martedì 30 novembre 2010

Italia dall'Estero - Pompei crolla, simbolo di un’Italia in stato di catastrofe culturale

Pubblico un articolo di Le Monde del 13 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Pompei crolla, simbolo di un’Italia in stato di catastrofe culturale

La Casa dei Gladiatori e i suoi affreschi che crollano completamente, domenica 7 novembre, a Pompei, in mancanza di una manutenzione costante. Il tappeto rosso del Festival del cinema di Roma invaso da centinaia di manifestanti che protestano, il giorno dell’inaugurazione, contro i tagli alla cultura. Il Museo d’Arte Moderna di Napoli che non riesce più a pagare le bollette dell’elettricità e minaccia di ridurre gli orari di apertura. Il Teatro dell’Opera [di Roma] che ha dovuto ridurre i contratti dei tecnici. Tutti questi avvenimenti rivelano “lo stato di catastrofe culturale” che minaccia oggi l’Italia.

La politica di rigore di bilancio decretata dal governo (29 miliardi di euro di risparmi nel 2011 e 2012) si tradurrà in una riduzione di 58 milioni di euro per il settore della valorizzazione dei beni culturali, e di più di 100 milioni per il Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS). La situazione è altrettanto difficile per gli enti locali: non potranno spendere più del 20% delle somme stanziate in passato dallo Stato per l’organizzazione di eventi culturali.

“Queste restrizioni sono un vero disastro”, si lamenta Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune di Roma. “Una mostra come quella di quest’anno a Roma sul Caravaggio, non sarà più possibile. Si pensi che ha attirato 500 000 visitatori, e fruttato 30 milioni di euro, di cui 15 milioni allo Stato.” Ma questo non persuade il governo: “La cultura non si mangia” risponde Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia di un Paese che conta il maggior numero di siti (45) classificati come patrimonio dell’Unesco.

Cuore dell’attività dell’Italia

Per protestare contro i tagli di bilancio, numerosi musei, biblioteche e siti archeologici erano rimasti chiusi venerdì 12 novembre, altri erano rimasti aperti gratuitamente. Il 22 novembre, attori, registi, sceneggiatori e tecnici del cinema sono ugualmente chiamati dai sindacati ad uno sciopero generale. “Quando un’azienda è in difficoltà, si concentra sul cuore della sua attività e il cuore dell’attività dell’Italia è la cultura”, spiega l’assessore alla Cultura del Comune di Genova, Andrea Ranieri. “La cultura non è la ciliegina sulla torta, è la torta”, rincara la dose il presidente dell’Associazione dei Comuni Italiani.

La torta è mal ridotta. Al di là della polemica, è tutta la gestione del patrimonio culturale italiano ad essere in causa. La sua salvaguardia e l’economia che ne deriva. “Non è solamente una casa che crolla a Pompei” si preoccupa Maria Pia Guermandi, membro della direzione dell’associazione Italia Nostra, ma la credibilità del Paese. Noi non siamo più in grado di gestire tutto questo.”

“Mancanza di denaro”

L’arte e la cultura, che dovrebbero essere tra le principali risorse dell’Italia, ricevono scarsi investimenti, quando il turismo rappresenta il 12% del PIL. Dai 7 miliardi di euro del 2008, anno dell’elezione di Silvio Berlusconi, il bilancio della cultura è sceso a 5 miliardi nel 2010, ovvero lo 0,21% del bilancio della nazione.
Musei di provincia quasi vuoti, siti archeologici che ricevono pochi visitatori al giorno: l’Italia soffre di troppe ricchezze, e di troppo poco denaro per conservarle in buono stato e attirare pubblico. “La valorizzazione dell’eccezionale patrimonio sembra lontana dall’essere ottimale”, conclude un rapporto della Fondazione Ambrosetti, presentato il 12 novembre nel quadro della manifestazione Firenze 2010, dedicata alla valorizzazione del patrimonio.

Da parte sua Sandro Bondi, Ministro della Cultura, si dibatte tra l’intransigente Ministro dell’Economia e gli ambienti culturali allo stremo. Per manifestare la sua opposizione alle riduzioni di bilancio, ha snobbato un Consiglio dei Ministri. Difende però lo spirito della riforma, denunciando la “cultura dell’assistenza” che è prevalsa fino ad allora. Il suo progetto? Moltiplicare le fondazioni pubbliche e private per conservare in buono stato i grandi siti e i musei, sul modello del Museo Egizio di Torino.

Ma il crollo della Casa dei Gladiatori potrebbe portare un colpo fatale al Ministro della Cultura. Dopo avere incautamente dichiarato che il sito era crollato a causa della mancanza di denaro per conservarlo, ha accusato le infiltrazioni di acqua di essere la causa di tale disastro, cosa che è in parte esatta. “Mi dimetterei se fossi responsabile”, ha ripetuto, mercoledì 10 novembre, in Parlamento. L’opposizione dovrebbe presentare una mozione di sfiducia nei confronti di colui che si è ormai guadagnato il soprannome di “ministro dei mali culturali”.

(Articolo originale di Philippe Ridet)

lunedì 29 novembre 2010

Italia dall'Estero - Come fa Silvio Berlusconi ad essere ancora al potere?

Pubblico un articolo del Guardian del 16 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Come fa Silvio Berlusconi ad essere ancora al potere?

Sta diventando difficile capire cos’altro debba fare Silvio Berlusconi, il Presidente del Consiglio italiano, per essere sfrattato dal potere. In molti paesi uno solo delle dozzine di scandali nei quali è stato coinvolto sarebbe stato sufficiente a mettere fine alla sua carriera politica. Ogni volta che esplode un nuovo scandalo, più sordido e incredibile del precedente, pensi che non riuscirà a cavarsela di nuovo. Non può riuscire, spereresti, a sopravvivere ad una sentenza che lo accusa di aver corrotto un avvocato in cambio di una falsa testimonianza, o a scrollarsi di dosso la montagna di prove secondo le quali organizza regolarmente delle orgie con escort a pagamento nelle sue residenze private e ufficiali. E invece, eccolo lì, ancora al potere, ancora leader di uno dei paesi più importanti e ricchi di cultura d’Europa. Dopo tutti questi anni, è ancora totalmente incredibile.

Sono certo che abbiate già sentito tutto questo, ma vale la pena ricordare a quanti scandali egli sia sopravvissuto fin’ora. Ci sono stati gli infiniti processi per corruzione che hanno portato ad una confusa serie di condanne e assoluzioni. Per chiunque abbia seguito la storia dell’acquisizione del gigante dell’editoria Mondadori, o il caso David Mills, c’è più che abbastanza fumo per sospettare che ci sia anche un fuoco con i fiocchi. Berlusconi è stato condannato per falsa testimonianza per aver negato di aver fatto parte di una losca loggia massonica di estrema destra, la P2, insoddisfatta per la deriva assunta dalla politica democratica.

Ci sono stati ripetute voci di una vicinanza incredibile alla mafia: durante gli anni ‘70 [Berlusconi] dava lavoro ad uno stalliere chiamato Vittorio Mangano, un mafioso condannato per omicidio, traffico di droga ed estorsione. Berlusconi non ha mai spiegato perché un uomo d’affari milanese come lui avesse assunto un simile gentiluomo. E non ha nemmeno mai risposto in maniera soddisfacente ad uno dei più grandi misteri della sua incredibile carriera: chi fornì le enormi somme di capitali necessarie alla costruzione delle sue proprietà residenziali nei sobborghi milanesi quasi 40 anni fa? Per molto tempo c’è stato il sospetto che i finanziamenti arrivassero attraverso una banca, la Banca Rasini, dove suo padre lavorava e nella quale diversi padrini siciliani depositavano i propri “risparmi”. Infatti, uno dei suoi più stretti alleati, Marcello Dell’Utri, è stato recentemente condannato a sette anni per collusione con la mafia. Diversi pentiti eccellenti sono spuntati negli anni scorsi ad affermare che Cosa Nostra vedeva Forza Italia, il partito di Berlusconi, come il cavallo di Troia giusto attraverso il quale arrivare al potere. Il fatto che Berlusconi abbia conquistato il 100% dei seggi assegnati per via elettiva in Sicilia nel 2001 la dice lunga su quale fosse il cavallo dentro al quale Cosa Nostra scelse di strisciare.

