giovedì 10 febbraio 2011

Italia dall'Estero - Intellettuali famosi chiedono a Berlusconi: “Dimettiti!”

Pubblico un articolo di El País del 5 febbraio 2011 (traduzione da Italia dall'Estero):

Intellettuali famosi chiedono a Berlusconi: “Dimettiti!”

A Milano migliaia di persone hanno partecipato ad una manifestazione di protesta contro il primo ministro. Eco, Pollini e Saviano canalizzano l’indignazione cittadina. Eco: “Siamo qui per difendere l’onore dell’Italia, non siamo un Paese di prosseneti”.

Il primo esempio articolato della crescente indignazione cittadina contro Silvio Berlusconi si celebra oggi al Palasharp di Milano. Convocati dall’associazione Libertà e Giustizia , intellettuali come Umberto Eco, Roberto Saviano, il pianista Maurizio Pollini, la giornalista Concita De Gregorio o Paul Ginsborg, storico inglese e cittadino italiano, oggi hanno preteso le dimissioni del primo ministro di fronte a circa 9.000 persone che riempivano il palazzetto dello sport e ad altre varie migliaia che hanno seguito l’evento dall’esterno sui megaschermi.

L’intervento più ironico e pungente è stato quello di Umberto Eco. “Sono arrivato qua con molto scetticismo, pensando che, per quanto gridiamo, Berlusconi non si dimetterà mai. Credevamo che avesse in comune con Mubarak solo una nipote, e adesso vediamo che ha anche il vizio di non voler dare le dimissioni. Nemmeno con l’esercito contro”, ha ironizzato.

“Perché non si dimette il nostro capo del Governo? “ ha proseguito Eco tra le risate dei presenti. “Per prima cosa perché se lo facesse, cadrebbe nelle mani dei giudici. E secondo, perché ha dei deputati disposti a tutto, che non hanno ancora raggiunto i requisiti sufficienti ad ottenere la pensione, o non hanno ricevuto abbastanza bigiotteria. È ben appoggiato. Cosa stiamo facendo qui, allora? Siamo venuti a difendere l’onore dell’Italia”, ha continuato tra gli applausi.

“Siamo venuti qua per ricordare al mondo che non siamo un Paese di prosseneti, che non tutti faremmo lo stesso se avessimo i soldi, che non siamo come quei padri che incoraggiano le figlie ad andare alle feste per vedere che succede. Forse siamo una minoranza, ma non importa. Durante il fascismo solo 11 professori universitari non giurarono fedeltà al Duce. Ma costoro salvarono l’onore dell’Italia”.

L’autore de Il nome della rosa ha anche spiegato che è stanco di ricevere rimproveri quando va all’estero. “Qualche mese fa ricevevo sorrisi di solidarietà, adesso mi guardano male e mi dicono ‘ma voi, perché non dite niente?’. Sono indignato. Non sanno che qui lottiamo. Oggi qui ci sono dei giornalisti stranieri. Finalmente vedranno che ci sono italiani che dicono no, che sono diversi dai loro fratelli peggiori. Ora si tratta solo di far crescere il numero di quelli disposti a scendere ogni giorno in strada e dire no. Noi, no. E non perché siamo di quelli che vanno a letto presto. Io vado a letto tardi perché leggo Kant”.

Gustavo Zagregelsky, ex giudice della Corte Costituzionale, ha aperto la manifestazione leggendo il manifesto Le notti di Arcore e la notte italiana, che spiega le richieste della mobilitazione. “Gli italiani vogliono legalità, non connivenza; vogliono sicurezza, non protezione; vogliono essere cittadini, non clienti. Non ne possono più di questa situazione. Non vogliono dover andarsene dal Paese per non essere umiliati”.

Quando sul palco si è presentato Roberto Saviano, il momento è stato emozionante. Il palazzetto l’ha accolto in piedi gridando “Roberto, Roberto”. Il trentenne autore di Gomorra ha ricordato che “la democrazia italiana è ostaggio della compravendita di voti che avviene al sud del Paese, dove un voto costa 50 euro, o 15 quando si tratta di primarie”.

