sabato 21 marzo 2009

Italia dall'Estero - Silvio, l’attrice e la legge

Pubblico un articolo dell'Economist del 12 marzo 2009 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio, l’attrice e la legge

Sospetti al riguardo del tentativo dell’Italia di riformare la magistratura

La storia delle pressioni di Silvio Berlusconi per assicurare delle parti in TV ad alcune attricette è uno dei racconti più strani e degni di nota della colorita vicenda del Presidente del Consiglio italiano. Nel 2007 un quotidiano italiano pubblicò delle indiscrezioni relative ad alcune trascrizioni telefoniche tra Berlusconi, allora capo dell’opposizione, e un importante dirigente della televisione pubblica italiana. In una di queste Berlusconi, cercando di rovesciare la risicata maggioranza al Senato del governo di centro-sinistra, viene citato mentre spiega: “Sto cercando di ottenere la maggioranza in Senato”. “Una persona con la quale sto negoziando mi ha chiesto di raccomandare” un’attrice formosa.

L’inevitabile sospetto fu che Berlusconi stava tentando di convincere alcuni deputati a cambiare orientamento utilizzando il più vecchio dei trucchi nel suo repertorio. Il 25 febbraio, però, il caso è stato archiviato. I magistrati hanno affermato che non vi erano sufficienti prove di reato per procedere sia contro Berlusconi sia contro il dirigente. Quello stesso giorno, stranamente, il Partito della Libertà di Berlusconi (PdL) propose una delle misure più draconiane mai pensate in un disegno di legge scritto per limitare le intercettazioni e la pubblicazione dei loro contenuti.

L’episodio illustra l’origine di molti dei dubbi che circondano Berlusconi in merito ai suoi ultimi tentativi di riscrivere il sistema legale: sta davvero cercando di migliorare i bassi standard della giustizia italiana, oppure sta cercando di proteggere i suoi interessi?

Tutti concordano nel dire che il sistema esistente è un incubo: invadente ma lento, costoso e imprevedibile. I suoi difetti non sono solo una questione di ingiustizia sociale. Ci aiutano a capire perché l’Italia attragga relativamente pochi investimenti stranieri. Secondo un’indagine del 2009 della Banca Mondiale sulla facilità di fare affari, il sistema giuridico italiano offre agli investitori meno protezione del Mozambico; i contratti sono più difficili da far rispettare che in Colombia.

Angelino Alfano, Ministro della giustizia, afferma che ci vogliono più di 31 mesi, mediamente, per portare un caso davanti ad un tribunale; ci sono più di 5 milioni di processi civili e 3 milioni di processi penali in sospeso. Il denaro è parte del problema. I tribunali sono mal-finanziati, e il poco denaro disponibile viene speso per finanziare un’infinità di tribunali troppo piccoli. Nei processi penali inoltre sia la difesa che l’accusa hanno diritto ad almeno due appelli.

Il risparmio è una giustificazione per la prima riforma proposta, che ha a che vedere soprattutto con la restrizione delle intercettazioni. Anche Saverio Borrelli, il magistrato che ha condotto la manovra anti-corruzione chiamata “Mani Pulite” che quindici anni fa ha spazzato via il vecchio ordine politico, riconosce che gli inquirenti italiani fanno troppo liberamente – e pigramente – affidamento sulle intercettazioni telefoniche e quelle ambientali.

La proposta di legge prevede che un’intercettazione telefonica debba essere autorizzata da tre giudici; che ci siano “evidenti” indicazioni di colpevolezza; e – con l’eccezione di reati di mafia e terrorismo – che non duri più sessanta giorni. L’organismo di autoregolamentazione giudiziaria ha criticato le prime versioni della proposta definendole “un serio ostacolo all’attività investigativa”; ha affermato che andrebbe a beneficio dei truffatori, dei ricattatori e dei pedofili. Sotto pressione, il governo ha ritirato alcune delle disposizioni più controverse.

Tuttavia, alcuni aspetti preoccupano giornalisti e avvocati, come le pene rigide previste per la pubblicazione delle intercettazioni, parte di un giro di vite proposto sulle notizie che va dall’arresto al rinvio a giudizio. Oggi le prove dell’azione giudiziaria possono essere pubblicate non appena vengono consegnata alla difesa. Terze parti innocenti possono trovare i loro pensieri più intimi diffusi in pubblico. Ma visti i ritmi lenti dei tribunali, restrizioni del genere, simili a quelle britanniche, potrebbero significare che accuse pesanti possano venire allo scoperto soltanto molto tempo dopo che i fatti si sono verificati.

Una seconda proposta di legge revisionerebbe i lavori della magistratura. Alcuni passaggi, come quello sulla riduzione del numero di appelli, potrebbero aiutare. Ma la riforma principale, separando le carriere del pubblico ministero e del giudice, potrebbe rendere la giustizia più equa ma non più rapida. Un cambiamento, bloccare le prove di un processo qualora venisse portato in appello, rallenterebbe i procedimenti. E inoltre proteggerebbe Berlusconi dopo l’arresto il mese scorso del suo ex avvocato, David Mills, con l’accusa di corruzione.

(Articolo originale)

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