E poi, ovviamente, ci sono le prostitute. Gli italiani sono molto meno puritani di noi riguardo certe cose, e gli scandali sessuali in quanto tali sono rari. L’attiva vita sessuale di Berlusconi è diventata una questione politica non perché fa molto sesso, ma perché si dice abbia detto talmente tante bugie su ciò che sta accadendo da far sembrare Walter Mitty un servitore della verità [N.d.T. personaggio di un racconto di James Thurber noto per le sue fantasticherie]. Quando venne fotografato al diciottesimo compleanno di Noemi Letizia, la gente iniziò a chiedersi come avesse fatto un’adolescente a finire col frequentare il Presidente del Consiglio e perché lo chiamasse “Papi”. La risposta di Berlusconi fu che il suo vero padre era un vecchio amico, dato che lavorò come autista per Bettino Craxi, padrino politico di Berlusconi durante gli anni ‘80 che fuggì in esilio in Tunisia, per scampare alle accuse di corruzione. La storia dell’autista, ovviamente, era una balla. Quindi come faceva a conoscerla? Nessuno lo sa.

Sembra inoltre che Berlusconi abbia offerto a uomini d’affari come il barese Giampaolo Tarantini delle agevolazioni nei loro affari in cambio della fornitura di donne. Si dice abbia interferito con la giustizia facendo rilasciare dalla prigione una ragazza 17enne marocchina di nome Karima El-Mahroug – in arte Ruby Rubacuore – dicendo che si trattava della nipote del leader egiziano Hosni Mubarak. Ruby ha descritto un gioco sessuale orgiastico chiamato Bunga Bunga, una parola che ormai non abbandonerà più il lessico italiano. La futura ex moglie di Berlusconi ha detto che frequenta minorenni e che ha bisogno d’aiuto. La procedura di divorzio fra Veronica Lario e Berlusconi si concluderà presto, allontanadolo ancora di più dai buoni consigli e dalla saggia sorveglianza di un coniuge.

Usando le parole di uno dei leader dell’opposizione, “il problema adesso non è legale o politico, ma psichiatrico.” Ma anche tutte quelle storie impallidiscono fino a diventare insignificanti quando sono emerse nuove accuse riguardanti ragazze adolescenti che fumavano droga in Sardegna, trasportate lì sul jet privato di Berlusconi. Una di quelle intervistate dai magistrati ha affermato di aver ricevuto da lui 10.000 euro in una busta dopo un rapporto sessuale, e che lui avrebbe anche telefonato a sua madre per chiederle cosa poteva fare per lei. Un tocco di classe.

Fino a poco fa le storie di sesso non sono sembrate in grado di scalfire la reputazione di Berlusconi. Molti italiani invidiano o ammirano il suo successo con le donne, se così si può chiamare quando paghi 10.000 bigliettoni ogni volta. Molti nel suo elettorato sembrano apprezzare il fatto che il loro leader abbia il sangue bollente e che non lo nasconda. E’ indicativo il fatto che sia stato una delle sue riviste a mettere in risalto la prima storia su “Berlusconi e il suo harem” tre anni fa: sembravano sapere che avere giovani ragazze sulle ginocchia non avrebbe fatto altro che incrementare i suoi indici di gradimento. Ma anche quell’atteggiamento di indifferenza sembra essere cambiato. E’ cambiato in parte perché sembra probabile che stia ripetutamente mettendo a repentaglio la sicurezza e in parte perché il suo occhio per le donne sembra determinare chi ottiene un lavoro, chi un contratto, e anche chi entra in politica (come l’ex showgirl Nicole Minetti). E, per quanto l’elettorato italiano sia rilassato riguardo al sesso, è comunque in grado di riconoscere l’ipocrisia quando la vede. La scorsa settimana, mentre stavano venendo a galla le ultime rivelazioni, il governo di Berlusconi ha annunciato che la prostituzione sulle strade sarebbe diventata illegale. E’ stato come se un preside alcolizzato avesse detto ai propri alunni che non potevano bere la Coca Cola.

Ma soprattutto, sono cambiati gli atteggiamenti, perché gli italiani ammirano stile, charme ed eleganza, soprattutto nel campo della seduzione, e Berlusconi è apparso ripetutamente come niente più che un depravato feudale e un vecchietto bigotto e rimbambito. Visitando L’Aquila dopo il terremoto, 18 mesi fa, si è rivolto a un consigliere comunale dicendo: “Posso accarezzarti?”. Lui dà l’impressione di credere davvero nello jus primae noctis, il rito di origine medievale secondo il quale il sovrano avrebbe avuto la prima scelta sulle vergini del suo regno. Lo ha detto ad una delle sue parlamentari donna. La difesa di Berlusconi per la sua debolezza per la carne femminile (”meglio una passione per le belle ragazze che essere gay”) è stata vista come un commento semplicemente stupido, volgare e offensivo che avrebbe creato uno scandalo di per sé in qualsiasi paese normale.

Ma nonostante tutto quello che Berlusconi ha fatto, la crisi ha raggiunto uno stadio critico anche a causa di quello che non ha fatto. I residenti dell’Aquila vivono ancora nelle rovine delle loro case 18 mesi dopo il terribile terremoto. Nonostante tutte le sue promesse, il governo di Berlusconi è stato quasi completamente assente. (E’ indicativo il fatto che il giorno stesso del terremoto dei costruttori siano stati registrati dagli inquirenti mentre ridevano al pensiero della quantità di denaro che avrebbero potuto guadagnare sulla tragedia; e che il capo della Protezione Civile, l’uomo responsabile per la ricostruzione, si dice abbia ricevuto delle “ripassate” a tarda notte da parte di una massaggiatrice brasiliana fornita da quegli stessi costruttori.)

Solo durante questa settimana una parte centrale di Pompei è crollata al suolo, ennesima vittima dell’incompetenza e dell’incuria del governo. Sembra che parti dell’Italia siano letteralmente in rovina, mentre tutto quello di cui si preoccupa il grande leader è accoppiarsi. Ha trasformato il suo Paese in una barzelletta (l’Italia è diventata lo zimbello d’Europa): anche gli spettacoli comici britannici come Harry and Paul o Bremner, Bird and Fortune hanno degli spazi fissi per prenderlo in giro. Ci sono così tante pistole fumanti che lo circondano che spesso sembra una zona di guerra. Come diavolo fa ad essere ancora al potere, e come diavolo faranno gli italiani a liberarsi di lui?

La risposta più ovvia, che è anche la più convincente, è il semplice fatto che sia lui che la sua famiglia sono proprietari di una buona parte dei media italiani: tre reti TV nazionali, una gigantesca casa editrice, un grande quotidiano e dozzine di riviste. Il vero parlamento, il vero centro del dibattito nazionale, è il talk show televisivo, e Berlusconi ovviamente è proprietario della maggioranza degli studi di produzione. Questa concentrazione di potere mediatico nelle sue mani significa che ogni lotta politica sembra essere una gara fra una potenza nucleare e un bambino con un coltello.

