, al programma Annozero della Rai, per mostrare la contraddizione di Berlusconi: approva la situazione di Cesare Battisti ma non vuole essere processato, ha detto Eco.

L’autore de Il nome della rosa e di altri libri di successo mondiale ha affermato che negare l’estradizione di Battisti “offende l’Italia e gli Italiani”. E la ragione è semplice e comprensibile: a giudicare dal “no” di Lula, sembra che il Brasile creda ciecamente a un detenuto nel carcere di Papuda, come ad una scrittrice di gialli (che non è Agatha Christie), con le certezze di chi ignora la storia italiana e pretende di stracciare un trattato firmato nel 1998, legge totalmente in vigore in quanto approvata da entrambi i Parlamenti.

Altrimenti detto: il Brasile non crede nella Giustizia italiana e internazionale, nel Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ex comunista doc, e neanche nella sinistra della Penisola, da sempre allineata con il PT [Partido dos Trabalhadores, il partito brasiliano dell’ex presidente Lula, N.D.T.].

Non avrei voluto tornare sul caso Battisti, ma lo scontro in corso tra Berlusconi e la magistratura, che egli accusa di essere “comunista”, mi porta automaticamente ad alcune considerazioni.

Pur nella certezza di tornare a essere messo al muro dalle offese grossolane di chi frequenta internet col fine di esibire non solo la propria codardia, ma anche, e soprattutto, la sua ignoranza. Sembra che Walter Fanganiello abbia già fatto un callo capace di resistere strenuamente alle perfidie che quotidianamente gli vengono vomitate contro.

Mi spaventa soprattutto quel genere di internauti e di molti altri cittadini pronti a confondere un ladruncolo di periferia, ideologizzato in carcere, terrorista e pluriassassino, con i coraggiosi guerriglieri disposti a morire in nome della libertà.

Sono spaventato perché non si concedono mai neanche un frammento di dubbio. Bene, vale la pena segnalare che il dubbio è segno di intelligenza). Ometto i paragoni tra Umberto Eco e Fred Vargas.

(Articolo originale di Mino Carta)

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