Lo scrittore ha aggiunto che è necessario “parlare all’altra parte del Paese”, quella che ancora appoggia il primo ministro, “per evitare la logica della divisione, e trovare punti in comune senza stare a discutere su chi sia il più puro. Bisogna ritrovare l’unità del Paese. Sporcarsi le mani, impegnarsi, rischiare. Resistere come fecero Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e altri che lottarono contro la parte dello Stato criminale per difendere i valori costituzionali”.

Saviano ha ricordato che la democrazia italiana non somiglia ai totalitarismi classici, però ha aggiunto che “chi critica il Governo sa che va incontro all’intimidazione e alla delegittimazione della macchina del fango. Chi ha usato per anni l’estorsione del pettegolezzo per controllare i propri rivali politici non si sente minacciato da nessuna rivelazione. Vogliono instaurare l’idea che siamo tutti uguali, ma non è vero; non siamo tutti uguali, non facciamo tutti le stesse cose. Quando siamo tutti uguali vince il più “furbo” (in Italiano nel testo, NdT), il più scaltro”.

Il pianista Maurizio Pollini ha ricordato che da molti anni “soffre perché l’Italia ha avuto un Governo indegno”. Ora si intravede un cambiamento, un futuro diverso, ma incerto, ha avvertito: “Anche se il nostro sogno si può realizzare, è possibile che ci sia un nuovo plebiscito ancora più pericoloso per la nostra democrazia. Abbiamo sofferto a lungo per la cecità, l’apatia, l’indifferenza e la stupidità che ci circondano, Ci hanno raccontato una bugia dopo l’altra. È necessario che la gente reagisca. Ma ci sono cose ben più gravi delle feste: il presidente ha creato attorno a sé un’enorme rete di corruzione”.

Pollini ha toccato un altro tema spinoso: “La mafia ha sempre appoggiato Forza Italia”, ha ricordato. “Amici del presidente sono stati condannati per connivenza con la mafia. È possibile che la mafia si sia innamorata del presidente e che sia un amore infelice. Ma non mi sembra che questo governo possa lottare contro la mafia tanto quanto ce ne sarebbe bisogno”. Pollini ha citato anche le rappresaglie contro i giornalisti.

Susanna Camusso, leader del più importante sindacato, la CGIL, ha fatto un ulteriore passo in avanti nella critica al capo del Governo. “Quando diciamo che Berlusconi deve dimettersi per un Paese più giusto, non pensiamo solo alla magistratura ma anche alla giustizia sociale. Il suo obiettivo costante è dividere: i lavoratori, gli studenti, gli italiani e gli stranieri, i giovani e i loro padri”.

L’Italia ha bisogno di parole d’altri tempi, ha aggiunto la sindacalista, che indossava una sciarpa bianca in segno di lutto per la democrazia e la libertà: “Diritti, responsabilità, doveri, rispetto, persone, e non corpi separati dalla mente. Abbiamo bisogno di un linguaggio comprensibile. Dobbiamo parlare di Berlusconi, non delle ragazze di 18 anni. Non si può parlare di ‘velinismo’ per tacere sulle responsabilità e sul rischio di ricatto al quale è sottoposto il presidente. Questo Paese ha un problema serio con la sessualità. Molti uomini ce l’hanno. E non è una barzelletta. Noi donne ormai non siamo più persone ma merci”.

Paul Ginsburg, autore del libro Salviamo l’Italia, e che due anni fa ha ottenuto la cittadinanza italiana, ha esortato per telefono gli italiani a ribellarsi contro “il regime”, a recuperare la democrazia e a ritrovare un nuovo rapporto tra pubblico e privato: “Berlusconi ci ha invitati tutti a essere predatori del pubblico. Adesso dobbiamo recuperare il pubblico”, ha detto.

Con un video, l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha chiesto ai cittadini di non arrendersi, ha richiesto “libertà e dignità” e ha ricordato che la prima premessa di una “democrazia è l’indipendenza del potere giudiziario”. “Berlusconi ha il dovere di difendersi davanti alla magistratura prima di tutto per rispettare i principi costituzionali”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

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