Ogni qual volta qualcuno osi criticare Berlusconi i mastini della guerra vengono scatenati e viene montata una campagna di screditamento. Gianfranco Fini, ritenuto a lungo come il delfino di Berlusconi, è stato la vittima prescelta di quest’estate. Appena Fini ha tentato di distanziarsi dall’incidente politico del governo Berlusconi, è stato accusato di scorrettezza finanziaria nei suoi affari immobiliari a Monaco. Emma Marcegaglia, il giovane capo di Confindustria e apertamente critica verso Berlusconi, ha subito un trattamento simile. Anch’io ne sono stato vittima. Anni fa, quando pubblicai un libro dal tono furioso per ciò che Berlusconi stava facendo all’Italia, su una delle sue riviste comparve un lungo articolo che mi definiva il “Pinocchio inglese”; il suo spaventoso ministro per le comunicazioni accusò il mio testo di essere un misto di “marxismo e fanatismo”. Fintanto che Berlusconi continuerà a detenere un tale potere mediatico, nessuno oserà davvero impugnare il coltello. Farlo significherebbe, paradossalmente, non ambizione politica, ma suicidio politico.

E’ indicativo il fatto che le minacce più credibili arrivino dal suo stesso schieramento, perché l’opposizione di centro sinistra è notoriamente debole e divisa. Nei 12 anni nei quali mi sono occupato delle notizie sulla politica italiana il centro sinistra ha cambiato leader e programmi così tante volte da sembrare che stiano giocando al gioco delle sedie. I leader in quel periodo sono stati – quelli che mi vengono in mente – Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli, Fassino, ancora Prodi, Veltroni e ora Bersani. E mentre molte persone odiano Berlusconi, molti di pù, temo, trovano i partiti di centro sinistra piuttosto patetici. La Lega Nord ha avuto un successo incredibile nel rastrellare il voto della classe operaia con gigantesche falciate in quel nord che tradizionalmente faceva parte dell’affidabile base della sinistra.

Ed è diventato chiaro che, se nessuno impugnerà mai politicamente quel coltello, nemmeno Berlusconi cadrà mai sulla sua stessa spada. Nonostante tutte le sue colpe, è un guerriero, caparbio, determinato e mai pronto alla resa. Quando passò cinque anni all’opposizione tra il 1996 e il 2001, ne parlò in termini biblici come della sua “traversata nel deserto”. Ma il suo complesso messianico è tale da non aver mai messo in dubbio che ci sarebbe stata una resurrezione politica. La sola volta nella quale io abbia mai provato una riluttante ammirazione per lui fu quando, recentemente, gli venne lanciata contro una miniatura della cattedrale di Milano, rompendogli un dente e causando la fuoriuscita di molto sangue. Mentre gli uomini della sicurezza cercavano di portarlo via in tutta fretta, lui si è alzato in piedi sulla macchina e ha urlato in tono di sfida verso il suo aggressore. Si trattava di un uomo sui 70 anni che era stato ferito piuttosto gravemente, che avrebbe potuto pensare che la sua vita fosse in pericolo, ma ebbe il coraggio di affrontare il proprio assalitore. In politica è lo stesso. A ogni attacco viene immediatamente opposto un controattacco. Non si arrenderà mai e poi mai.

In molti paesi, il meccanismo più usato per rimuovere questo tipo di leader è quello di fare appello all’interesse nazionale. In tal modo l’uscita di scena di un politico può conferirgli una certa misura di dignità, e può conferire la sensazione di star facendo un grande sacrificio nell’interesse del loro beneamato paese. Ma anche se Berlusconi crede davvero di essere una sorta di salvatore, non è quel tipo di salvatore che crede nel sacrificio personale. Né, soprattutto, crede nell’interesse nazionale.

Quasi nulla di ciò che è avvenuto sotto il suo governo lascia pensare che egli abbia una qualsivoglia nozione degli interessi dell’Italia. Ha trascorso quasi due decenni a soggiogare gli interessi della nazione ai propri: provando a rovinare la RAI, l’emittente televisiva di stato e rivale del suo stesso impero mediatico Mediaset; depenalizzando il falso in bilancio; accorciando i termini di prescrizione, in modo che i reati vadano prescritti in maniera incredibilmente veloce. Ogni decisione politica, sembrerebbe, è utile a Silvio, non alla penisola nel suo complesso. Il genio tragico di Berlusconi sta nell’essere apparentemente riuscito a convincere milioni di persone che il suo destino è il loro destino: chiunque tema di diventare vittima di persecuzioni giudiziarie, o si senta troppo tassato, o che ritenga che gli stranieri siano condiscendentemente critici dello stile di vita italiano, viene subdolamente persuaso del fatto che liberarsi di Silvio significherebbe diventare vulnerabile e isolato.

Ad ogni modo molti dei suoi fanatici ammiratori ammettono ora che quest’uomo sia un peso. Ogni volta che mette piede sul palcoscenico internazionale gli italiani trattengono il fiato e attendono che umili se stesso e il loro paese: negli anni scorsi ha chiamato Obama “abbronzato”, la regina gli ha detto di smettere di fare chiasso, ha fatto aspettare i leader della Nato mentre gli dava le spalle per chiacchierare al cellulare, e ha fatto il gesto di una pistola rivolto ad una giornalista mettendola a disagio.

E comunque il paese non sembra riuscire a liberarsene: Fini sembra non avere le palle per votare contro di lui su una mozione di sfiducia e l’opposizione non può farcela da sola. Parte del problema è che chiunque venga visto quale responsabile di aver forzato il ricorso alle elezioni, e di aver messo in pericolo l’approvazione parlamentare del bilancio 2011 in tempi di profonda crisi economica, sarà punito alle urne. Il parlamento è paralizzato. Il governo ha perso tre votazioni in un solo giorno la scorsa settimana. Ieri, una settimana dopo aver chiesto le dimissioni di Berlusconi, Il partito di Fini, Futuro e Libertà ha formalmente lasciato la coalizione. Ma il governo è ancora lì, come un pugile malridotto al quale manca un allenatore a gettare la spugna.

La dimensione del problema mi è stata spiegata recentemente durante una conversazione con un gentile avvocato di Roma. La discussione era finita, come accade con regolarità monotona, su Berlusconi, e l’avvocato mi ha confidato di ritenere l’assassinio il solo mezzo col quale il paese si sarebbe potuto liberare di quell’individuo. Dato che di norma è un pacifista pensavo che stesse scherzando, ma era serio. Non riusciva a vedere altra via attraverso la quale il paese si sarebbe potuto liberare del suo presidente del consiglio. Ok, a me Berlusconi non piace come a molti altri, ma preferisco di gran lunga averlo al potere che avere un ritorno agli spargimenti di sangue degli anni ‘70. Però quando un avvocato cattolico di ceto medio e rispettoso della legge inizia a parlare piuttosto seriamente di insurrezione armata ti rendi conto che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel paese, che ha raggiunto un vicolo cieco politico molto pericoloso.

E così il paese si trova in una situazione di stallo, incapace di continuare con Berlusconi, ma incapace di rimpiazzarlo. Da quando salì al potere nel 1994 è stato, con le parole del fu Indro Montanelli, “il macigno che paralizza la politica italiana”. Non esiste discorso politico che non lo nomini. Qualsiasi cosa gira attorno a lui. Non puoi uscire a cena senza che il suo nome venga fuori. Ogni elezione dal 1994 è stata praticamente un referendum su di lui, con il risultato al momento – a lui piacciono le analogie calcistiche – di 3 a 2 in suo favore. Liberarsi di lui non è solo un problema di elezioni o colpo di stato. Ha già perso prima ed è rimbalzato indietro. Il solo modo per liberare la politica italiana dalla sua immensa e deleteria influenza sarebbe che morisse, o che il paese fosse sottoposto a una capillare e programmatica deBerlusconizzazione, un tentativo di tornare alla realtà dopo 20 anni del suo lavaggio del cervello televisivo. Temo che il primo caso sia più probabile del secondo, ma sembra ancora molto di là da venire.

(Articolo originale di Tobias Jones)

giovedì 25 novembre 2010

Italia dall'Estero - Le relazioni pericolose del Cavaliere con la “Piovra”

Pubblico un articolo di Le Temps del 1° novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Le relazioni pericolose del Cavaliere con la “Piovra”

Da anni il nome del capo del governo viene citato con regolarità da persone legate a Cosa Nostra in Sicilia. Silvio Berlusconi respinge in toto queste accuse.

