martedì 29 marzo 2011

Italia dall'Estero - Energia nucleare in Italia: Berlusconi tenta di cambiare rotta

Pubblico un articolo del Sueddeutsche Zeitung del 15 marzo 2011 (traduzione da Italia dall'Estero):

Energia nucleare in Italia: Berlusconi tenta di cambiare rotta

Roma un tempo era un precursore: dopo Chernobil l’Italia è stato il primo paese industrializzato a chiudere tutte le sue centrali nucleari. Ma questo l’ha portata alla dipendenza energetica dalla Francia. Ora il governo Berlusconi spinge per il ritorno all’atomo – ma con poche speranze di successo.

All’ingresso di molti paesi italiani c’è un cartello che lascia spesso perplessi i turisti stranieri. Il cartello dice: “Zona denuclearizzata”. Dal punto di vista giuridico questi cartelli sono privi di valore, ma dal punto di vista politico hanno un alto valore simbolico. Sono relitti degli anni ‘80, quando gli italiani costrinsero i loro governanti ad abbandonare il nucleare. E questo in un periodo in cui tutto il mondo andava nella direzione dello sfruttamento dell’atomo.

Il punto di rottura si ebbe il 26 aprile 1986, quando a Chernobil, in Ucraina, esplose un reattore nucleare. Migliaia di persone morirono, centinaia di migliaia persero la loro casa e tutta l’Europa precipitò nella paura delle radizioni atomiche. Chernobil fu un motivo sufficiente perché tutti gli italiana, dall’Alto Adige alla Sicilia, dicessero no al nucleare. Per volontà popolare le tre centrali nucleari allora in attività nel paese vennero fermate, poterono essere utilizzate solo parzialmente per scopi di ricerca. Un quarto progetto, ancora in fase di realizzazione, non venne mai completato. L’Italia fu così “denuclearizzata”, l’unico membro del club dei paesi industrializzati, allora ancora G7, a rinunciare completamente all’energia atomica per uso civile.

Ma se oggi c’è ancora energia elettrica in Italia, è perché vengono importante ingenti quantità di elettricità prodotta nelle centrali atomiche, soprattutto francesi. L’Enel, la controllata statale che gestisce il mercato energetico, possiede anche delle quote degli impianti nucleari in Francia, Slovacchia e Spagna ed intende inoltre partecipare al programma di energia nucleare russo. Ciò significa che l’Enel ha le mani pulite solo in patria.

Poiché però in Italia gli esperti non hanno sviluppato alternative efficaci ed economiche alla produzione di energia nucleare, a parte un paio di centrali a metano o gas qua e là, il paese deve importare oggi circa il 70% del suo fabbisogno energetico. Questo costa ogni anno 60 miliardi di euro. Il governo Berlusconi intendeva mettere fine a questa situazione, e per farlo due anni fa decise di cancellare la moratoria sull’atomo.

Il governo non riesce neppure a imporre un inceneritore di rifiuti

Nel mese di febbraio 2009 il premier italiano Silvio Berlusconi e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno firmato un’intesa per un futuro nuclare comune. L’italiana Enel (quasi un ente statale) e la francese EdF hanno spiegato che intendono costruire insieme almeno quattro centrali nucleari in Italia. Il primo tavolo di lavoro dovrebbe realizzarsi già il prossimo anno, il primo reattore potrebbe essere collegato alla rete elettrica nel 2020. La popolazione ha subito lo storico cambio di direzione così, senza grandi proteste. La maggior parte non crede comunque che alla fine se ne farà granché – non così in fretta almeno.

Anche se finora sui media non si sono viste dimostrazioni di massa o aspri dibattiti, il progetto del governo di Roma ha incontrato contrarietà in tutta Italia – per il momento ancora silenziose, ma forti. Per esempio quasi tutte le 20 regioni italia si sono dette contrarie ai piani nucleari. Nessuna vuole avere un reattore nucleare sul suo territoro. Undici consigli regionali si sono appellati perfino alla Costituzione. Il governo finora non ha ancora indicato dei luoghi precisi. E nelle località dove eventualmente potrebbero in futuro sorgere delle centrali, i verdi italiani si mobilitano e raccolgono firme per un nuovo referendum popolare.

possibiltià che il governo di Roma possa avere la meglio su questo fronte di opposizione appaiono scarse, soprattuto se si pensa all’esito di altri grandi progetti. Nonostante diversi tentativi il governo non è riuscito a creare un piccolo deposito per le scorie nucleari prodotte della centrali prima dell’abbandono dell’energia atomica. Le proteste locali hanno bloccato tutte le iniziative. Le pericolose scorie radioattive sono ancora stipate in depositi in modo provvisorio.

Non è stato possibile costruire neppure un inceneritore in Campania, estremamente necessario. “Dobbiamo fare in modo che la popolazione comprenda meglio i vantaggi dell’energia nucleare”, è il motto di Fulvio Conti, capo del gruppo Enel. Anche questa strategia, viste le evoluzioni non prevedibili in Giappone, non appare molto promettente sul lungo periodo.

(Articolo originale di Hans-Jürgen Schlamp)

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