martedì 8 febbraio 2011

Italia dall'Estero - Naufraghi della cultura

Pubblico un articolo de El Periódico de Catalunya del 30 gennaio 2011 (traduzione da Italia dall'Estero):

Naufraghi della cultura

Vivere di arte in Italia è sempre più difficile. Impotenti davanti a una situazione che li surclassa, molti artisti angustiati dal clima che si respira, si stabiliscono a Barcellona. Sono molto pessimisti riguardo al futuro

In Italia a Sergio Sivori non mancava il lavoro né la popolarità. Dopo aver calcato per anni i palcoscenici teatrali di Roma, all’inizio del 2010 aveva raccolto il suo ultimo successo come protagonista in una serie televisiva trasmessa dalla RAI. Fino a che a giugno dell’anno scorso, qualcosa si ruppe. “Mia moglie ed io ci siamo guardati in faccia e abbiamo detto: ‘Questo paese non fà più per noi’. Abbiamo messo le nostre cose in un furgone e siamo venuti a vivere a Barcellona”. Sono sempre di più i rappresentanti italiani della cultura che decidono di lasciare il paese per stabilirsi a Barcellona. E le ragioni puntano nella stessa direzione. “Me ne sono andato perché in Italia non ci sono più le condizioni minime per lavorare. E non solo quelle economiche”, afferma Sivori.

“Si considera la cultura come qualcosa di superfluo, su cui si possono fare tagli in tempi di crisi”. Di fatto lo scorso ottobre il ministro dell’Economia, quando ha dovuto giustificare i tagli, affermò che “la cultura non dà da mangiare”. Una simile affermazione provocò da parte di Andrea Camilleri, la redazione di una ironica lista di motivazioni che dimostrano invece che dà da mangiare. “La nostra classe politica ha un concetto della cultura più vicino a quello dell’animazione turistica”, aggiunge Sivori che ha già cominciato ad organizzare laboratori di teatro preso la UAB (Universitat Autònoma de Barcelona N.d.T.), e in un paio di mesi aprirà il suo teatro in Gràcia, Laboratorium. “Ho nostalgia del futuro dell’Italia, perché so che non ne avrà per tanto e perché non lo vedrò”, confessa. Ad altri, come il fumettista Claudio Stassi (autore dell’illustrazione di questa pagina), preoccupa la mancanza di reazione dei suoi connazionali: “gli Italiani stanno dormendo. Non si indignano. Non vedono quello che sta succedendo”.

Ambiente irrespirabile

Claudio Colombara, un affermato cantante lirico che si è stabilito nell’Eixample, aggiunge: “A Barcellona, nonostante la crisi, si respira un’aria più pulita. In Italia l’ambiente politico e culturale è orribile. Tutti quelli che possono, come nel mio caso, decidono di andarsene”. Nel 2011 l’Italia ha destinato 307 milioni di euro alla Cultura, mentre in Spagna l’investimento è di 1051 milioni e in Francia di 7500. “Senza appelli, i teatri dovranno chiudere e una tradizione culturale come quella dell’opera, che nacque in Italia, andrà persa. È un peccato perché senza cultura non c’è futuro”, afferma questo bolognese, catalano di adozione, che in questi giorni interpreta Anna Bolena di Donizzetti al Liceu.

La sua collega Fiorenza Cedolins originaria del Friuli e residente a Sitges va oltre: “Nel mio paese esiste una fuga culturale reale perché la gente che cerca di aprirsi uno spiraglio nel mondo dell’arte non ha futuro. In Italia la cultura è caduta nel dimenticatoio”. Ci sono tagli ovunque, ammette, solo che nella patria di Michelangelo la situazione è più drammatica perché “esiste l’idea generalizzata secondo cui la cultura e i valori che trasmette, non sono indispensabili”. Il crollo a novembre della casa dei Gadiatori, nell’antica Pompei, evidenzia la scarsa considerazione per il patrimonio culturale italiano.

“Mi irrita il fatto che il potere politico abbia distrutto il vivaio dove gli artisti possano crescere”, afferma Giuliano Belotti, musicista, compositore e collaboratore del Conservatori Superior del Liceu. “Non si è fatto niente per l’educazione musicale”. Una preoccupazione condivisa dal direttore di orchestra Daniel Barenboim che a dicembre, durante l’inaugurazione della stagione alla Scala, aveva espresso il suo disappunto per i tagli affermando che la cultura non è solo estetica, ma anche etica.

“Dimmi il nome di un solo scrittore o regista italiano che negli ultimi venti anni si sia distinto”, domanda un rassegnato Belotti. “Ci sono registi come Visconti o Pasolini, ma probabilmente se ne sono andati dall’Italia e lavorano in altri paesi”, sottolinea Massimiliano Vana, giovane documentarista che ha realizzato la sua casa di produzione a Barcellona. “Io me ne sono andato per istinto di sopravvivenza. Qui in cambio mi sono sentito valorizzato perchè questa è una città sensibile alla creatività, all’arte”. Come quasi tutti, neanche Vana ha intenzione di tornare al proprio paese “la rivoluzione non la può fare uno solo. E tornare significherebbe rinunciare al senso della giustizia, al diritto ad indignarsi. In Italia hanno comprato perfino l’indignazione”.

(Articolo originale di Marta Cervera e Angelo Attanasio)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ragazzi, se se ne andato Sergio Sivori col suo Laboratorium Teatro stiamo proprio messi male. Ricordo con grande commozione quando ,ormai 7/8 anni fa, con un gruppo di attori apri a roma un teatro ricavandolo da un supermercato...
Fu un bella sorpresa per Roma,assuefatta al commercio dell'arte.Il LABORATORIUM TEATRO e' stato un luogo magico, ho visto spettacoli di una qualita' rara, per non parlare dell'intensa attivita' pedagogica proposta a livello internazionale. UNA PERLA, in un quartiere difficile come il portuense di Roma.
Ho scritto e documentato i loro lavori piu' volte e non mi sarei mai stancato di farlo.
P.P

Anonimo ha detto...

Grandissimo SERGIO SIVORI