Invischiato in un nuovo scandalo sessuale, dopo le rivelazioni secondo le quali sarebbe intervenuto impropriamente per fare liberare “Ruby”, una minorenne arrestata dalla polizia per furto, Silvio Berlusconi si ritiene vittima di una cospirazione. Politicamente indebolito da diversi mesi, soprattutto a causa della crisi economica e del dissenso all’interno della sua stessa coalizione, teme in particolare nuove inchieste dopo il recente mandato di comparizione da parte della Procura di Roma che lo sospetta, insieme al figlio, di evasione fiscale.

Ma l’attenzione di Silvio Berlusconi è anche rivolta alla Sicilia, dove da anni il suo nome è regolarmente citato da personaggi legati a Cosa Nostra. Lo scorso agosto, Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco democristiano di Palermo Vito Ciancimino, condannato per concorso in associazione mafiosa, e sua madre, hanno detto che alla vigilia delle legislative del 2001 il Cavaliere avrebbe inviato denaro a Bernardo Provenzano, il boss dei boss, allora latitante. L’obiettivo era assicurarsi il sostegno elettorale dei clan?
Alcune settimane prima, Massimo Ciancimino, lui stesso sotto inchiesta per collusione con la Piovra, aveva sostenuto che i boss siciliani “negli anni ‘70 e ‘80, avevano fatto grossi investimenti nella Edilnord”, la società di costruzioni del Cavaliere. “Silvio Berlusconi non ha mai avuto contatti diretti o indiretti con Vito Ciancimino” († 2002), ha duramente replicato il suo avvocato, Niccolò Ghedini.

Ma già l’anno scorso un pentito di mafia, Gaspare Spatuzza, aveva tirato in ballo il Presidente del Consiglio, sostenendo il suo ingresso in politica nel 1994 sarebbe stato appoggiato dalla Piovra. Nel corso della sua deposizione in particolare ha dichiarato che Giuseppe Graviano, padrino del quartiere palermitano Brancaccio, gli aveva confidato a Roma, nel gennaio dello stesso anno, che Berlusconi era diventato un interlocutore di Cosa Nostra: “Graviano mi fece il nome di Berlusconi e mi disse che grazie a lui e al compaesano nostro [Marcello Dell'Utri, N.d.R.] ci eravamo messi il paese tra le mani”.

Gaspare Spatuzza tuttavia non ha fornito molti dettagli e Giuseppe Graviano, ora in carcere, non ha confermato i fatti. “Sono accuse infondate e infamanti”, hanno replicato i politici vicini al leader della destra che ricordano il curriculum criminale dei suoi accusatori. “Prima di collaborare con la giustizia Gaspare Spatuzza era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di un prete anti-mafia”.
Resta il fatto che queste dichiarazioni hanno riaperto gli interrogativi sulle ombre siciliane che hanno circondato l’ascesa nel mondo degli affari e poi nella politica dell’attuale numero uno italiano. Il primo episodio inquietante risale agli anni ‘70, quando Silvio Berlusconi si lancia nel settore delle costruzioni con il contributo finanziario della banca Rasini dove lavora suo padre. Nel 1984, quando un giornalista chiederà al losco ex banchiere Michele Sindona “quali sono le banche usate dalla mafia”, quest’ultimo risponderà: “a Milano una piccola banca che si trova in Piazza dei Mercanti”, la sede della banca Rasini.

L’origine dei fondi dell’impero Berlusconi, nascosti dietro a numerose società di comodo, come rivelato nel libro di Elio Veltri e Marco Travaglio “L’odore dei soldi” non è mai stato totalmente chiarito. Ma l’elemento decisivo è costituito dall’entrata in scena di Marcello Dell’Utri. Questo palermitano abile e colto, ex compagno di università di Silvio Berlusconi, diventa il suo braccio destro nei primi anni ‘70. Successivamente sarà responsabile di Publitalia, il potentissimo monopolio pubblicitario della Fininvest.
È Marcello Dell’Utri che, nel 1973, introduce il capomandamento di Palermo Vittorio Mangano nella villa di Silvio Berlusconi. Ad Arcore ufficialmente Mangano fa lo stalliere. Ci resterà per circa due anni. “All’interno di Cosa Nostra è stata una delle poche persone in grado di gestire le relazioni con gli ambienti industriali”, spiegherà in seguito il giudice Paolo Borsellino, assassinato nel 1992. Vittorio Mangano sarà condannato all’ergastolo per omicidio nel 2000.

Per quanto riguarda Marcello Dell’Utri, anch’egli è stato condannato a giugno dalla Corte d’Appello di Palermo a 7 anni di carcere per “concorso in associazione mafiosa”. In primo grado i giudici avevano parlato di un “contributo concreto, volontario, consapevole” al “consolidamento e rafforzamento di Cosa Nostra, in particolare attraverso i suoi rapporti col gruppo Fininvest”. Grazie al suo intermediario Silvio Berlusconi avrebbe incontrato personalmente nel 1974 il grande boss palermitano Stefano Bontade. “Alla fine, Berlusconi ci ha detto che era a nostra completa disposizione”, ha raccontato il pentito Francesco Di Carlo, presente a quella riunione. All’epoca l’uomo d’affari temeva – per sé e la sua famiglia – possibili sequestri da parte della mafia.

Tra il pagamento del racket per proteggere le sue reti televisive in Sicilia o gli accordi politici per aiutare Marcello Dell’Utri a lanciare nel 1993 Forza Italia, la carriera di Silvio Berlusconi è quindi scandita da sospetti e misteri. Alcuni arrivano persino a sospettare una responsabilità dietro agli attentati della mafia nel 1993 a Roma, Milano e Firenze, che sarebbero serviti a preparare il suo ingresso in politica, come se l’avventura del candidato Silvio Berlusconi non fosse altro che una storia criminale e non un fenomeno politico.
Il capo del governo respinge totalmente ogni sospetto, ricordando ogni volta che il suo governo è quello che ha eseguito il maggior numero di arresti di uomini d’onore. Ciononostante continua ostinatamente a difendere il suo ex braccio destro Marcello Dell’Utri, a suo dire vittima di giudici politicizzati e dichiara pubblicamente che il padrino Vittorio Mangano – che non lo ha mai chiamato in causa per ottenere eventuali riduzioni di pena – è stato “un eroe”.

(Articolo originale di Eric Jozsef)

giovedì 18 novembre 2010

Italia dall'Estero - Una commedia durata troppo a lungo

Pubblico un articolo de The Economist del 4 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Una commedia durata troppo a lungo

Un’altra settimana, un’altra previsione secondo cui Silvio Berlusconi potrebbe andarsene. Il settantaquattrenne Presidente del Consiglio italiano, eletto per la prima volta sedici anni fa, è noto per essere un astuto combattente. Un nuovo scandalo sessuale, numerose voci di ammutinamento da parte dei vecchi alleati, la minaccia di elezioni imminenti, dichiarazioni secondi le quali avrebbe abusato della propria posizione in telefonate fatte alla polizia per il rilascio di una ragazza adolescente sospettata di furto: nulla di tutto ciò sarà mai abbastanza per spodestare l’ostinato vecchio lascivo. Ma nell’aria italiana c’è ora l’incontrovertibile sensazione che un’era si stia avviando alla fine.

I difensori di Berlusconi condannano i giornali, la magistratura, gli stranieri e il suo antico rivale (e un tempo sostenitore) Gianfranco Fini, per le difficoltà incontrate dal loro uomo.

La procura di Milano ha stabilito che la polizia ha seguito le procedure corrette nel rilascio della ragazza. Ma nessuno può nascondere che il sostegno degli elettori a Berlusconi abbia raggiunto livelli bassissimi, o che Fini controlli abbastanza voti in Parlamento da essere in grado di far cadere il governo. Persino alcuni tra le fila del Presidente del Consiglio stanno cominciando a chiedersi se questi abbia responsabilità tali da doversene andare.

Stranamente alcuni dei più vecchi detrattori di Berlusconi sono tra coloro che si agitano perché ciò non sarebbe saggio. Sostengono la tesi da lui espressa questa settimana, secondo cui, in un momento di incertezza del mercato azionario e di “nervosismo” dal punto di vista economico, in caso di sue dimissioni l’Italia subirebbe un grave danno, perché entrerebbe in un periodo di instabilità politica. Fanno anche notare che, in parte grazie alle abilità del Ministro delle finanze Giulio Tremonti, l’Italia si è mantenuta immune dalle preoccupazioni del mercato dei crediti che hanno messo in crisi altri paesi come Grecia, Portogallo e Irlanda. Questo potrebbe non essere il momento giusto, concludono, per scuotere la barca della politica.

È un ragionamento allettante, ma sbagliato. Perché la stabilità che la continuazione del governo di Berlusconi offre è illusoria. Ogni nuovo scandalo mina la sua credibilità e espone lui (e incidentalmente il suo Paese) a un rinnovato scherno. Con Fini pronto a lanciare un nuovo partito e la Lega Nord, altro partito della coalizione, ansiosa di nuove elezioni, la minaccia che il governo collassi è divenuta cronica. Il mercato dei debiti può non preoccupare l’Italia ora, perché ha evitato le bolle del settore bancario e immobiliare che sono esplose altrove. Ma nel lungo periodo l’ammontare colossale del debito pubblico italiano, il carico pensionistico e sanitario derivante dall’invecchiamento della popolazione e la continua perdita di competitività sono preoccupazioni maggiori degli occasionali fallimenti bancari.

Abbastanza del BURLESQUEONI

In verità, ciò che Berlusconi offre non è stabilità ma stagnazione. Ben lungi dal guidare abilmente l’Italia oltre le numerose minacce con cui si confronta, il suo governo si è quasi totalmente paralizzato. Le preoccupazioni legali e d’altro genere di Berlusconi hanno distratto lui e i suoi Ministri dalla realizzazione di quelle coraggiose riforme che sono necessarie per riportare l’economia in uno stato di benessere nel lungo termine.

Persino il primo trionfo dell’attuale governo, strombettato così rumorosamente dopo la sua formazione nel 2008, cioè l’eliminazione della spazzatura a Napoli e dintorni, si è dimostrato effimero: le puzzolenti pile di pattumiera sono tornate.

Questo giornale si è opposto a Berlusconi fin dall’inizio. Molti italiani hanno espresso il loro disaccordo con noi, convinti che solo un esterno potesse apportare dei cambiamenti. Ora non hanno nulla: solo un anziano Lotario aggrappato al potere. Riforme radicali richiedono un nuovo esponente, che venga dalla sinistra, dalla destra o dal centro, purchè combatta gli interessi di partito e lotti per la causa.

Alla fine dell’opera “Pagliacci” di Leoncavallo, il pagliaccio Canio fa un passo in avanti, dopo aver accoltellato Silvio e dice al pubblico: “La commedia è finita”. Ora il sipario dovrebbe calare anche sul tragicomico regno del Silvio contemporaneo.

(Articolo originale)

Italia dall'Estero - Un passo di troppo

Pubblico un articolo de The Economist del 4 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Un passo di troppo

E’ come se, negli ultimi 18 mesi, la vita pubblica italiana avesse tracciato un solco circolare e inutile. A maggio 2009 il Paese era in fibrillazione per le rivelazioni della misteriosa amicizia tra il suo settantenne presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e una biondina 18enne aspirante attrice. Un anno e mezzo dopo, l’attenzione è tutta per il rapporto che lega Berlusconi a un’altra 18enne, una ragazza dai capelli nero corvino figlia di immigrati marocchini.

Karima el-Mahorug, sembra che sia questo il suo vero nome (lei preferisce Ruby Rubacuori), ha iniziato a far ballare il mondo della politica il 26 ottobre scorso, quando si venne a sapere che era stata interrogata dal tribunale di Milano nell’ambito di un’inchiesta sul favoreggiamento della prostituzione basata su accuse che coinvolgono tre persone vicine a Berlusconi. Venne fuori anche che la el-Mahroug aveva raccontato ai magistrati di festini ai quali avrebbero partecipato molte donne nella villa del Premier vicino Milano. Pare che uno di questi si sia concluso con un gioco erotico chiamato “Bunga Bunga”. La el- Mahroug, scappata di casa e divenuta danzatrice del ventre, ha raccontato che il miliardario leader d’Italia le diede, di sua spontanea volontà, 7mila euro dopo aver ascoltato la sua triste storia.

La storia va molto oltre le semplici insinuazioni o il danno che Berlusconi sta arrecando all’immagine dell’Italia. Lo scorso maggio la polizia di Milano ha trattenuto in stato di fermo El-Mahroug sospettata di furto, salvo poi rilasciarla nonostante fosse ancora minorenne e dovesse essere data in affido. Il questore ha riferito che il commissariato aveva ricevuto una telefonata dall’ufficio di Berlusconi e che il Presidente del Consiglio aveva annunciato di mandare un collaboratore a prendere in custodia la el-Mahroug. Il 2 novembre il giudice di Milano ha stabilito che la polizia aveva seguito la procedura corretta.

Le risposte fornite fino a questo momento da Berlusconi hanno dato credito alle peggiori supposizioni, avendo dichiarato che quello che è successo nella sua casa sono fatti privati, che non ha alcuna intenzione di cambiare stile di vita e che, ad ogni modo, è meglio essere appassionati di belle ragazze piuttosto che essere gay – un’osservazione che ha lasciato sbigottiti i critici più liberali, ma che probabilmente è stata accolta male anche dai fedelissimi di Berlusconi che addirittura potrebbero essere tentati dal fascino ancora più reazionario della Lega Nord, alleata di Berlusconi nella coalizione di centrodestra.

La sfacciataggine si era impossessata del Presidente del Consiglio durante la prima tornata di scandali sessuali del 2009. Funzionerà anche questa volta? Le polemiche dello scorso anno si erano abbattute contro un governo forte. Berlusconi aveva ripulito Napoli delle montagne di immondizia che avevano fatto cadere il precedente governo di centro-sinistra. Era riuscito a fondere con successo il proprio partito con quello dell’ex-neofascista Gianfranco Fini, creando un movimento di destra, il Popolo della Libertà (PdL). Le banche italiane avevano superato la crisi del credito senza quasi venirne sfiorate, e molti elettori credevano ancora alle affermazioni del governo secondo cui l’economia italiana si era comportata, nel complesso, molto meglio di qualunque altro paese in Europa. I suoi indici di popolarità erano dunque alti.

Ma le cose oggi sono diverse. Uno degli ultimi sondaggi attesta il PdL a soli 2,5 punti di vantaggio dal principale gruppo di opposizione, il Partito Democratico. I sostenitori del PdL sono alla deriva dal maggio scorso, quando il governo, con una brusca inversione di marcia, ha annunciato la necessità di un pacchetto di dolorose manovre correttive per evitare che l’Italia facesse la stessa fine della Grecia.

L’amministrazione centrale è come paralizzata, ripetutamente distratta dai suoi compiti dagli scandali finanziari che riguardano ministri e sottosegretari di Berlusconi e dai suoi tentativi di procurasi l’immunità dai procedimenti legali. Il mese scorso il Corriere della Sera ha calcolato che, fatto salvo per quelle di routine, il Parlamento ha approvato solo dieci nuove leggi quest’anno. La Consob, l’organismo che regola il mercato, ha aspettato più di quattro mesi che il governo nominasse un nuovo presidente. E, cosa ancora più inquietante, la spazzatura ha ripreso ad accumularsi per le strade di Napoli.

I detrattori di Berlusconi hanno reagito all’ultimo scandalo con una rabbia neppure immaginabile lo scorso anno. E, cosa ancora più importante, i suoi sostenitori sono molto più pacati nel difenderlo. Il Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, a lungo al centro di pettegolezzi i suoi rapporti con Berlusconi, si è dissociata da quanto affermato dal Presidente del Consiglio a proposito dei gay. Lo stesso giorno due deputati hanno rinunciato alla guida del PdL.

C’è una diffusa corrente di pensiero in Italia secondo cui gli scandali segnano l’inizio della fine. Ma potrebbe trattarsi di una partita lunga e molto difficile, poichè colui che ha i mezzi per mettere fuorigioco Berlusconi è il politico che ricaverebbe meno guadagni da tale mossa. A luglio Fini ha guidato una rivolta che ha visto i proprio seguaci staccarsi dal PdL privando in tal modo Berlusconi dalla maggioranza alla Camera. Ora stanno disegnando un nuovo partito. Ma questo non è ancora pronto ad affrontare delle elezioni e Fini sa bene che, qualora facesse cadere il Governo, potrebbe essere descritto dal Presidente del Consiglio come colui che ha tradito il diritto, destabilizzando il Paese in un momento in cui l’Italia e l’Eurozona più in generale hanno bisogno di una guida ferma e sicura.

Fini e i suoi seguaci devono decidere il 7 novembre se uscire o meno dal governo. Se lo faranno, potrebbero scegliere di rimettere la decisione in mano al Parlamento finché non saranno pronti ad escluderlo per sempre. Ma Berlusconi permetterà che questi abbiano la meglio? Potrebbe piuttosto rassegnare le dimissioni, sostenendo che la posizione del suo ex alleato è ormai insostenibile. E questo potrebbe permettergli di presentarsi agli occhi del Paese nel ruolo che gli piace di più, quello della vittima.

Ma ci sono dei rischi. Invece che sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni, il Presidente Giorgio Napolitano potrebbe decidersi per un governo di transizione pluripartitico. E anche se il Presidente spingesse per nuove elezioni, secondo i sondaggi Berlusconi si libererebbe di Fini solo per divenire prigioniero di Umberto Bossi, il leader della Lega Nord.

Fino a che non verrà superata questa impasse, l’Italia rimarrà un paese alla deriva, con un governo incapace di disegnare le politiche di cui ha bisogno (la più urgente di tutte, una strategia per la dare una spinta alla competitività economica). Il mese scorso Emma Marcegaglia, presidente di dell’associazione degli industriali Confindustria, ha dichiarato che l’Italia “non può permettersi” nuove elezioni. Ma neppure un governo che ha smesso di governare.

(Articolo originale)

mercoledì 17 novembre 2010

Italia dall'Estero - Affossatore del patriarca

Pubblico un articolo del Sueddeutsche Zeitung del 9 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Affossatore del patriarca

Il sistema Berlusconi è fallito a causa del suo stesso creatore. Ma è il suo ex alleato che gli assesterà il colpo finale.

Il fatto che manchino solo pochi giorni o qualche settimana alla uscita di scena dalla vita politica di Silvio Berlusconi non ha alcuna importanza. Gianfranco Fini lo ha messo con le spalle al muro. Questi vuole porre fine alla tragedia di un vecchio patriarca e del suo traballante governo e quindi di un partito che si sta lacerando da mesi.

L’agonia del potere del premier italiano è iniziata al più tardi l’estate scorsa con la estromissione di Fini, il cofondatore del suo partito PDL. Ma Berlusconi aveva sbagliato i conti sui rapporti di maggioranza e si era scoperto dipendente dal suo avversario. Siamo ora di fronte alla fine di un’epoca, un’epoca in cui Berlusconi ha formato, e deformato, l’Italia.

Aveva iniziato da neofita di belle speranze. Quando Berlusconi fece ingresso sulla scena politica nel 1994, era svincolato dagli strascichi del vecchio sistema partitico in tilt a causa degli scandali di Tengentopoli. Il suo enorme successo come imprenditore è sembrato una garanzia a molti, nella conduzione dell’Italia. E’ stato rieletto quattro volte da allora. Le sue promesse di riforme, snellimento della burocrazia, riduzione fiscale e il suo carisma a detta di molti nascondono tutt’altro: problemi giudiziari, amicizie legate alla mafia, che hanno accompagnato Berlusconi sin dall’inizio – oltre che la equivoca doppia funzione di più grande magnate industriale del paese e capo del governo.

Tuttavia dopo la sua rielezione, due anni fa, è stato sempre più difficile valutare ciò che sembra un’illusione. Il populista Berlusconi vuole far credere agli italiani, persino al resto del mondo, che ha tutto sotto controllo e che si sta dedicando totalmente al bene dell’Italia. Il governo finora ha speso tutte le sue energie nella ricerca di soluzioni legislative a tutela del premier contro i suoi processi.

Fini è arrivato al punto: il pretestuoso “Governo del fare” è in realtà “ il governo del fare finta che …”. Imprenditori, operai, famiglie e la giovane generazione sono stati abbandonati dalla politica ai loro bisogni e alle loro legittime preoccupazioni. E lo esprimono in maniera sempre più manifesta senza ricevere alcuna risposta.

Non è fallito solo il governo, ma anche il progetto del PDL. Dalla fusione degli ex di AN di Fini e di Forza Italia di Berlusconi sarebbe dovuta nascere una nuova unica destra, in grado di dare vita alla “la rivoluzione liberale”. Fini non vede più alcun futuro per questo partito. Il PDL è divenuto un partito che ruota unicamente intorno alla persona di Berlusconi e al mantenimento del suo potere ad ogni costo. Il PDL è un raggruppamento di persone che sostengono Berlusconi, per non essere loro stessi espulsi da questo sistema da cui traggono vantaggio. Non c’è alcuna democrazia al suo interno, le decisioni le prende solo e soltanto Berlusconi.

Fini è corresponsabile

Il 74enne vuole dirigere in maniera patriarcale non solo il PDL, come precedentemente faceva con le sue imprese, ma anche lo stato. Non vuole capire che una democrazia parlamentare funziona con regole diverse da quelle di una ditta. Che chi lo critica non può semplicemente essere buttato fuori, ma deve accettare lo scambio di opinioni con altri. Berlusconi non si reca praticamente mai in Parlamento. Questa non è l’unica dimostrazione di disprezzo e inosservanza delle istituzioni. Che sia la giustizia o la Costituzione, il premier le considera come ostacoli per suoi traffici.

Fini non vuole restare a guardare tutto ciò. Con il suo movimento Futuro e Libertà, che ben presto diventera’un partito, sta cercando di sfondare una porta che gli permetta di uscire da un sistema stagnante. Fini vuole allontanarsi dal modello di capo di partito basato su una sola persona, vuole tirarsi fuori da ciò che in Italia si chiama il Leaderismo. Sembra che Fini voglia creare una lo spazio per un moderno partito liberale di centro destra. Una forza politica della borghesia centrista su modello di un partito come il CDU e orientato verso l’Europa. Fini ha in ogni caso espresso un chiaro rifiuto della politica della Lega Nord, egoista, federalista e ostile agli emigranti, partner nella coalizione di Berlusconi

Così come incerta appare l’esistenza di un PDL senza Berlusconi, attualmente appare anche poco chiaro se Fini riuscirà ad affermarsi in occasione di nuove elezioni. Le elezioni si terranno con molta probabilità già nei prossimi mesi, non importa se nel frattempo ci sarà un rimpasto governativo o un cosiddetto governo tecnico di transizione.

Ciò che Berlusconi lascia agli italiani è un pericoloso malumore politico ed elettorale causato soprattutto dal suo continuo sparare a zero contro le istituzioni dello stato. Secondo un recente sondaggio il parlamento europeo è l’unica istituzione che non ha perso fiducia negli italiani.

Sarebbe sbagliato festeggiare Fini come salvatore dell’Italia. Se il suo progetto funzionerà è ancora da vedersi. Fini ha appoggiato per 16 anni Berlusconi e la sua politica ed è corresponsabile dell’attuale situazione nel paese. Forse adesso ha assestato al sistema Berlusconi il colpo decisivo. Il sistema Berlusconi è fallito ma a causa del suo stesso creatore.

(Articolo originale di Andrea Bachstein)

martedì 16 novembre 2010

Italia dall'Estero - Berlusconi ignora l’ultimatum di Fini in un clima di crisi

Pubblico un articolo di El País del 9 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Berlusconi ignora l’ultimatum di Fini in un clima di crisi

La Lega Nord mantiene il suo appoggio a un Governo in bilico

Il crollo di tre giorni fa della famosa Casa dei Gladiatori a Pompei “è diventato la metafora che descrive l’Italia dopo 17 anni di berlusconismo”, secondo il governatore della Puglia Nichi Vendola. Lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha definito il crollo di questo edificio millenario in cui si allenavano gli atleti “una vergogna per il paese”.

I dati e il clima generale sembrano avvalorare questa sensazione di declino. Perseguitato dagli scandali sessuali e dalla crescente divisione interna, il Governo diretto da Silvio Berlusconi sembra sul punto di cadere a pezzi. Anche i vescovi, ferrei alleati di Berlusconi, la vedono in questo modo. Il presidente della Conferenza Episcopale Angelo Bagnasco, ieri ha affermato: “Siamo angustiati per questa Italia bloccata mentre il paese sembra attonito e si guarda intorno disorientato”.

Nelle parole dell’alleato di Berlusconi e presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, l’Esecutivo “non deve durare un minuto di più”. In riferimento all’espressione di Berlusconi, che suole dire che il suo non è un governo del parlare ma del fare, Fini ha detto: “Ora è il Governo del far vedere che va tutto bene”. Il suo ultimatum di domenica, quando ha chiesto le dimissioni del primo ministro entro 48 ore, ha portato la legislatura ad un punto di non ritorno.

Berlusconi ha risposto all’alleato di presentare una mozione di sfiducia in Parlamento, se osa. Ieri il primo ministro si è riunito con la dirigenza della Lega Nord per tentare di cercare una via d’uscita dalla crisi. Umberto Bossi, leader della Lega Nord, ha portato con sé l’indignazione delle basi del movimento, che hanno visto chiudere il loro forum su Internet per il tono amaro delle critiche alla vita privata del capo del Governo. All’uscita, la consegna è stata quella di sempre: “Il Governo va avanti”.

La Lega Nord ha deciso ieri di continuare la sua alleanza con il Governo fino a che non saranno ultimate le misure sul federalismo fiscale, per provare successivamente ad anticipare le elezioni. Ma questa decisione dipende da Napolitano, che ieri ha avvertito che il Governo deve durare almeno fino a che non venga approvata la finanziaria.

Mentre la disoccupazione continua ad aumentare, nel sud il crollo di Pompei può costare il posto al ministro della Cultura Sandro Bondi. È stato un colpo all’immagine simile a quello della crisi della spazzatura di Napoli e del Vesuvio. A Brescia sei immigrati africani hanno trascorso una settimana su una gru a 36 metri di altezza per reclamare il diritto a essere regolarizzati, e ieri la polizia ha sgombrato l’accampamento base. In risposta, a Milano, un altro gruppo di africani è salito su una ciminiera.

Non è facile prevedere che cosa succederà, né quando. Secondo Massimo Giannini, de La Repubblica, “Fini ha messo Berlusconi di fronte al suo 25 aprile”, il giorno del 1945 in cui gli italiani si ribellarono contro Benito Mussolini e l’occupazione nazista. Per l’analista Giancarlo Santalmassi “la situazione è disperata, ma in questi casi la creatività italiana non ha rivali. Berlusconi proverà di tutto per non andarsene a casa. Potrebbe addirittura tentare un colpo di stato moderno, forzando una crisi di Governo per sostituire i finiani con gente del suo partito, cosa che sarebbe proibita dalla Costituzione”.

(Articolo originale di Miguel Mora)

lunedì 15 novembre 2010

Italia dall'Estero - Silvio Berlusconi, ovvero lo scandalo permanente

Pubblico un articolo di Le Monde del 1° novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Silvio Berlusconi, ovvero lo scandalo permanente

In quali abissi è pronto a trascinare la sua funzione di presidente del consiglio Silvio Berlusconi? Per quanto tempo i suoi alleati continueranno a sostenerlo? Dalla risposta a queste due domande dipende la sorte del primo ministro italiano, raggiunto ancora una volta da uno scandalo sessuale che tira in ballo una minorenne, aggravato da pressioni sui magistrati incaricati dell’inchiesta.

Alla prima domanda, ahimé, Berlusconi ha appena risposto. In questo campo, non si pone nessun limite. Sin dalla sua prima elezione, nel 1995, e durante i suoi nove anni di mandato, Berlusconi ha sempre considerato il potere e le istituzioni come un’estensione della sua prospera attività imprenditoriale. La grandeur, il simbolo, la rappresentazione non fanno parte delle sue preoccupazioni. Hanno contato soltanto il suo piacere, i suoi affari e gli interessi della sua “corte”.

Eletto per tre volte, si è convinto di essere il migliore interprete dell’anima degli italiani e lo specchio dei loro vizi. La sua linea di difesa nell’ennesimo scandalo che lo riguarda ne fornisce una nuova dimostrazione: “Amo le donne, divertirmi ed essere d’aiuto”, ha dichiarato. Un altro modo per dire: “Sono come voi”. Questa tecnica gli è valsa, finora, l’indulgenza dei suoi elettori.

Ma la ripetizione degli scandali, giudiziari e sessuali, pone la questione della dignità del presidente del consiglio. Passi che non abbia riconosciuto l’importanza della crisi economica e finanziaria; passi che non abbia realizzato che un’infima parte del programma per il quale era stato eletto nel 2008. Gli altri non hanno fatto meglio. Ma nessuno ha sprofondato la propria funzione in un carosello di piaceri e divertimenti.

Questa fuga in avanti ha un prezzo troppo spesso ignorato. Non è soltanto l’immagine del presidente del consiglio che è toccata, ma l’immagine dell’Italia. Facendo passare le sue scappatelle come una sottocategoria del patrimonio, il suo gusto smodato per la lussuria come un tratto dell’identità nazionale, Berlusconi danneggia l’immagine dell’Italia, che ha lentamente ridotto ad una caricatura di sé stesso. Con questo tanfo da basso impero, la fine del berlusconismo non fa onore alla Penisola.

A questo titolo, la richiesta di una parte degli industriali ad un ritorno alla dignità da parte delle istituzioni non è una semplice scaramuccia. Loro che esportano in giro per il mondo il “made in Italy” sono ormai stufi di dover spiegare e/o giustificare gli sgarri del loro capo di governo prima di firmare il loro primo contratto.

Rimane la seconda domanda: fino a quando i suoi alleati – e gli italiani – riusciranno a sopportarlo? Le ramanzine della Confindustria e della Chiesa, la dissidenza di Gianfranco Fini, il cattivo umore della Lega Nord, riducono sensibilmente le prospettive politiche di Silvio Berlusconi.

In assenza di un’opposizione forte e strutturata intorno a un capo e a un progetto, è a questi attori che appartiene [il potere] di dire “basta” o “ancora”. La cosa migliore sarebbe che dicessero “basta” per salvare l’Italia e ciò che resta della funzione di presidente del consiglio.

(Articolo originale)

venerdì 12 novembre 2010

Italia dall'Estero - Caveat imperator

Pubblico un articolo del Financial Times del 3 novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Caveat imperator

Silvio Berlusconi potrebbe sopravvivere all’ultimo clamoroso scandalo che ha travolto la propria presidenza. Ma anche se ce la facesse, sarebbe comunque impossibile non giungere alla conclusione che il sistema di cui è presidente sta marcendo dall’interno. La cosiddetta Seconda Repubblica italiana, nata nel 1992, quando gli scandali di Tangentopoli spazzarono via una generazione di politici corrotti, diede la possibilità all’Italia di rimodellare il sistema politico affinché fosse al servizio dei cittadini, anziché dei partiti politici. Quando il governo italiano passa da una delle crisi personali di Berlusconi all’altra, è chiaro che questo esperimento lungo 18 anni è fallito.

La promessa del 1992 ha ceduto il passo alla paralisi. L’impasse dei politici italiani è da tempo il principale ostacolo al successo economico: è stata questa la ragione per cui i leader del Paese non sono riusciti a cogliere l’opportunità di una riforma economica offerta dall’adozione dell’Euro.

La paralisi ha raggiunto l’apoteosi con Berlusconi. Gli ci sono voluti cinque mesi per sostituire il Ministro per l’Industria , che si era dimesso a maggio in seguito ad uno scandalo riguardante dei beni immobili. Questo non solo scatenò l’ira delle imprese, ma congelò alcune importanti decisioni riguardanti il nucleare in Italia.

La riforma del lentissimo sistema giudiziario è stata dirottata a causa dei tentativi di Berlusconi di liberarsi dei suoi sgradevoli processi. La commistione tra interesse pubblico e privato è esattamente ciò che la catarsi post-1992 avrebbe dovuto rimuovere.

A livello internazionale, la frammentarietà della sua politica interna ha fatto sì che l’Italia venisse lasciata al margine. In concreto, il rapporto Lamassoure, che ha ridotto la rappresentanza italiana al Parlamento Europeo, fu approvato in assenza di delegati italiani, impegnati a domare l’incendio di problemi interni al Paese.

Data la sua modesta influenza a Bruxelles, l’Italia stenta a determinarne le linee politiche. L’orientamento dell’eurozona è guidato dall’asse Francia-Germania, e quello dell’Unione Europea da quelle due nazioni più il Regno Unito. Oltreoceano è la stessa storia. Barack Obama ha ancora meno tempo per l’Italia di quanto ne avesse George W. Bush, nonostante l’impegno di Roma in Afghanistan.

La frattura nella coalizione che ha permesso a Berlusconi di governare in Italia per sette degli ultimi nove anni è un’opportunità per l’Italia di muoversi verso una nuova direzione. È giunto il momento per tutti di riflettere su come rianimare la politica ormai moribonda del loro Paese. Non c’è una cura semplice per questo malessere. Ci vuole una leadership politica, che scarseggia miseramente. Questo deve cambiare. Ma la premessa per un qualsiasi rinnovamento politico è chiara: Berlusconi dev’essere rimpiazzato.

(Articolo originale)

mercoledì 3 novembre 2010

Italia dall'Estero - Bunga bunga

Pubblico un articolo dell'Economist del 1° novembre 2010 (traduzione da Italia dall'Estero):

Bunga bunga

Gli avversari di Silvio Berlusconi hanno provato di tutto per liberarsene. Hanno manovrato contro di lui, screditato le sue politiche, condannato i suoi metodi e, come lui ripete da tempo, fomentato i magistrati di sinistra affinché lo processassero e lo mandassero in galera.

Ma dal 26 ottobre è emersa una nuova possibilità: che il 74enne Berlusconi venga semplicemente cancellato dalla scena politica italiana con una risata. Alcuni dettagli dell’ultimo scandalo che lo coinvolgono sono di tale portata che persino i più fedeli sostenitori devono essersi resi conto che fa dell’Italia un oggetto di derisione.

La ragazza al centro della vicenda – una 17enne marocchina scappata di casa – si fa chiamare Ruby Rubacuori. Su Facebook la ragazza indica tra le attività la danza del ventre e prima di entrare in contatto con il Presidente del Consiglio italiano sembra che abbia lavorato nei nightclub di Milano.

La natura del loro legame non è chiara. “Ruby” – il cui vero nome sembrerebbe essere Karima El Mahroug – ha dichiarato sabato in un’intervista di essere andata alla villa di Berlusconi appena fuori Milano solo una volta, per San Valentino di quest’anno. Rivela, inoltre, che, dopo aver parlato al premier delle sue sventure, lui le diede 7 mila euro e dei gioielli. Tuttavia, secondo indiscrezioni trapelate da un’inchiesta a Milano, la ragazza aveva raccontato in precedenza a polizia e magistrati di esserci stata tre volte, e che uno dei festini si era concluso con un gioco erotico chiamato “Bunga, Bunga”.

Come era prevedibile, questo ha scatenato un numero infinito di barzellette e persino una canzone eseguita sulla TV italiana a partire dalle note dell’inno ufficiale della coppa del mondo di Shakira, Waka waka.

Per quanto divertente per gli altri, la faccenda potrebbe rivelarsi molto seria per Berlusconi. Tre stretti collaboratori del Presidente del Consiglio sono ufficialmente indagati per favoreggiamento della prostituzione a partire dalle testimonianze della El Mahroug. Quest’ultima nega di aver avuto rapporti sessuali con il Presidente, ma gli inquirenti stanno lavorando per scoprire se altre persone ne abbiano avuti e abbiano ricevuto qualcosa in cambio per averlo fatto. Questo non incriminerebbe Berlusconi. Ma potrebbe essere sufficiente a produrre accuse nei confronti dei suoi collaboratori, su cui grava il sospetto di procurargli le donne.

Tra questi, Nicole Minetti, ex showgirl, ora consigliere regionale del partito di Berlusconi, che, nel maggio scorso, andò a prendere la El Mahroug al suo rilascio dalla questura. La giovane marocchina, arrestata per il furto di 3.000 euro, è stata poi rilasciata. Il 29 ottobre, il questore ha dichiarato in un’intervista che qualche tempo prima uno dei suoi funzionari aveva ricevuto una telefonata dagli uffici del Presidente del Consiglio che lo informavano, in maniera errata, che la El Mahroug era la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak. Questo, come prontamente hanno notato i politici di opposizione, potrebbe significare che Berlusconi abbia abusato della sua posizione commettendo un reato per la legge italiana. Invece di smentirlo, il Presidente del Consiglio sembra aver ripiegato sulla difesa.

Il 29 ottobre ha ammesso di aver mandato la Minetti a prestare aiuto a qualcuno che avrebbe potuto essere mandata non a casa o in prigione (…) ma data in affido”. Berlusconi ha aggiunto di non avere intenzione di cambiare il proprio stile di vita o di spiegare cosa sia accaduto a casa sua. Questa specie di faccia di bronzo lo ha accompagnato per l’ultimo periodo di scandali sessuali del 2009. Ma ci sono diverse ragioni per chiedersi se funzionerà anche questa volta.

Berlusconi è molto più debole ora. I suoi sondaggi sono crollati e gli italiani stanno sono sempre più scettici nei confronti delle sue sconsiderate rassicurazioni sullo stato dell’economia. E questo li ha resi meno tolleranti verso le riprove di corruzione nel governo. Dall’inizio di luglio inoltre, quando il suo ex alleato Gianfranco Fini ha dato vita ad un gruppo parlamentare autonomo, il presidente del Consiglio è rimasto senza una maggioranza sicura alla Camera.

L’anno scorso, la maggior parte dei sostenitori del presidente del Consiglio erano dalla sua anche quando ignorava le richieste di presentarsi in Parlamento, scrollava via le accuse di essersi esposto a ricatti e allegramente ammetteva di non essere un santo. Ma ci si aspettava che almeno li avrebbe messi al riparo da imbarazzi futuri con una condotta più discreta, se non più virtuosa. Berlusconi ha deluso quelle speranze, mettendo in discussione non solo la sua vita privata ma anche il suo buon senso.

(Articolo originale)